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Buongiorno padre Angelo,
in questo periodo quaresimale vorrei sapere i motivi per cui gli Ebrei non riconoscono tutt’oggi Gesù come Messia.
Leggendo su internet ho letto che tra i vari motivi c’è il fatto che essi ritengono che gli evangelisti abbiano estrapolano delle frasi dalle Scritture alterandone il loro significato originale per attribuirle a Gesù, per confermare che sia Lui il messia atteso; inoltre reputano che nessuna delle profezie a cui fa riferimento l’Antico Testamento sul Messia si sia effettivamente compiuta in Gesù.
Riporto il link di quanto ho letto, che cita alcuni versetti del nuovo e antico testamento per dimostrare questa tipo di tesi.
(…)
Augurandole una Buona Pasqua (2018), la saluto.
Cordialmente
Carissimo,
rispondo ora solo al primo dei tuoi quesiti.
1. Innanzitutto va detto chiaramente che il motivo fondamentale per cui gli ebrei rifiutano Cristo è l’affermazione della sua divinità.
Questo e solo questo è stato il motivo che li ha determinati a consegnarlo a Pilato per la crocifissione.
Ecco ad esempio quanto si legge nel Vangelo di Luca: “Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca»” (Lc 22,66-71)
Ugualmente anche nel Vangelo di Matteo: “Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!»” (Mt 26,63-66).
2. Allora le premesse riportate dal sito che mi hai indicato sono fuorvianti.
È invece da quanto ti ho detto che si deve partire: mostrare che le sue opere e le sue parole non sono conformi alla sua affermazione di essere Dio.
Ora nelle sue discussioni con i giudei “Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me” (Gv 10,25).
E soprattutto:
“Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre»(Gv 10,37-38).
3. In altre risposte pubblicate sul sito puoi trovare le motivazioni che conducono a credere nella divinità di Cristo, pena fare di lui il personaggio più mostruoso della storia: ha voluto passare per Dio chiedendo addirittura a persone che sarebbero vissute millenni dopo di lui ad essere disposte a dare la vita per lui!
4. Adesso invece vengo a rispondere alle tre obiezioni riportate che intendono evidenziare come i testi evangelici che vorrebbero mostrare l’adempimento delle Scritture di fatto non corrispondano al testo ebraico.
L’adempimento delle Scritture sarebbe una forzatura della Bibbia attuata dai cristiani.
Anzi, rispondo opponendo al testo che obietta quanto dice Bibbia di Gerusalemme, le cui affermazioni sono brevi, ma densissime.
5. Ecco cosa dice la prima obiezione:
1) “i Vangeli insistono molto sul fatto che Gesù avrebbe portato a compimento, nel corso della sua vita, le profezie bibliche già note al popolo d’Israele: Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, [Gesù] spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano. (Luca 24:25-27); Poi disse loro: «Queste sono le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: che si dovevano adempiere tutte le cose scritte a mio riguardo nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Luca 24:44).
Tuttavia, se si analizzano attentamente tutte le profezie citate dai Vangeli, non è difficile comprendere che in realtà nessuna di esse è stata davvero adempiuta da Gesù. Ciò che molto spesso gli autori del Nuovo Testamento compiono è una vera e propria distorsione delle parole dei Profeti, in particolare estrapolando singole frasi dalla Bibbia ebraica per sottrarle al loro contesto originario in modo da forzarne il significato. Un esempio molto noto lo troviamo nel Vangelo di Matteo, in riferimento al racconto della nascita di Gesù: Tutto ciò avvenne affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore, per mezzo del profeta che dice: «Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un figlio» (Matteo 1:22-13).
La profezia qui menzionata è tratta dal Libro di Isaia, in cui leggiamo: Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la giovane concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele (Isaia 7:14).
Dunque il profeta aveva davvero preannunciato la nascita di Gesù di Nazareth dalla vergine Maria? La risposta si può ottenere soltanto leggendo il contesto in cui si colloca la frase citata dall’evangelista Matteo. Il capitolo 7 di Isaia tratta della guerra tra il re Achaz e i suoi nemici, il re d’Assiria e il re di Israele. Secondo il racconto, Dio rivelò ad Achaz che la guerra sarebbe stata vinta, e che, di conseguenza, egli non avrebbe avuto nulla da temere (vedi Isaia 7:1-7). A testimonianza di questa promessa, il profeta Isaia diede al re un segno, rappresentato dal bambino chiamato Emmanuele: Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la giovane concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele. Egli mangerà panna e miele fino a quando saprà rigettare il male e scegliere il bene. Ma prima che il fanciullo sappia rigettare il male e scegliere il bene, il paese che temi a motivo dei suoi due re sarà abbandonato.
Alla luce di tutto ciò, appare evidente che il brano in questione non ha nulla a che fare con Gesù o con il Messia. Inoltre, la parola che il Vangelo traduce con “vergine” (parthenos in greco, come riportava già la LXX), nel testo originale ebraico è in realtà almah, che significa semplicemente “giovane donna”. Nel tentativo di collegare la profezia alla nascita verginale di Gesù, i cristiani si servono quindi di una traduzione errata”.
6. Ecco invece che cosa dice la Bibbia di Gerusalemme in una nota che non è stata scritta per rispondere all’obiezione degli ebrei ma per il commento del testo:
“Is 7,14: Pertanto il Signore stesso ci darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.
È mediante un re, successore di Davide che Dio darà la salvezza al suo popolo: è sulla persistenza della stirpe davidica che riposa la speranza dei fedeli di Jaweh.
Anche se Isaia ha in vista immediatamente la nascita di un figlio di Acaz, per esempio Ezechia, come sembra probabile a dispetto delle incertezze della cronologia, e come sembra aver compreso il greco leggendo (v 14): «tu gli metterai nome», si intuisce, dalla solennità data all’oracolo e dal senso forte del nome simbolico dato al figlio, che Isaia intravede in questa nascita regale, al di là delle circostanze presenti, un intervento di Dio in vista del regno messianico definitivo.
La profezia dell’Emmanuele sorpassa quindi la sua realizzazione immediata, e legittimamente gli evangelisti (Mt 1,23 citando Is 7,14; Mt 4,15.16 citando Is 8,23-9,1), poi tutta la tradizione cristiana, vi hanno riconosciuto l’annunzio della nascita del Cristo.
La vergine: la traduzione greca porta «la vergine», precisando così il termine ebraico almah che designa sia una giovane sia una donna appena sposata, senza esplicitare ulteriormente.
Ma il testo dei LXX (in greco: parthenos, vergine) è un testimone prezioso dell’interpretazione giudaica antica, che sarà consacrata dal Vangelo: Mt 1,23 trova qui l’annunzio della concezione verginale del Cristo”.
6. L’interpretazione giudaica antica è testimone di quello che pensavano gli Ebrei quando il testo ebraico fu tradotto in greco dai Settanta. Fu tradotto 150 prima della venuta di Cristo.
Pertanto è sbagliato quanto è riportato nell’obiezione “Nel tentativo di collegare la profezia alla nascita verginale di Gesù, i cristiani si servono quindi di una traduzione errata” perché la traduzione è esatta.
7. La seconda obiezione: “Un caso ancora più clamoroso lo troviamo nel capitolo successivo del Vangelo, dove si parla della fuga in Egitto dei genitori di Gesù: Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché io non ti avvertirò, perché Erode cercherà il bambino per farlo morire». Egli dunque, destatosi, prese il bambino e sua madre di notte, e si rifugiò in Egitto. Rimase là fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta [Osea], che dice: «Ho chiamato il mio figlio dall’Egitto» (Matteo 2:13-15).
Secondo Matteo, questo importante avvenimento della vita di Gesù era stato predetto dal profeta Osea, circa cinquecento anni prima, e ancora oggi, in molte pubblicazioni cristiane, questa profezia viene presentata come una “prova” della messianicità del Nazareno. In realtà è sufficiente una rapida occhiata al brano di Osea (qui citato fuori dal contesto) per capire che il profeta non stava affatto parlando di Gesù o della sua famiglia:
Quando Israele era un fanciullo, io l’amai e chiamai il mio figlio dall’Egitto. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me, hanno sacrificato ai Baal e hanno bruciato incenso alle immagini scolpite. […] Il mio popolo tende ad allontanarsi da me; malgrado invocano l’Altissimo, nessuno di essi lo esalta. (Osea 11:1-7).
Il figlio chiamato dall’Egitto non è Gesù, ma il popolo d’Israele, paragonato ad un fanciullo. In questi versi il profeta rimprovera il popolo infedele a Dio e condanna l’idolatria dilagante. Un simile discorso non può essere in alcun modo applicato al Messia o ad una fuga in Egitto da parte di una famiglia perseguitata”.
8. La Bibbia di Gerusalemme oltre che a Osea fa riferimento anche a Es 4,22 molto più antecedente, dove si legge “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva!” (Es 4,22-23).
A commento delle parole di Matteo: “perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Mt 2,15) scrive: “Israele, il figlio di cui parla il testo profetico, era dunque una figura del Messia”.
9. La terza obiezione dice: “Dal Vangelo di Matteo possiamo trarre anche un ultimo esempio di distorsione delle profezie bibliche, quello relativo all’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino: Quando furono vicini a Gerusalemme, giunti a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio che si trova davanti a voi; e subito troverete un’asina legata e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. […] Ora questo accadde affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta [Zaccaria], che dice: «Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te mansueto, cavalcando un asino, un puledro, figlio d’asina» (Matteo 21:1-5).
Ancora una volta è indispensabile considerare la profezia all’interno del brano da cui è stata estrapolata, per comprendere se essa possa davvero essere applicata a Gesù: Esulta grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme! Ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile e cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Io farò scomparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme; gli archi di guerra saranno annientati. Egli parlerà di pace alle nazioni; il suo dominio si estenderà da mare a mare, e dal Fiume fino all’estremità della terra. […] Poiché io piego Yehudah come un arco, armo l’arco con Efraim, e solleverò i tuoi figli, o Sion, contro i tuoi figli, Grecia, e ti renderò simile alla spada di un eroe (Zaccaria 9).
Il contesto parla chiaramente di una guerra che coinvolge le tribù di Yehudah e Efraim, i popoli vicini e la Grecia. Il profeta annuncia l’arrivo di un re liberatore che porterà la vittoria ed instaurerà un regno di pace. Nessuno di questi elementi è compatibile con le vicende narrate nel Vangelo. Per risolvere queste e tutte le altre incongruenze, molti cristiani ricorrono alla teoria dei “doppi adempimenti”, o “doppi significati”. Secondo tale concezione, alcune profezie avrebbero due significati distinti: uno “storico” e uno più “spirituale” relativo a Gesù. È tuttavia chiaro che, seguendo una simile congettura, le profezie bibliche potrebbero essere sfruttate per dimostrare qualsiasi cosa. Una prova della messianicità di Gesù non può essere costruita tramite la teoria dei “doppi adempimenti”, ma dovrebbe invece essere basata sul contesto e risultare almeno coerente con il significato reale del passo biblico”.
10. Ecco il commento lapidario della Bibbia di Gerusalemme: “nel pensiero del profeta tale modesto apparato rivelava il carattere umile e pacifico del regno messianico. Matteo applica questa profezia a Gesù, Messia umile”.
11. D’altra parte il profeta in che senso è profeta se perché mentre descrive la storia non ne annuncia un’altra?
Se si trattasse solo della storia delle tribù di Yehudah e di Efraim, dei popoli vicini e della Grecia che cosa interesserebbe agli ebrei di oggi?
Forse è per questo che molti di loro oggi sono semplicemente atei.
Sembra che l’ebraismo per molti sia solo una formazione etnica, culturale e sociologica e non abbia alcuna fede nel Messia venturo.
12. Tralascio le altre domande della tua mail, altrimenti andremmo oltre i limiti di una normale risposta. Si tratterebbe di un saggio interessante che a partire da alcuni passi delle Scritture confronta il pensiero degli ebrei d’oggi con quello dei cristiani.
Questo confronto non è da escludere a priori anche nel nostro stesso sito.
Contraccambio volentieri gli auguri pasquali, ma per la Pasqua ormai prossima del 2019.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo