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Quesito

Salve padre Angelo,
ho letto i passi dei documenti della Chiesa che ha citato nelle sue risposte pubblicate sul sito in merito alle espressioni affettive tra fidanzati ed alla morale sessuale. Talvolta ho parlato di questi argomenti con amici che frequentano la Chiesa e mi è stato detto che nel Vangelo non c’è scritto chiaramente qualcosa in merito. Nel Vangelo è scritto che l’uomo abbandonerà sua madre e suo padre e i due diventeranno una carne sola. Però vorrei sapere se c’è qualche passo in cui si fa esplicitamente riferimento al matrimonio ed alle manifestazioni affettive prematrimoniali.
Inoltre vorrei sapere come mai S. Paolo nella lettera ai Colossesi esorta le mogli ad essere “sottomesse” ai mariti e non viceversa. E’ esclusivamente una questione di cultura dell’epoca? Ma se il Vangelo è sempre valido e sempre attuale, come possiamo conciliare questa esortazione con il principio dell’uguaglianza e pari dignità dei coniugi?
La ringrazio.
Un caro saluto.
A. Maria


Risposta del sacerdote

Cara A. Maria,
1. il Vangelo e gli altri scritti del Nuovo testamento non sono un trattato di morale.
Espongono però dei principi alla luce di quali si traggono delle conclusioni.

2. Sul matrimonio il Vangelo riferisce la dottrina dell’indissolubilità e la propone in maniera così chiara che i discepoli si stupiscono al punto da dire: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi” (Mt 19,10).

3. Sulle manifestazioni affettive in generale il vangelo si limita alla seguente affermazione: “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,28).
Giovanni Paolo II aveva detto che questa donna potrebbe essere anche la propria moglie e per questo affermava che “la persona non può mai essere considerata un mezzo per raggiungere uno scopo; mai, soprattutto, un mezzo di godimento. Essa è e dev’essere solo il fine di ogni atto. Solo allora corrisponde alla vera dignità della persona” (lettera alle famiglie, Gratissimam sane 12).

4. Sulle manifestazioni affettive tra fidanzati è anacronistico cercare qualcosa nella S. Scrittura, dal momento che a quei tempi i matrimoni venivano combinati dai genitori e che i due futuri sposi al massimo si vedevano nel giorno degli sponsali, e cioè nel giorno in cui si combinava il contratto, e poi si rivedevano nel giorno delle nozze.
Non vi era a quei tempi nessuna frequentazione sul tipo di quella che noi oggi vediamo tra i fidanzati.
Non solo era fuori contesto parlare di rapporti prematrimoniali, ma anche di semplici manifestazioni affettive.

5. Oggi il contesto sociale è cambiato. Ma, dai principi del Vangelo, la Chiesa ricava alcune norme valide anche per i fidanzati.
Essi non sono persone fra di loro estranee. E per questo determinate manifestazioni affettive hanno per loro un senso ben preciso, mentre non lo avrebbero qualora si facessero con il primo che passa per strada.

6. Tuttavia bisogna ricordare che l’esercizio della genitalità è destinato alla manifestazione del dono totale di sé e che questo dono è vero se si intende donare tutto, anche la propria capacità di diventare padre e madre.
Per questo tra i fidanzati le manifestazioni affettive che coinvolgono la genitalità, dal momento che non esprimono la totalità del dono (perché non sono ancora l’uno dell’altro) degenerano nell’impurità.
Qui la genitalità viene sviata dal suo obiettivo intrinseco, che non è semplicemente quello del divertimento.
Questo sviamento provoca una polarizzazione dell’attenzione sulla attrazione erotica, che sconvolge l’animo e facilmente degenera in schiavitù, a scapito del vero amore. I due pensano di amarsi e di volersi bene perché provano una fortissima attrazione erotica, ma il volersi bene è altra cosa.
Per crescere nel volersi bene è necessario essere liberi dalla ricerca spasmodica della soddisfazione di sé.

7. Se non nel vangelo, troviamo nelle lettere di San Paolo il divieto di trattare il corpo in maniera impura: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello… Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito» (1 Ts 4,3-8).
E anche: “Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi… Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolatri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce” (Ef 5,3-8).

8. Mi chiedi infine se S. Paolo chieda solo alle mogli di essere “sottomesse” ai mariti e non anche viceversa.
Intanto va precisato che San Paolo non dice questo solo nella lettera ai Colossesi (3,18), ma anche in quella agli Efesini. Ed è proprio questa lettera che ci permette di comprenderne meglio il senso.
Ne riporto subito il testo in modo che tutti i visitatori possano farsene un’idea: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore” (Ef 5,21-22).
Come vedi, San Paolo dice anzitutto: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”. Ciò significa che come le mogli stanno sottomessi ai mariti, così i mariti stanno sottomessi alle mogli. Sono chiamati ad essere con loro una sola volontà.

7. Tuttavia, al di là della spiegazione, non si può ignorare che a quei tempi la donna era sottomessa al marito.
Per questo un documento della Commissione teologica internazionale afferma: “Se gli scritti del Nuovo Testamento considerano la donna nella sua subordinazione all’uomo (cfr. 1 Cor 11,2-16; 14,33-36ss) – il che è comprensibile per l’epoca -, ci sembra tuttavia che su questo problema lo Spirito Santo ha condotto la cristianità contemporanea, unitamente al mondo moderno, ad un’intelligenza migliore nelle esigenze morali del mondo della persona” (Commissione teologica internazionale, Principi di morale cristiana, dic. 1974).
In conclusione, possiamo dire che lo Spirito Santo ha enunciato attraverso San Paolo il principio della pari dignità e della reciproca sottomissione.
E poi che nel corso del tempo ha condotto gli uomini non solo alla comprensione di quello che Egli stesso ha detto, ma anche ad un comportamento pratico e giuridico più conforme ai quei principi.

Ti ringrazio dei quesiti, ti prometto un ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo