Questo articolo è disponibile anche in:
Italiano
Quesito
Salve Padre
sono uno studente di Liturgia. Desidererei una sua risposta sulla storia dei confessori nella chiesa, su chi sono e cosa hanno fatto per meritare questo titolo.
Grazie
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. nei vecchi calendari liturgici, accanto ad alcuni santi che non erano qualificati come martiri, si leggeva la dicitura: confessori.
C’era anche per santi non sacerdoti.
Erano i santi che non erano stati uccisi in odio alla fede.
2. La parola confessore, in latino confessor, traduce la parola greca martus, che significa testimone.
Ugualmente la parola greca martirion o martiria significa testimonianza, dar prova.
Pertanto martire e confessore sono due parole che indicano la medesima realtà: testimone.
3. Inizialmente all’interno della Chiesa si dava culto solo a quelli che avevano dato testimonianza a Cristo fino a versare il sangue.
Come martiri furono venerati i santi Innocenti, Santo Stefano, detto anche protomartire, le vergini cristiane uccise per la loro fede in Cristo come Cecilia, Agnese, Lucia, Agata, Perpetua e Felicita.
San Giovanni nell’Apocalisse vede “sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso” (Ap 6,9).
Li descrive con una veste candida, con palme nelle loro mani.
Associati in questa maniera al sangue di Cristo, la Chiesa ha sempre pensato che siano entrati subito nella gloria del Paradiso.
Sulla loro tomba veniva celebrato il santo sacrificio della Messa.
San Massimo di Torino scrive: “Vi è una profonda ragione di convenienza che il corpo dei martiri venga seppellito la, dove ogni giorno si celebra la morte del Signore. Coloro infatti che sono morti per glorificare la sua morte, devono riposare dove si compie il mistero del suo sacramento. È giusto in virtù di una certa qual comunanza porre il corpo di colui che è stato immolato nel luogo dove sono deposte le membra del Signore, morto egli pure; affinché coloro che furono insieme congiunti in una medesima passione sofferta con Cristo siano riuniti da un principio religioso in uno stesso luogo” (Sermone 77).
4. Riunendosi a celebrare la Messa sulla tomba dei martiri in tempo di persecuzione non destavano sospetto a motivo della loro fede perché presso i romani c’era l’usanza di riunirsi presso la tomba dei loro defunti e di consumarvi un banchetto. Questo lo facevano nel giorno 3°, 7°, 30º, 40º e poi nel giorno anniversario.
Di qui entrò nella Chiesa l’usanza di celebrare la Messa in suffragio per i defunti nel giorno 3°, 7°, nel 30º, e nell’anniversario.
5. Successivamente si sentì anche l’esigenza di rendere culto a quei santi che pur non essendo morti uccisi a causa della fede avevano tuttavia sofferto molto per difendere la fede. Questo è il caso soprattutto di San Giovanni Crisostomo, di Sant’Atanasio, cacciati dalla loro sede ed esiliati, e di San Martino di Tours. Si sentì l’esigenza di dare ad essi il medesimo culto dei martiri.
Di quest’ultimo Sulpizio Severo, il suo primo biografo dice che ha subìto il martirio senza versare il sangue: “Senza dubbio gli è mancato l’occasione di versare il sangue; ma non è giusto che gli sia privato della gloria del martirio, poiché quei suoi desideri e con il suo coraggio e che vuole essere martire e lo fu. Ma se fosse vissuto ai tempi di Nerone o di Decio, potrei giurarlo per il Dio del cielo e della terra, egli senza dubbio sarebbe salito sul rogo e si sarebbe lanciato in mezzo alle fiamme”.
Questi venivano chiamati confessori, e cioè testimoni.
All’interno dei confessori si distinguevano i papi, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici.
6. San Gregorio magno, parlando di San Giovanni al quale il Signore aveva promesso che avrebbe bevuto il suo calice e che tuttavia non morì martire, scrive: “Lo stesso deve dirsi di quei personaggi dei quali ho rievocato la memoria. Sebbene non siano vissuti in tempi di persecuzione, per la loro pazienza nel sopportare le insidie del nemico nascosto, per il loro amore per il verso i propri nemici, per la resistenza ai desideri della carne, essi si sono immolati nel segreto del loro cuore al Dio onnipotente e per questo, nonostante le condizioni di pace in cui sono vissuti, essi sono veramente diventati degni della palma del martirio” (Dialoghi, III, 26).
7. Nello stesso tempo si sviluppò il culto anche per le Sante vergini non martiri e anche per le Sante donne.
Sant’Agostino dice che “il giardino del signore, con le rose dei martiri, ha i gigli delle vergini, l’edera degli sposi e le viole delle vedove”.
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo