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Quesito

Buongiorno Padre,
Le scrivo per un quesito riguardante la possibilità della dannazione eterna.
So bene che quando una persona commette peccato mortale e non se ne pente, essendosi allontanato da Dio si auto-esclude dal Paradiso.
A volte è molto semplice giudicare se un peccato è mortale, altre volte meno.
Io vedo tante persone in Parrocchia, anche molto “praticanti” e attive che quando parlano dei loro parenti dicono che a causa di gravi episodi accaduti non li vogliono perdonare o comunque portano rancore verso di loro.
Questo comportamento ha fatto sorgere in me un dubbio: quando una persona, pur conducendo una vita cristiana fatta di Confessione regolare, impegno parrocchiale etc. ha questo genere di sentimenti potrebbe dannarsi? Questa chiusura di cuore potrebbe essere un peccato tale da portare a dannazione?
Naturalmente bisognerebbe conoscere bene le situazioni né io intendo andare in giro a dire alle persone che si danneranno, ma mi chiedo cosa mi può dire in generale al riguardo.
Grazie
Emanuele 


Risposta del sacerdote

Caro Emanuele, 
1. ci possono essere peccati gravi anche di carità.
Del resto il discrimine per la salvezza è proprio la carità.
Chi non ha la carità, non entra in paradiso.
Questo vale per tutti e non soltanto per i fedeli praticanti, i quali in questo hanno qualche remora derivante dall’insegnamento di Dio. Gli altri non di rado non hanno alcun ritegno.

2. Tra i più vistosi peccati contro la carità c’è l’odio, che ha come suo obiettivo desiderare e procurare il male delle persone.

3. Sulla gravità di questo peccato la Sacra Scrittura è perentoria: “Chi dice di essere nella luce e odia il suo fratello, è ancora nelle tenebre” (1 Gv 2,9); “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in stesso la vita eterna” (1 Gv 3,14-15).
È nota la distinzione di Sant’Agostino tra errore ed errante: “Odiate a morte l’errore e amate gli erranti” (Contra litt. Petiliani, 1,2 9).

4. Tuttavia è necessario distinguere tra emozione cattiva e peccato.
Perché non di rado l’emozione cattiva procede la volontà e influisce su di essa.
Fortunatamente il più delle volte l’odio rimane solo a livello verbale. Pertanto non è facile distinguere la soglia tra ciò che fa perdere la carità e non la fa perdere.

5. Anche la maldicenza e la denigrazione del prossimo possono essere peccato grave contro la carità.
Certamente sono segno sicuro di mancanza di carità perché la carità “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,7).

6. San Paolo annovera i maldicenti tra coloro che sono abbandonati da Dio (Rm 1,30) e San Giacomo esorta a non sparlare gli uni degli altri perché “chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge” (Gc 4,1).

7. Tuttavia anche qui, come per l’odio, non è facile distinguere la soglia tra il grave e il veniale perché talvolta alcuni fatti sono notori, per altri è necessario che vengano messi in luce per ricorrere ai ripari. Altre volte si tratta di uno sfogo in famiglia o tra amici per un torto subito.
Ma quando è gratuita, ha materia grave ed è ordinata solo a diffamare una persona fa perdere la carità.

Con l’augurio di una fruttuosa Pentecoste e di rimanere immune da questi peccati, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo