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Quesito
Cari amici domenicani,
vi ringrazio per il vostro sito che tanto mi ha aiutata a capire meglio la dottrina.
Vivo da alcuni anni in Francia e qui ho iniziato a trovarmi a disagio talvolta durante la liturgia perche’ notavo “cose diverse”. La diversita’ non stava in ambiti marginali della liturgia, non si trattava dell’utilizzo di strumenti musicali diversi, per intenderci.
Nuove forme di messe, autorizzate dal vescovo, come le “messe autrement” , mi lasciavano a disagio ma soprattutto diversi cambiamenti (questi non certo autorizzati dal vescovo) ad opera di singoli sacerdoti: omissione dell’omelia per lasciar spazio a una presentazione di opere umanitarie; soppressione del Credo e al suo posto la recita di una preghiera di un prete della teologia della liberazione don … (..”credo ai diritti dell’uomo, alla mano aperta…”) che critico come sostituzione al Credo durante la messa; possibilita’ di autocomunicarsi ricevendo l’Ostia sulla mano e intingendola da sé al calice, ecc.
Tutto cio’ e’ stato da me discretamente segnalato al parroco in forma di colloquio privato e segnalato alla sede apostolica romana ( congregazione per il culto Divino), come indica di fare la Redemptoris Sacramentum.
Ho accettato di essere catechista per i bambini di 8-10 anni, e talvolta anche agli incontri di formazione mensili mi e’ capitato di notare alcune omissioni dottrinali, che pero’ rischiano una deriva pericolosa, quella di parlare di cose umane e umanitarie, con risposte umane e umanitarie, ma una volta capita la differenza fra queste e il messaggio di Salvezza si capisce l’enorme responsabilita’ che si ha nel dover invece fare i distinguo ed evitare confusioni di linguaggio e di mentalita’.
Questo virus infetta tutti, serpeggia fra i semplici e fra i dotti, fra i laici e fra i consacrati. Anziche’ una umile obbedienza nell’accogliere le fonti della Rivelazione, c’e’ chi desidera modellarla a seconda di certi schemi. In Francia lo schema e’ politico: tradizionalista (borghese) e progressista(popolare).
Io li faccio impazzire perche’ vengo da un quartiere popolare e periferico di Milano, ma ricevo la Comunione in bocca dopo genuflessione, e quindi non sanno dove incasellarmi! Non e’ uno scherzo, quello delle caselle e’ uno schema francese, tanto che gli stessi fedeli scelgono la parrocchia non in base al quartiere di riferimento ma in base al loro modo di vivere la liturgia ed essi stessi mi han detto che il prete in clergyman e’ piu’ tradizionalista (ma se ne vedono pochi cosi’ vestiti) mentre il prete che veste in abiti civili e’ progressista e meno attento alla liturgia secondo diritto canonico. Se poi il sacerdote e’ il talare (raro a vedersi) o e’ un sacerdote della ICCR (che celebrano in vetus ordo) o un raro sacerdote “all’antica”(come don Zanotti di Marsiglia). Questi i termini utilizzati, gli schemi mentali.
Mi ricorda un po’ tutte quelle persone che all’epoca di Gesu’ lo vedevano cosi’ o cosa’, liberatore dei romani, chiarificatore della disciplina giusta (samaritani, sadducei, ecc), legandolo a cose sempre umane e solo esteriori, cioe’ del mondo. E invece chi lo ha accolto nel messaggio spirituale ha accolto la volonta’ di Dio, senza anteporre la nostra per incasellarlo, legarlo.
Beh, mi sono dilungata molto, ma solo per farle conoscere una realta’ che esiste, anche se devo precisare che la mia esperienza nella Chiesa francese e’ anche molto bella e mi ha arricchito molto. Tuttavia, in considerazione di qualche abuso che avviene e’ opportuno per noi fedeli cercare di pregare di piu’, sollecitare con umilta’ e discrezione chi li fa’ ma anche di conoscere bene e meglio la dottrina per evitare di cadere in errori grossolani, seppur in buona fede: ma e’ anche nostro dovere evitare di cadervi e quindi dobbiamo conoscere il magistero.
E’ su questo punto che le chiedo un consiglio: mi sono trovata stamane ad una messa in cui il sacerdote coadiuvato da un diacono ha proposto la Comunione sotto le due specie. Il sacerdote dava la Comunione e il diacono porgeva il calice o per fare intingere l’Ostia ai comunicandi che l’avevano ricevuta sulle mani o per far bere dal calice stesso.
Ora, io ricevo la Comunione sulla bocca ma poiche’ non usano il piattino mi accosto con le mani giunte a preghiera e le apro nel momento in cui ricevo l’Ostia in bocca, come se le mie mani fossero il piattino, poi le richiudo e, una volta seduta, le riapro un istante per verificare se non vi siano frammenti caduti e se non ve ne sono mi metto in raccoglimento.
Oggi pero’ di fronte al calice, se lo avessi preso avrei potuto far cadere per terra eventuali frammenti di Ostia, e il tempo di passaggio era troppo breve perche’ dopo la Comunione potessi verificare accuratamente se nelle mie mani non vi fossero frammenti di Ostia, quindi ho fatto una genuflessione davanti al calice ma non l’ho preso e non ne ho bevuto.
Se dovesse ricapitare una situazione del genere in che modo devo comportarmi? Sono in dubbio se, per evitare un oltraggio all’Ostia (il rischio che frammeti eventuali nella m ia mano cadessro mentre prendevo il calice) ho fatto un oltraggio a non bere dal calice.
Grazie per il chiarimento che vorra’ darmi.
Sia lodato Gesu’ Cristo
Monica
Risposta del sacerdote
Cara Monica,
1. leggendo la tua mail mi pare di poter dire che nelle comunità cristiane con le quali sei venuta a contatto manchi la tensione verso l’obiettivo principale: la santità.
Quando si tende alla santità si sente tutta l’inadeguatezza delle classificazioni umane tra tradizionalisti e progressisti.
Purtroppo queste classificazioni vi sono anche qui in Italia, anche tra i preti.
2. Il vero progresso è quello che si attua nella santità, che consiste nella conformità dei nostri sentimenti con quelli di Cristo.
Soprattutto col suo spirito di umiltà e di carità.
3. Tutto il resto è nell’ordine dei mezzi.
Come ci ha insegnato Nostro Signore, dobbiamo fare come lo scriba evangelico, che è simile a un padrone di casa che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52).
Quando si tende verso la santità ci si sente come un padrone di casa, si avverte che tutto concorre al nostro bene.
Sia le cose nuove che quelle antiche, tutte concorrono secondo i disegni di Dio alla nostra maggiore unione con Lui.
Tutti dobbiamo avere la disposizione d’animo ad accogliere prontamente tutto ciò porta a maggiore santità.
Proprio come diceva San Paolo: “In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4,8).
4. Giovanni Paolo II in Novo Millennio ineunte (la lettera scritta al termine del grande giubileo dl 2000) ha detto che le nostre comunità cristiane devono caratterizzarsi per una pedagogia di santità.
Certo, la santità si esprime in maniera ineliminabile anche nell’amore del prossimo.
Al nostro prossimo dobbiamo dare tutto ciò di cui ha bisogno, partendo dalle più materiali necessità.
Ma quando si ama il prossimo con amore di carità, e non solo per filantropia, lo si ama perché viva in Dio (ut in Deo sit; s. tommaso, Somma teologica, II-II, 25, 1).
Diversamente lo amiamo troppo poco.
Non è necessario essere santi e neanche andare in Chiesa per essere filantropi.
Ma è necessario nutrirsi di Cristo, conformarsi a Lui, pregare, coltivare la vita interiore e soprattutto l’umiltà e carità per essere santi
6. Dice ancora Giovanni Paolo II: “E in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità. (…).
Professare la Chiesa come santa significa additare il suo volto di Sposa di Cristo, per la quale egli si è donato, proprio al fine di santificarla (cfr Ef 5,25-26).
Questo dono di santità, per così dire, oggettiva, è offerto a ciascun battezzato.
Ma il dono si traduce a sua volta in un compito, che deve governare l’intera esistenza cristiana: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1 Ts 4,3).
È un impegno che non riguarda solo alcuni cristiani: Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (NMI 30).
6. Aggiunge poi che è necessario porre “questa elementare verità…, a fondamento della programmazione pastorale” (NMI, 31).
“Se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere il Battesimo?» significa al tempo stesso chiedergli: «Vuoi diventare santo?». Significa porre sulla sua strada il radicalismo del discorso della Montagna: « Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48)” (NMI 31).
”È ora di riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione” (NMI 31).
7. Fai bene dunque a sentirti fuori dalle catalogazioni: “progressista, tradizionalista”.
Continua a tendere verso la santità, che è un obiettivo di ordine soprannaturale, che rifiuta con tutta la sua natura di essere ingabbiato da etichette mondane, quali quelle di tradizionalista o di progressista, di destra o di sinistra.
8. Circa l’ultimo punto: è un abuso far intingere dal fedele nel calice.
Tuttavia pro bono pacis, puoi chiudere un occhio e ricevuta la Santa particola nelle tue mani, con due dita la prendi e la intingi nel calice.
Con un colpo d’occhio ti accorgi subito se sono rimasti dei frammenti nelle mani. Nel qual caso, devotamente li raccogli e li consumi.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo