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Caro padre Angelo,
da sempre leggo la vostra rubrica con interesse. Vi espongo il mio dubbio. Un anno fa emisi un voto privato di un pellegrinaggio a s. Pietro, considerando la facilità per me della sua attuazione, visto che ho uno zio che vive nelle vicinanze di Roma e la sua richiesta di essere andato a trovare.
In questo anno più volte mi sono proposto di andare a trovare questo zio e compiere il pellegrinaggio ma per motivi vari mi ha sempre detto di rimandare facendomi presagire la non disponibilità ad ospitarmi in quel momento.
Nel frattempo è venuta meno anche la disponibilità della piccola somma necessaria al viaggio, perché quei pochi risparmi necessari li ho dovuti prestare ai miei genitori per esigenze familiari e ancora non mi sono stati restituiti.
Avevo pensato di commutare il pellegrinaggio nella partecipazione alla Messa Crismale e a tutti i riti della Settimana Santa (ad alcuni dei quali non partecipo normalmente) più del mese di Maggio, (cose che ho fatto e sto facendo), ma mi trovo in balia degli scrupoli,e non vorrei fare peccato.
Vi ringrazio in anticipo per l’attenzione e la pazienza, vorrei che la mia mail non venisse pubblicata.
Vi ricordo nella preghiera.
Francesco


Caro Francesco,
1. colgo l’occasione della tua mail per dire qualche cosa sul voto.
In se stesso il voto viene definito come la promessa fatta a Dio di un bene possibile e migliore.
È un legarsi, un obbligarsi davanti a Dio.
“È un atto di devozione” come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 2102).

2. Nella Scrittura si accenna varie volte al voto e si chiede di essere fedeli al Signore in  quanto si promesso.
Ecco alcune affermazioni: “Quando hai fatto un voto a Dio, non tardare a soddisfarlo, perché a lui non piace il comportamento degli stolti: adempi quello che hai promesso” (Qo 5,3).
“Fate voti al Signore, vostro Dio, e adempiteli, quanti lo circondano portino doni al Terribile” (Sal 76,12).
“Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo” (Sal 116,14).
Giacobbe, ad esempio, promise di costruire a Dio una casa in Betel e di dargli una tenda se gli fosse stato concesso un ritorno sicuro nella casa di suo padre (Gn 28,20-22).
Anna promise di portare il figlio al tempio qualora avesse ricevuto la grazia della maternità (1 Sam l,l0ss).
In At 18,18 si parla della soddisfazione di un voto da parte di Paolo.

3. Oggetto del voto può essere un pellegrinaggio, un’elemosina, l’esercizio di una  virtù, una pratica religiosa e anche una rinuncia.
Viene fatto per vari motivi.
Talvolta è per legarsi maggiormente a Dio, come avviene quando ci si impegna in determinate pratiche di preghiera.
Talaltra per rinforzare una determinata domanda o preghiera.
Altre volte per ringraziare per una grazia ricevuta, indipendentemente dall’averla richiesta.
Oppure anche per esprimere un impegno maggiore nella consacrazione a Dio, come avviene per l’esercizio di determinate virtù.

4. Il voto, pur essendo una promessa fatta a Dio, non giova direttamente a Dio, ma all’uomo: “Il motivo per cui si promette una cosa a Dio è diverso da quello per cui si promette ad un uomo. All’uomo infatti si promette qualche cosa per la sua utilità. E gli è vantaggioso tanto il dono quanto la certezza con cui glielo garantiamo.
Ma la promessa che facciamo a Dio non ha di mira il vantaggio suo, bensì il nostro. Ecco perché S. Agostino diceva: ‘Egli è un creditore benevolo non già bisognoso: il quale non arricchisce per il saldo dei suoi crediti, ma fa arricchire in sé coloro che saldano’.
E come ciò che diamo a Dio non è vantaggioso per lui, bensì per noi, poiché ‘quanto gli si rende viene rifuso al debitore’, così la promessa stessa con la quale a Dio facciamo un voto risulta utile non a lui, il quale non ha bisogno della nostra assicurazione, ma a noi, poiché con i voti determiniamo immutabilmente la nostra volontà a cose che meritano di essere compiute” 8 s. tommaso, Somma Teologica, II-II, 88, 4).

5. Per l’impegno che ci si assume il voto deve essere sempre fatto in maniera prudente e responsabile.
I voti possono essere pubblici o privati.
Sono pubblici i voti che vengono accolti ufficialmente dalla Chiesa come avviene nei riti di consacrazione che alcuni fanno diventando frati o suore e professando povertà, castità e obbedienza.
Per costoro la Chiesa chiede che abbiano almeno 18 anni.
Sono privati i voti che uno fa per conto proprio o nelle mani del confessore o direttore spirituale.
Anche per i voti privati che ognuno delibera nel proprio cuore si consiglia vivamente di farli sempre con il consiglio del confessore, il quale aiuta a valutarne l’opportunità e a circoscriverli nella loro consistenza, nel tempo dell’obbligazione e in altre circostanze.

6. Ad esempio nel caso del nostro visitatore che ha fatto il voto di andare in pellegrinaggio a Roma sarebbe stato utile che avesse determinato entro quanto tempo.
Farlo in maniera generica significa che vincola per sempre.
Ma poiché noi non sappiamo quello che succede in futuro, ad esempio uno si trasferisce con la famiglia in Australia, le circostanze possono rendere il voto più gravoso di quanto non fosse previsto.

7. Per questo il voto può cessare da se stesso oppure può essere commutato o dispensato.
Nel caso del nostro visitatore il voto è cessato da se stesso (per motivi intrinseci) perché lo ha fatto mentre aveva una discreta possibilità economica per compierlo. Venuta meno questa possibilità, è venuto meno anche l’obbligo del voto.
Ugualmente il voto viene meno da se stesso quando si fissa una determinata data. Ma se sopraggiunge un motivo grave che impedisce l’esecuzione del voto (come l’assistenza a parenti gravemente infermi) il voto cessa.

8. Il voto può cessare anche per motivi estrinseci perché viene annullato o dispensato da chi ne ha l’autorità.
Per la dispensa dai voti privati è necessario ricorrere almeno al parroco o a chi ne ha ricevuto la potestà, come ad esempio i superiori nei confronti di coloro che sono loro soggetti (can. 1196).

9. Talvolta invece il voto può essere sostituito. In questo caso si parla di commutazione del voto.
La commutazione di un voto privato può farla il singolo stesso se cambia l’opera promessa in un bene uguale o più grande.
Deve invece ricorrere almeno al parroco per commutarla in un bene inferiore o per esserne del tutto dispensato (can. 1197).

10. Come ho rilevato, il nostro visitatore non ha circostanziato i limiti di tempo.
Sotto questo aspetto se le circostanze tornano ad essere favorevoli, di per sé il voto tornerebbe ad obbligare, a meno che in cuor proprio intendesse di fare il voto entro un certo periodo di tempo.

11. Se è così, e cioè intendeva compierlo in tempi abbastanza ravvicinati, non era necessario ricorrere alla commutazione.
La quale però, per come è stata pensata ed eseguita, è risultata certamente gradita a Dio, meritoria e santificante.

12. Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di spiegarmi su un tema circa il quale mi trovo a rispondere privatamente molto spesso ai diversi nostri visitatori.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo