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Quesito

Salve P. Angelo,
anche questa volta mi ritrovo a porle un dubbio in merito ad una scelta che dovrei a breve fare in ambito lavorativo.
Sono uno sviluppatore di applicativi web, e da circa 10 anni lavoro per un’azienda medio-piccola. Tuttavia, per dinamiche abbastanza comuni, la mia azienda alloca i propri dipendenti verso altre società, come consulenti esterni (per la mia azienda questa è una fonte di guadagno). 
Da circa 7 anni, anch’io sono stato allocato in una azienda esterna, proprio come consulente estero.
Quando la consulenza dura così tanto, sempre per dinamiche abbastanza comuni, quello che succede è che dopo qualche anno, l’azienda esterna decide di assumerti direttamente. Il tutto avviene in modo trasparente e di comune accordo tra le due aziende (anche in questo caso entrano in gioco interessi economici).
Ora mi ritrovo proprio a dover gestire questa situazione: dopo anni di consulenza – dove mi sono dimostrato abbastanza freddo all’idea di essere assunto da questa multifunzione americana (e dopo spiegherò i motivi), si sta formalizzando l’assunzione diretta da parte di questa nuova azienda (sono ad un passo, tra qualche 3 giorni arriverà l’impegnativa).
Sulla carta questa dovrebbe essere una buona notizia, essendo una multinazionale l’azienda dovrebbe offrire più garanzie per il futuro. Ma le multinazionali hanno anche diversi contro, come un’eccessiva burocrazia. Anche da questo punto di vista, non sto facendo i salti di gioia. Ma vorrei tralasciare questi aspetti.
Il motivo principale che mi ha spinto a scrivere questa email è che sono combattuto nell’accettare serenamente questa assunzione per un motivo: questa nuova azienda fa propaganda ed eventi a favore del mondo LGBT (una delle tante sigle per indicare i movimenti di persone omosessuali) ed molto coinvolta in questo ambito. 
Il tutto viene presentato in termini di “inclusione” e pari opportunità e di rispetto per tutte le persone. Dal sito dell’azienda si legge: “Parlando di inclusione, le nostre aree d’interesse riguardano genere, etnia, LBGTQ+, religione, persone con disabilità e diversità interculturale”. 
Con il termine “inclusione” si racchiude un po’ tutto e teoricamente dovrebbero tutelare anche me da cattolico, ma tutto è orientato verso il mondo LGBT. (…).
Inutile dire che dopo 7 anni di consulenza si intrecciano rapporti umani nell’azienda esterna e che è capitato più di una volta di parlare di queste tematiche (che non incontrano l’approvazione di tutti i dipendenti) e per quel poco che mi è stato possibile ho provato a fornire argomentazioni contrarie a quelle martellanti di cui ho accennato.
Non so cosa fare. Alcuni amici colleghi mi dicono che ormai non posso rifiutare e che un mio rifiuto all’assunzione diretta potrebbe essere visto come gesto non gradito che potrebbe avere delle conseguenze lavorative (il che potrebbe anche essere comprensibile). Io mi limito a dire a questi amici che ci sono “alcuni aspetti di questa azienda che non piacciono” ma senza entrare nel merito (non sarei compreso). 
Per fermare ora la macchina dell’assunzione dovrei creare un po’ di scompiglio, visto che ho avuto già diversi incontri per formalizzare le condizioni contrattuali e mi sono fatto trascinare un po’ dagli eventi visto l’assunzione mi sembrava qualcosa di inevitabile… qualcosa che mi è sfuggita un po’ dal mio controllo.
Cosa dovrei fare? Accettare e poi capire di volta in volta fino a che punto ci potrebbe essere qualcosa che potrebbe compromettere la mia coscienza e nel caso avere il coraggio di dire “no, questo no”? 
La ringrazio, come sempre per tutto, e la ricorderò nelle mie preghiere.
Saluti.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. per cooperazione al male s’intende il concorso prestato all’azione cattiva commessa da un altro.
Per comprendere il grado di responsabilità nel prestare la tua competenza all’interno l’azienda che sta per assumerti definitivamente è necessario ricorrere ad alcune distinzioni.
Eccole.

2.In ragione della responsabilitàla cooperazione può essere: 
formale, se l’azione è cattiva e si acconsente al male; 
materiale, se si ripudia il male in sé e si compie un’azione accidentale in rapporto più o meno prossimo col peccato altrui.
La cooperazione formale può essere: esplicita, se si ha intenzione precisa di cooperare; oppure implicita, se si compie un’azione che di sua natura è ordinata a servire i peccati di altri.

3. Quando la cooperazione materiale ha una relazione così stretta con l’atto peccaminoso che solo con essa l’azione diviene possibile, è da equipararsi alla cooperazione formale implicita.

4. Per la valutazione morale: la cooperazione formale al peccato altrui non è mai lecita; quella materiale a volte può essere lecita.

5. A questo punto possiamo già dare una valutazione: la tua cooperazione non è in nessun modo formale.
E non è neanche una cooperazione materiale così stretta da equipararsi ad una cooperazione formale implicita.

6. È una cooperazione materiale che in alcuni casi, come si è detto, è lecita.
E lo è quando l’azione del cooperatore è in sé lecita o almeno indifferente; quando avviene per motivi seri, in modo che il rifiuto di essa appaia moralmente impossibile; quando in nessun modo si approva il peccato altrui.

7. Se invece l’azione è di per sé è cattiva, la cooperazione materiale diventa formale implicita.
Ma non è questo il tuo caso.
Pertanto puoi partecipare all’attività di quell’azienda e cooperare al dissenso nei confronti di alcune attività.
Qualora invece ti venisse chiesto di cooperare attivamente ad alcune attività che sono contrarie alla tua coscienza, lo farai presente.

Ti ringrazio del ricordo nella preghiera che contraccambio volentieri, ti benedico e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo