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Quesito
Gent.mo Padre Angelo Bellon
mi rivolgo a Lei per chiarire un dubbio che mi è sorto di recente considerando
alcuni elementi.
1) Il Codice di Diritto Canonico stabilisce che "Chi procura l’aborto
ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae" (Can. 1398)
2) Dall’entrata in vigore della legge n. 194 del 1978 conosciamo l’esatto
numero degli aborti procurati in Italia: essi sono stati, come riporta il sito
del Centro di Aiuto alla Vita di Cassino 5.437.551 dal 1978 al 2012.
3) La quasi totalità delle donne che hanno ricorso all’aborto dall’entrata in
vigore della legge è oggi presumibilmente in vita, poiché persino quelle che
nel lontano 1978 erano al limite dell’età fertile (supponiamo 45 anni) oggi
comunque non superano o superano di pochissimo gli ottant’anni.
4) Supponiamo che ciascuna donna che abbia abortito l’abbia fatto una sola
volta nella vita, anche se in realtà sappiamo che vi sono anche donne che
ricorrono all’aborto più di una volta.
Tutto questo significa che al momento ci sono in Italia circa 5.437.551 donne scomunicate? Siccome secondo l’Istat in Italia risiedevano 30.795.630 di donne al primo gennaio 2013, ciò significa che il 17,66% di loro, dunque quasi una ogni cinque, è scomunicato? E se volessimo escludere dal totale delle donne quelle che già all’entrata in vigore della legge non erano più nell’età fertile (dunque oggi di età superiore agli ottant’anni), così come quelle che ad oggi non vi sono ancora entrate (supponiamo di età inferiore ai 14), significa che il 21,9% delle donne in questa fascia d’età è oggi scomunicato, dunque più di una su cinque?
Ci tengo a precisare che rivolgo questa domanda senza alcun intento giudicatorio, ma unicamente per avere conferma di quella che mi sembra una situazione davvero ragguardevole.
RingraziandoLa per la Sua disponibilità e augurandoLe sinceramente di proseguire la Sua missione, La saluto cordialmente.
Gabriele
Risposta del sacerdote
Caro Gabriele,
i conti che hai fatto non sono esatti per diversi motivi.
1. Il primo motivo: secondo il codice di diritto canonico sono scomunicate non solo le donne che abortiscono, ma anche tutti coloro che in vario modo cooperano.
Il canone 1398 dice infatti: “Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae”.
Ora l’aborto può essere procurato per il consiglio determinante di altre persone e soprattutto per l’opera dei medici e degli infermieri.
Sotto questo aspetto tu potresti dire che la situazione diventa ancora più grave.
Ma non è così.
2. Infatti Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae dice che questa pena “colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato” (EV 62).
Pertanto tutte le persone che hanno cooperato per l’aborto sono scomunicate solo nella misura in cui erano a conoscenza delle scomunica.
Anche la Conferenza episcopale italiana nell’istruzione pastorale dell’8.12.1978 ricorda che tra le condizioni per incorrere nella scomunica vi è la conoscenza dell’esistenza di questa stessa pena”.
Ora quanti non sanno che all’aborto è annessa una scomunica riservata al vescovo!
Il numero da te indicato diminuisce allora vertiginosamente.
3. Infine va ricordato che la scomunica non è a vita. Ma può essere tolta mediante la confessione fatta a sacerdoti che dal Vescovo o in forza del diritto canonico hanno la facoltà di toglierla.
Sicché il numero diminuisce ancora in modo tale che ogni statistica su questo punto non è neanche indicativa.
4. I dati che hai fornito invece sono indicativi di un altro fatto: che un numero molto grande di donne vive interiormente il dramma dell’aborto.
Dall’esperienza che ho ricavato dal confessionale posso dire che non c’è niente di paragonabile a questo dramma che non finisce mai, perché nonostante il perdono di Dio e il cambiamento di vita queste donne continuano a sentirsi in colpa.
Sicché, quando sento una donna che mi dice che ha abortito, mi viene da piangere. E, anche se non piango, sento una tristezza che in quel momento mi ferisce profondamente. Mi pare di essere partecipe della loro sofferenza attuale e anche di quella che accompagnerà la loro vita.
5. Desidero infine ricordare il significato della scomunica che per di per se stessa non ha carattere punitivo, ma preventivo e medicinale.
Giovanni Paolo II sempre nell’Evangelium vitae scrive: “La Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione.
Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza” (EV 62).
Ti ringrazio degli auguri che mi hai fatto. Li ricambio con l’assicurazione di un ricordo nella preghiera e nella celebrazione della S. Messa.
Ti benedico.
Padre Angelo