Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Buongiorno padre Angelo,
volevo chiederle se c’è una correlazione o un riverbero dei principi filosofici della morale stoica in quella cattolica (o cristiana). Consideravo un’affermazione di un prof. dell’Università il quale sosteneva che fondamentalmente il cristianesimo ha assunto questi insegnamenti filosofici nella sua morale.
La ringrazio, un ricordo nella preghiera.
Giovanni.


Risposta del sacerdote

Caro Giovanni,
1. vi sono dei principi morali insiti nella coscienza di ogni uomo che procedono direttamente dalla legge naturale.
Secondo San Tommaso questi principi fluiscono dalle tre inclinazioni più profonde della persona.
La prima è quella che ha in comune con ogni essere, che in quanto tale tende all’autoconservazione.
La seconda è propria di ogni essere vivente, che si trova inclinato alla conservazione della specie.
La terza è propria della persona umana in quanto dotata di ragione, che inclina alla conoscenza della verità e al vivere in società.
Da queste tre inclinazioni procedono i diritti e i doveri primari di ogni persona (cfr. Somma teologica, I-II, 94, 2).

2. Secondo il filosofo pagano Aristotele e secondo San Tommaso questi principi, che costituiscono la cosiddetta sinderesi, sono indistruttibili e sono identici in tutte le persone.
Pertanto la presenza di un nucleo di virtù morali nella filosofia di Aristotele, nel pensiero stoico e in San Tommaso non significa affatto che l’uno prenda dall’altro, ma piuttosto che ognuno prende da quello che c’è nel cuore di ogni persona umana.
San Paolo stesso si appella a questo nucleo di principi morali allorché scrive: “Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,14-15).

3. Che l’annuncio del Vangelo possa aver trovato terreno fertile preparato dallo stoicismo non desta meraviglia, perché in genere gli stoici si caratterizzavano per una certa fermezza e dirittura morale.
Tuttavia le virtù stoiche, tutte orientate a creare una perfezione morale che consiste nello spegnimento di ogni desiderio, nella cosiddetta atarassia, sono quanto di più diverso si possa trovare dalle virtù cristiane, volte a mettere a profitto le emozioni in ordine ad un obiettivo che non consiste nell’eliminazione di ogni desiderio ma piuttosto nell’appagamento di ogni desiderio.

4. Scrive Angelo Penna in un suo studio poderoso su San Paolo: “Invano si è tentato di riavvicinare la concezione teologica dello stoicismo e quella del cristianesimo.
Un velo di mesto e sconsolato pessimismo si stendeva sugli stoici, che pretendevano di raggiungere la perfetta impassibilità (atarassia).
Il loro Dio, immanente nel mondo, era qualcosa di gelido, incapace di suscitare nei cuori una qualsiasi fiamma di amore. Non rimaneva che rivolgersi alla materia. Con la morte gli elementi dell’uomo si dissolvono, ritornando nel gran tutto, e lo stoico nella disperazione affretterà questo triste momento col suicidio” (San Paolo, pp. 366-367).

5. Non dobbiamo dimenticare che quando San Paolo predicò ad Atene erano lì presenti “certi filosofi epicurei e stoici” che discutevano con lui e dicevano “che cosa vorrà mai dire questo ciarlatano?” (At 17,18).
Lo condussero a parlare con loro all’areopago, ma ad un certo momento cominciarono a deriderlo e gli dissero: “Su questo ti sentiremo un’altra volta” (At 17,32).

6. Mentre san Paolo si trovava a Corinto i giudei insorsero contro di lui e lo accusarono davanti a Gallione proconsole della Acaia (cfr. At 18,12). Questi non volle prendere in considerazione l’accusa contro Paolo trattandolo, benché indirettamente, in maniera benevola.
Ora Gallione era fratello del filosofo stoico Seneca.
Per questo alcuni hanno tratto la conclusione che Paolo nel tempo della sua prigionia in Roma si sarebbe incontrato con Seneca e che questi segretamente sarebbe diventato cristiano. Tra i due ci sarebbe stata anche una corrispondenza: otto lettere di Seneca e sei di Paolo.
Tuttavia questi scritti tardivi sono sempre stati considerati apocrifi.
L’affinità tra i due è la costruzione alcuni apologisti cristiani del III secolo, ammirati dai principi morali di Seneca.

7. Angelo Penna scrive in proposito: “Ma per la povertà di idee e la rudezza dello stile che vorrebbe essere legante, questa corrispondenza disdice non solo alla grande mente dell’Apostolo, ma anche alla facilità ed eleganza di Seneca. Solo l’autorità di San Girolamo e di Sant’Agostino dettero una certa popolarità all’ignoto scritto del III o IV secolo.
Lo pseudo Lino nel VII secolo nella sua Passio Peltri et Pauli aggiunge l’affermazione esplicita di un Seneca cristiano convertito dall’Apostolo. Il tutto nel medioevo, fino al Petrarca, passò come genuino, finché gli umanisti italiani sfatarono questa mistificazione letteraria. Invano nelle lettere si cercherebbe un eco dell’insegnamento Paolino. Esse nelle loro brevità vertono su inezie insulse” (San Paolo, pp. 417-418).

8. In maniera ancor più decisa il grande biblista Giuseppe Ricciotti scrive: “Spesse volte lo stoicismo fu riavvicinato al cristianesimo, soprattutto a causa dell’indole cristiana che si riscontra in talune pagine di Epitteto e di Seneca: si sospettò anzi una diretta influenza esercitata da Paolo sul contemporaneo Seneca, come già nella seconda metà del secolo quarto si fabbricò tutta una corrispondenza epistolare tra i due. Ma, chi non si fermi alle apparenze bensì cerchi l’anima delle cose, troverà sotto la somiglianza esteriore un abissale divergenza: più o meno, insomma, la somiglianza che intercede tra lo scimpanzé e l’homo sapiens” (Paolo apostolo, p. 66).

9. Nella storia della filosofia c’è stato un tentativo di ripensare lo stoicismo alla luce del Vangelo.
Questo comportò evidentemente un notevole ridimensionamento del panteismo stoicista per far posto al monoteismo cristiano.
Nello stesso tempo richiese un ridimensionamento del ruolo della grazia per dare spazio al primato dello sforzo umano.
Questa corrente di pensiero, svanita ben presto, si è sviluppata alla fine del secolo 16º e i suoi autori principali sono stati Lipsio, du Vair e Charron.

10. Venendo all’affermazione del tuo professore, non so in che cosa il cristianesimo abbia preso dallo stoicismo quando la predicazione di Gesù Cristo è stata attuata in un contesto in cui lo stoicismo non ebbe alcun influsso.
L’esaltazione delle virtù morali nella Sacra Scrittura, come si può vedere in alcuni libri sapienziali dell’Antico Testamento, in particolare Proverbi, Sapienza e Siracide, è ben antecedente alla filosofia stoica.
Senza dire dell’orizzonte che separa nettamente lo stoicismo dalla cultura ebraica. Perché tra i due c’è una differenza abissale come quella indicata da Ricciotti.

Ti auguro un felice proseguo delle feste natalizie e dei tuoi studi, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo