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Quesito

Caro Padre Angelo,
un docente di Ginecologia mi ha detto che ora molti pensano che la Procreazione medicalmente assistita sia un atto terapeutico nei confronti dei genitori sterili. In pratica l’impossibilità di procreare, ad esempio, per la donna è una malattia che la Medicina ‘‘cura’ con la Procreazione Medicalmente Assistita permettendole di mettere al mondo un figlio.
Io mi sono subito opposto ma mi sarebbero davvero utilissime delle solide argomentazioni con cui poter sostenere il dibattito.
Un saluto affettuoso
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
1. l’affermazione di quel docente di ginecologia non è corretta, anzi è palesemente erronea. Ora pazienza se chi la fa non è competente, ma da un docente in ginecologia si attende un minimo di serietà e competenza.
Si parla propriamente di terapia quando si mette in atto qualcosa per guarire da un male.
Ma qui la donna non guarisce dai mali che ha. Le cause che le impedivano la gravidanza non vengono rimosse, ma vengono semplicemente aggirate e al costo di diversi disturbi.
Infatti è certo che le tecniche di procreazione assistita come la Fivet, oltre a non essere terapeutiche, causano molti mali alla donna.
Pensa a quelli causati dalla iperstimolazione ovarica.
Pensa alle gravidanze plurime, alla possibilità di gravidanze ectopiche (extrauterine).
Pensa al rischio di cancro ovarico per i trattamenti contro l’infertilità, al rischio di alterazioni cromosomiche causate dall’iperstimolazione, all’aumento del tasso di morbilità sia per la donna che per il nascituro.
Quando dico rischio non mi riferisco a semplici timori, perché tutto questo lo sappiamo dai dati riscontrabili ovunque.

2. Tu mi chiedi argomentazioni solidissime. Il tuo ginecologo dovrebbe conoscere i rischi cui va incontro la donna.
Per non farla troppo lunga, mi limito alle anomalie cromosomiche, riportandoti quanto scrive un competente in materia, A. G. Spagnolo, in Bioetica nella ricerca e nella prassi medica:
“La stimolazione ovarica viene fatta mediante somministrazione di hCG o di clomifene citrato o di entrambi. La dose e la modalità di somministrazione di questi farmaci ha indotto a pensare che questo possa essere la causa della elevata incidenza di anomalie cromosomiche negli oociti e di conseguenza della bassa percentuale di successo della fecondazione in vitro.
Alle alterazioni cromosomiche dei gameti bisogna aggiungere, come causa di fallimento, anche le anomalie nel processo di fecondazione: nel 5-10% dei casi le ovocellule fertilizzate in vitro presentavano tre pronuclei che sono incompatibili con lo sviluppo di un embrione normale.
Per valutare questa ipotesi un gruppo di ricercatori svedesi ha studiato la incidenza ed il tipo di anomalie cromosomiche (per numero) negli oociti prelevati in laparoscopia, da follicoli preovulatori in 17 donne stimolate con il clomifene citrato per motivi di sterilità.
Dopo il prelievo di 23 ovocellule, che sono state studiate con una nuova tecnica di fissazione graduale, si è vista la seguente situazione: 17 ovocellule avevano un numero di cromosomi nel range aploide (da 19 a 25 in seconda metafase); 4 ovocellule avevano soltanto 15 cromosomi; 1 ovocellula aveva 23 cromosomi bivalenti in prima metafase; una ovocellula non era analizzabile.
Tra i 17 ovociti con un numero di cromosomi nel range aploide, 9 avevano un set aploide di 23 cromosomi apparentemente normale; 2 avevano 1 o 2 cromosomi soprannumerari; 3 avevano 24 cromosomi in meno e altri 3 avevano un totale di 23 cromosomi ma che non si potevano determinare con certezza” (p. 494).

Caro Alessandro, il discorso diventerebbe ancora più lungo se si volesse parlare dei danni al nascituro, perché la stragrande maggioranza die concepiti in vitro muore nel percorso dalla fecondazione al parto. E poi anche quelli che nascono sono più soggetti a nascere sottopeso, a mortalità perinatale e a mortilità varie.
E senza entrare in merito ai giudizi fortemente negativi sul piano etico.

Ti ringrazio per il quesito, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo