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Quesito

Carissimo Padre Angelo,
una mia cara amica e collega mi ha confessato di soffrire da molto tempo per l’assenteismo di suo marito che, ormai da anni, si concede rarissime volte sessualmente. Probabilmente vi sono dei problemi, ma egli si rifiuta di recarsi da uno psicologo, non danno motivazioni molto fondate ed esaustive sul perchè non voglia fare l’amore.
Ora, la mia amica, soffre di un doppio bisogno:
– da un lato quello meramente sessuale, ben consapevole che si potrebbe soddisfare con qualche scappatella, ma sa benissimo che è sbagliato e che non vorrebbe farlo (cosa che le ho già detto anche io)
– dall’altro sente il bisogno, forte, di fare l’amore col proprio marito, con la persona che ama e che è padre dei suoi figli.
Da parte di lui c’è il rifiuto totale a qualsiasi terapia psicologica, di coppia o singolarmente; il matrimonio è reso sterile, in questo senso, dal marito.
Che provvedimenti posso consigliare di  prendere alla mia amica?
Il matrimonio è inscindibile essendo rato e consumato. Che fare allora?
La ringrazio anticipatamente della risposta.
Che la Gloria del Signore illumini sempre la sua mente e il suo cuore quando risponde ai nostri quesiti.
M.


Risposta del sacerdote

Carissimo M.,
1. bisognerebbe ricordare al marito che dal momento in cui si è sposato non è più arbitro di se stesso, come ricorda San Paolo: “Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie” (1 Cor 7,3-4).
I teologi dicono che si tratta di un obbligo di giustizia, assunto con il patto coniugale.
È vero che il gesto di intimità coniugale è l’espressione tipica dell’amore sponsale e che di sua natura non debba essere fatto per forza.
Ciò non gli toglie, però, il carattere di cosa dovuta nei confronti dell’altro coniuge.

2. Come l’amore tra gli sposi in virtù del patto coniugale da gratuito diviene dovuto, così diventano “dovute” anche determinate azioni appartenenti alla convivenza coniugale.
Se non si adempie a tale obbligo ordinariamente ne derivano gravi conseguenze come il raffreddamento dell’amore reciproco, la possibile incontinenza e infedeltà dell’altro coniuge, ecc.
Il rifiuto permanente e immotivato a una ragionevole richiesta secondo i teologi può raggiungere il peccato grave.
Si tratta infatti di una mancanza volontaria e permanente di giustizia.
Si dice ragionevole la richiesta quando nell’intimità coniugale ci si conforma al disegno di Dio sul matrimonio e pertanto si evita la contraccezione e si tengono nel dovuto conto le condizioni fisiche e psichiche del proprio coniuge.

3. Tuttavia dalle parole che hai scritto nella tua mail si può cogliere come una sorta di blocco da parte di quest’uomo che rifiuta ogni terapia anche di carattere psicologico.
Di fronte a situazioni del genere, che evidentemente sono situazioni di limite, talvolta non c’è altra soluzione che quella di dover subire l’ingiustizia e fare un atto di offerta al Signore anche per questo diritto costantemente negato.
L’unità della famiglia vale ben più che l’astinenza dell’intimità coniugale.

4. Con grande realismo un documento del magistero della Chiesa ricorda che nella vita di tutti, sia di quanti vivono nel celibato come di quelli che vivono nel matrimonio “di fatto capitano in un modo o nell’altro per periodi di più breve o di più lunga durata, delle situazioni in cui siano indispensabili atti eroici di virtù” (Pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato, 19).

5. Nello stesso tempo da parte della moglie bisognerebbe cogliere l’occasione per sentire il richiamo a cercare qualcosa di più alto, che infine è il senso ultimo dell’intimità coniugale: l’unione con Dio.
Questa, sì, è un’intimità che sazia.

Colgo l’occasione per augurarti un felice proseguimento delle feste pasquali, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo