Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Quesito
Caro Padre Angelo,
sono a scriverle in qualità di evangelico in “crisi” o, per meglio dire, in dubbio…….mi spiego meglio: negli ultimi mesi ho studiato molto, davvero molto la dottrina cattolica circa i temi che più hanno diviso il mondo protestante da quello cattolico, specificando che sono stato spinto a questi studi perché non ho nessuna difficoltà nel riconoscere che nella Chiesa Cattolica ho spesso riscontrato una profondità ed una saggezza che mi hanno colpito ed affascinato, così come riconosco senza ipocrisie i limiti della confessione alla quale al momento ancora appartengo, ad iniziare dal disconoscimento per me eccessivo della Tradizione, da una visione certamente incompleta dell’Eucaristia fino ad altre tematiche sulle quali certamente il pensiero riformato zoppica ed accusa leggerezze non indifferenti.
Devo però riconoscere che continuo ad arenarmi sui temi più “caldi” di questa dolorosa disputa, e sono qui con umiltà a chiedere il suo supporto per questo mio percorso spirituale……vedo (giusto come esempio) che nel vs. sito chiamate Avvocata Maria, e mi chiedo…non è scritto che è Gesù stesso ad essere il nostro avvocato presso il trono del Padre? Mi rendo conto, non lo nego, che vi sono passi biblici a supporto delle posizioni cattoliche circa Maria, dall’episodio di Cana fino alla Sua presenza sotto la croce, ed è proprio per questo che entro in crisi, su questo come in altri argomenti: da un lato la posizione evangelica mi pare ristretta e spesso cieca di fronte e determinati passi delle Scritture, forse soprattutto riguardo alle parole di Cristo a Pietro così come ai citati passi riguardanti Maria, e questo mi spinge ad approfondire, ma al contempo permane la fortissima impressione che la Tradizione Cattolica si sia spinta “troppo oltre” nello stigmatizzare alcuni dogmi mariani o altro, prendendo posizioni che passano da un mistero che è effettivamente tale per tramutarlo in definizioni troppo radicali, quali i tanti epiteti riservati alla Vergine, la Comunione dei Santi ormai trapassati, il Purgatorio (dottrina che, libro dei Maccabei a parte mi pare fondata su davvero pochissimi spunti…), la Transustanziazione,..…insomma,…….mi viene da dire “c’è del giusto ma c’è del troppo”, per spiegarmi bene……e sono arenato su queste posizioni da mesi…..riconosco le profondità del cattolicesimo senza riuscire però ad aderirvi con convinzione proprio per il permanere di questa sensazione di “eccesso” nel prendere posizioni dogmatiche per me non del tutto giustificabili………
Se può, gradirei tanto i suoi consigli ed il suo supporto.
Con profonda stima la saluto.
…
Risposta del sacerdote
Carissimo,
finalmente un evangelico che vuole approfondire, dialogare, discutere.
Permettimi la franchezza: è una rarità. Perché nella corrispondenza privata sono numerosi gli evangelici che pongono problemi. Io do la risposta.
Ma alla risposta che do non replicano. Io desidererei che la confutassero con tanto di argomenti.
Invece rispondono dicendo le stesse cose che mi avevano scritto precedentemente.
E così danno l’impressione di non averla letta o di non averla capita.
Grazie dunque per la gentilezza e per il modo in cui presenti i quesiti, che non sono pochi.
1. Vengo ai titoli mariani.
Sono molti, come ben sai. Basta leggere le Litanie lauretane e ne trovi cinquanta.
Nelle Litanie dell’Ordine domenicano ce ne sono più di 100.
Ma i dogmi mariani sono solo quattro: maternità divina di Maria, immacolata concezione, verginità perpetua e assunzione.
Gli altri sono titoli dati alla Madonna, che hanno un loro fondamento.
2. Il fondamento è presto detto nei seguenti termini teologici:
– dal momento che Gesù Cristo è venuto per elevarci all’altissima dignità di figli di Dio,
– dal momento che Gesù Cristo è figlio per natura e noi figli per grazia o adozione,
– tutto ciò che Gesù Cristo è per natura, i cristiani sono chiamati a diventarlo per grazia.
3. Allora Gesù è avvocato presso il Padre?
Lo possiamo e lo dobbiamo essere anche noi.
E di fatto lo siamo quando preghiamo oppure offriamo le nostre azioni e sofferenze per i nostri fratelli.
Tuttavia Maria è avvocata in maniera molto più forte di noi a motivo della sua sublime santità, della sua ardentissima carità e, soprattutto, del ruolo che è stata chiamata a svolgere.
Gesù dalla croce le ha detto in riferimento a Giovanni (che rappresentava ognuno di noi): “Donna, ecco tuo figlio”.
Ebbene, nella sua vocazione e nel suo compito di essere madre vuoi che non preghi e che non faccia da avvocata per i suoi figli?
Che Madre sarebbe se non lo facesse?
4. Circa “la Comunione dei Santi ormai trapassati”.
Sì, sono trapassati da questo mondo visibile, ma stanno davanti a Dio.
Se ci hanno amato di qua, perché non possono amarci di là?
San Domenico prima di morire disse ai suoi frati che piangevano: “Non piangete, vi sarà di aiuto più di là che di qua”.
Il Signore ha detto a quelli che avrebbe trovato ancora svegli al momento del suo arrivo che li avrebbe fatti sedere a tavola e Lui sarebbe passato a servirli.
Ecco il ragionamento: se il Signore ha dato soddisfazione ai loro desideri di bene nei nostri confronti quando erano ancora di qua, perché non dovrebbe dare soddisfazione ai loro desideri di bene nei nostri confronti adesso che sono direttamente serviti da Lui?
Se il Signore ha messo a disposizione di una moltitudine i cinque pane e di due pesci dati da un ragazzino, perché non può mettere a nostra disposizione i meriti e le preghiere dei Santi?
5. Sul Purgatorio ti riporto un passo dell’enciclica Spe salvi di Benedetto XVI:
“Poi Paolo continua: « Se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco» (1 Cor 3,12-15).
In questo testo, in ogni caso, diventa evidente che il salvamento degli uomini può avere forme diverse; che alcune cose edificate possono bruciare fino in fondo; che per salvarsi bisogna attraversare in prima persona il «fuoco» per diventare definitivamente capaci di Dio e poter prendere posto alla tavola dell’eterno banchetto nuziale” (Spe salvi 46).
Poi continua: “Alcuni teologi recenti sono dell’avviso che il fuoco che brucia e insieme salva sia Cristo stesso, il Giudice e Salvatore.
L’incontro con Lui è l’atto decisivo del Giudizio. Davanti al suo sguardo si fonde ogni falsità. È l’incontro con Lui che, bruciandoci, ci trasforma e ci libera per farci diventare veramente noi stessi. Le cose edificate durante la vita possono allora rivelarsi paglia secca, vuota millanteria e crollare. Ma nel dolore di questo incontro, in cui l’impuro ed il malsano del nostro essere si rendono a noi evidenti, sta la salvezza. Il suo sguardo, il tocco del suo cuore ci risana mediante una trasformazione certamente dolorosa «come attraverso il fuoco».
È, tuttavia, un dolore beato, in cui il potere santo del suo amore ci penetra come fiamma, consentendoci alla fine di essere totalmente noi stessi e con ciò totalmente di Dio.
Così si rende evidente anche la compenetrazione di giustizia e grazia: il nostro modo di vivere non è irrilevante, ma la nostra sporcizia non ci macchia eternamente, se almeno siamo rimasti protesi verso Cristo, verso la verità e verso l’amore.
In fin dei conti, questa sporcizia è già stata bruciata nella Passione di Cristo.
Nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo questo prevalere del suo amore su tutto il male nel mondo ed in noi.
Il dolore dell’amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia.
È chiaro che la «durata» di questo bruciare che trasforma non la possiamo calcolare con le misure cronometriche di questo mondo. Il «momento» trasformatore di questo incontro sfugge al cronometraggio terreno – è tempo del cuore, tempo del « passaggio » alla comunione con Dio nel Corpo di Cristo (Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1030-1032)” (Spe salvi 47).
Non ti pare una buona riflessione sulle parole di Paolo?
6. Ti chiedo ancora un atto di carità, a costo di essere lungo.
Ma si tratta di una pagina meravigliosamente cristiana sui rapporti tra noi e i nostri defunti
Ecco che cosa scrive Benedetto XVI nella medesima enciclica:
“Un motivo ancora deve essere qui menzionato, perché è importante per la prassi della speranza cristiana.
Nell’antico giudaismo esiste pure il pensiero che si possa venire in aiuto ai defunti nella loro condizione intermedia per mezzo della preghiera (cfr per esempio 2 Mac 12,38-45: I secolo a.C.).
La prassi corrispondente è stata adottata dai cristiani con molta naturalezza ed è comune alla Chiesa orientale ed occidentale.
L’Oriente non conosce una sofferenza purificatrice ed espiatrice delle anime nell’«aldilà», ma conosce, sì, diversi gradi di beatitudine o anche di sofferenza nella condizione intermedia. Alle anime dei defunti, tuttavia, può essere dato «ristoro e refrigerio» mediante l’Eucaristia, la preghiera e l’elemosina.
Che l’amore possa giungere fin nell’aldilà, che sia possibile un vicendevole dare e ricevere, nel quale rimaniamo legati gli uni agli altri con vincoli di affetto oltre il confine della morte – questa è stata una convinzione fondamentale della cristianità attraverso tutti i secoli e resta anche oggi una confortante esperienza.
Chi non proverebbe il bisogno di far giungere ai propri cari già partiti per l’aldilà un segno di bontà, di gratitudine o anche di richiesta di perdono?
Ora ci si potrebbe domandare ulteriormente: se il «purgatorio» è semplicemente l’essere purificati mediante il fuoco nell’incontro con il Signore, Giudice e Salvatore, come può allora intervenire una terza persona, anche se particolarmente vicina all’altra? Quando poniamo una simile domanda, dovremmo renderci conto che nessun uomo è una monade chiusa in se stessa. Le nostre esistenze sono in profonda comunione tra loro, mediante molteplici interazioni sono concatenate una con l’altra. Nessuno vive da solo. Nessuno pecca da solo. Nessuno viene salvato da solo. Continuamente entra nella mia vita quella degli altri: in ciò che penso, dico, faccio, opero. E viceversa, la mia vita entra in quella degli altri: nel male come nel bene.
Così la mia intercessione per l’altro non è affatto una cosa a lui estranea, una cosa esterna, neppure dopo la morte.
Nell’intreccio dell’essere, il mio ringraziamento a lui, la mia preghiera per lui può significare una piccola tappa della sua purificazione. E con ciò non c’è bisogno di convertire il tempo terreno nel tempo di Dio: nella comunione delle anime viene superato il semplice tempo terreno.
Non è mai troppo tardi per toccare il cuore dell’altro né è mai inutile.
Così si chiarisce ulteriormente un elemento importante del concetto cristiano di speranza. La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me (CCC 1032). Da cristiani non dovremmo mai domandarci solamente: come posso salvare me stesso?
Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati e sorga anche per altri la stella della speranza?
Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale” (Spe salvi 48).
7. Circa la transustanziazione: quando Gesù ha detto “questo è il mio corpo” non ha parlato chiaro?
Non ha detto: “questo è simbolo del mio corpo”, oppure “qui c’è il mio corpo”.
Ha detto semplicemente: “Questo è il mio corpo”.
Ora non è pensabile che il pane sia il suo corpo.
Dal momento però che rimane tutto quello che del corpo si vede e si gusta, la riflessione teologica ha concluso: ciò che costituisce l’essenza (o la sostanza del pane) non c’è più. Del pane rimangono le apparenze.
Ma del resto non facciamo anche noi questa distinzione a proposito delle varie specie di pane e di vino? Ve ne sono di tantissime qualità. Ma noi andiamo al di là delle singole caratteristiche (le apparenze) e diciamo: questo è pane, questo è vino. La sostanza è la stessa.
Ecco, carissimo, alcune riflessioni su temi che meritano ben di più.
Ma in un botta e risposta ragionato e da pubblicare per la lettura dei nostri visitatori per ora basta così.
Ti ringrazio ancora per la ragionevolezza del tuo modo di presentare le difficoltà, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo