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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono un catechista in una grande parrocchia del nord Italia e collaboro col mio parroco.
Proprio per questo sono spesso nel suo ufficio e qui mi è capitato di leggere su una rivista mandata ai sacerdoti un’espressione che mi ha schioccato.
Gliela trascrivo: “Il problema del male percorre tutta la rivelazione biblica e, anche se l’elaborazione sapienziale del mito di caduta tenta in qualche modo di renderne conto attribuendone la colpa a mitici progenitori, esso resta comunque acuminato in tutta la sua drammaticità. Perché ciò che è importante non è arrivare a capo del problema del male, ma riuscire a collocarlo dentro l’orizzonte della fede nel Dio dell’elezione e dell’alleanza: come può il male affliggere proprio coloro che Dio ama?” (Vita pastorale, n.3, 2011, p. 50).
Ho chiesto al mio parroco se quanto avevo letto era corrispondente al vero.
Lui mi ha detto di continuare a insegnare quello che ho sempre insegnato, e cioè che Adamo ed Eva sono la prima coppia, che sono i nostri progenitori, che hanno disobbedito a Dio e che noi ereditiamo da loro il peccato originale.
Farò senz’altro così, ma intanto le parole che ho letto su quella rivista mi hanno causato una certa amarezza.
Lei che cosa ne pensa?
La ricorderò nelle mie preghiere e la saluto.
M.
Risposta del sacerdote
Caro M.,
1. sono andato a verificare se la tua citazione era esatta e purtroppo ho dovuto constatare che è proprio così.
Ti riporto in proposito alcune affermazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica che per un cattolico sono normative.
2. “Il racconto della caduta (Gen 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo “Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13”.
La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori” (CCC 390).
La Chiesa pertanto afferma che, al di là delle immagini usate, si tratta di un fatto realmente accaduto all’inizio della storia.
3. A proposito dei mitici progenitori, il Catechismo parla inequivocabilmente di “prima coppia” (CCC 376).
4. La teologa (perché le affermazioni riportate sono di una teologa) parla con disinvoltura di “mito di caduta”, di una colpa attribuita “a mitici progenitori” e questi miti sarebbero frutto dell’elaborazione sapienziale.
Sarebbe interessante sapere quali siano le argomentazioni, anche perché la riflessione sapienziale (che non è semplicisticamente elaborazione) è molto tardiva, di qualche secolo avanti Cristo. Ma con la Genesi siano ben al di là.
5. È interessante sapere che la prestigiosa Bibbia di Gerusalemme non parla di mito, ma di fatti reali ai quali si è dato un rivestimento mitico.
Ma, come vedi, tra mito e rivestimento mitico ce ne corre.
Ecco che cosa si legge precisamente nell’Introduzione alla Genesi della Bibbia di Gerusalemme (i rilievi dati alle parole sono miei):
“I primi undici capitoli della Genesi sono da considerare a parte. Descrivono, in modo popolare, l’origine del genere umano; enunziano con uno stile semplice e figurato, quale conveniva alla mentalità di un popolo poco evoluto, le verità fondamentali presupposte dall’economia della salvezza: la creazione da parte di Dio all’inizio dei tempi, l’intervento speciale di Dio che forma l’uomo e la donna, l’unità del genere umano, la colpa dei nostri progenitori, la decadenza e le pene ereditarie che ne furono la sanzione.
Ma queste verità, che riguardano il dogma e sono assicurate dall’autorità della Scrittura, sono nello stesso tempo fatti e, se le verità sono certe, implicano fatti che sono reali, sebbene non possiamo precisarne i contorni sotto il rivestimento mitico che è stato loro dato, secondo la mentalità del tempo e dell’ambiente”.
6. Il Magistero della Chiesa nell’enciclica Humani generis (12 agosto 1950) ribadisce che “gli undici primi capitoli della Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un senso vero, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell’origine del genere umano e del popolo eletto.
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari (ciò che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare che essi hanno fatto questo con l’aiuto della ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore.
Quindi le narrazioni popolari inserite nelle S. Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di un’accesa fantasia che di quell’amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri anche dell’Antico Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani”.
7. Il Parroco pertanto ti ha risposto saggiamente.
Se vuoi, fai pure leggere al tuo parroco la risposta che ti ho dato. Ne sarà contento.
Ti ringrazio della preghiera che mi hai assicurato. La ricambio di cuore e ti benedico.
Padre Angelo