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Quesito

Caro Padre Angelo,
avrei una domanda diciamo… di apologetica. Per quella che è la mia esperienza, io credo che quelli che non credono in Dio non siano poi così tanti. Molti credono in Dio o cmq in qualche forma di trascendenza, forme che certamente non hanno nulla a che vedere con la religione cattolica ma che se non altro sono espressione di un desiderio di assoluto, di una ricerca di qualcosa che va al di là del mondo sensibile.
Il vero problema secondo me è rappresentato da tutti quelli che mostrano odio verso la chiesa cattolica, e sono davvero tanti, anche tra i credenti. Tutte le volte che parlo con qualcuno di fede, di Cristo, di valori e di moralità lo scoglio è sempre lo stesso: il Vaticano, il Papa, la gerarchia.
Il problema quindi non è chi non crede in Dio, ma chi, pur disposto a credere, odia la Chiesa intesa però non come la comunità dei credenti, ma come “il Vaticano”, “il Papa”, le gerarchie.
Dunque, come difendere la Chiesa? quali sono le ragioni per cui la Chiesa va difesa? Certo, molto spesso si fa del male da sola, a volte mi fa veramente arrabbiare eppure la amo perchè so che da Lei viene la salvezza, la grazia dei sacramenti, soprattutto l’Eucarestia che è il più importante. Ma quali ragioni possiamo portare a chi la odia così tanto? Ci deve pur essere una via razionale..
La ringrazio!
Alberto


Risposta del sacerdote

Caro Alberto,
1. quelli che praticano la Chiesa e ne ricevono i sacramenti non hanno animosità contro la Chiesa.
Vedono i loro sacerdoti e gli altri credenti. E con loro vivono in comunione di fede e di azione.
Stando all’interno della Chiesa imparano a tenere lo sguardo fisso su Gesù Cristo, autore della nostra salvezza, si nutrono della sua parola, stanno in comunione con Lui, con la sua preghiera e con gli eventi della sua vita.
Vedono che tutto all’interno della Chiesa converge verso Gesù Cristo.

2. Quelli nei quali si trova astio nei confronti della Chiesa in genere sono persone che si sono già allontanate da Gesù Cristo, se non con le parole, almeno nei fatti.
Non lo incontrano nei sacramenti, non ascoltano la sua parola e non pensano minimamente di metterla in pratica, di farla diventare luce e lievito della loro condotta.
Sono critici non solo nei confronti del “Vaticano” e della gerarchia, ma anche verso le comunità ecclesiali.

3. Costoro nel loro modo di ragionare ormai sono del tutto conformi a quello che leggono o sentono in certi mezzi di comunicazione sociale che della religione colgono solo un aspetto esteriore e del tutto secondario.
Per chi va a Messa, recita il santo Rosario, si confessa, cerca di essere casto come Dio vuole… non gli interessa affatto se il Vaticano sia ricco o povero.
È tutto preoccupato della sua personale santificazione.
Non perde tempo a giudicare se i cardinali siano ricchi o poveri, ma cerca di giudicare se stesso, di riformare incessantemente la propria vita perché il Signore non gli dica: “Hai giudicato gli altri… e non sei stato capace di giudicare te stesso, di vedere se eri in stato di grazia o di peccato, se procedevi verso la salvezza eterna o verso la perdizione”.
Dobbiamo invece constatare che gli ipercritici in genere sono persone che non vivono secondo le premesse fondamentali della fede cristiana.

4. Con queste persone che cosa si può fare?
Le strade sono diverse.
La prima è quella di far loro vedere che la comunità cristiana non vive di quello di cui loro parlano. È intenta a tutt’altro.
Sarebbe sufficiente che facessero solo un piccolo passo per vedere come si vive all’interno di una comunità cristiana, di una parrocchia.
Allora si accorgerebbero che i problemi preminenti di una comunità sono l’evangelizzazione e  la catechesi in tutte le loro forme, la santificazione dei fedeli attraverso la preghiera e la celebrazione dei sacramenti, la vita della comunità orientata verso Dio e verso l’amore dei fratelli, soprattutto dei più bisognosi.
La seconda consiste nel dire loro che ciò di cui parlano sono faccende che riguardano la coscienza di altri e che prima di giudicare dobbiamo essere certi di quello che diciamo.
E che quando ci incontreremo col buon Dio non saremo giudicati sul Vaticano o sul comportamento della gerarchia, ma sul nostro personale comportamento, anche del più nascosto, e sul nostro stato di grazia.
La terza è la più difficile, ma senza dubbio la più efficace: pregare e fare penitenza per la loro conversione.
La conversione del nostro prossimo esige, sì, l’annuncio della parola e di una parola convicente. Ma soprattutto richiede che si imiti Gesù il quale prima di predicare si è ritirato nel deserto e con la preghiera e con il digiuno ha meritato che i cuori degli uomini avessero la forza di aprirsi all’annuncio del Vangelo.

5. In questa situazione tuttavia noi credenti dobbiamo fare di tutto perché davanti agli uomini risplenda il vero volto della Chiesa.
Penso a quanto san Domenico diceva ai Legati pontifici che andavano a discutere con gli eretici in pompa magna: “non è così che si deve fare, ma si deve opporre chiodo a chiodo, le vere virtù alle false virtù”.
I Legati pontifici si dovettero arrendere di fronte al loro insuccesso.
San Domenico invece, con i suoi frati, manifestando il modo di vivere degli apostoli e accompagnandolo con una solida dottrina, ha sconfitto le eresie del tempo e con il suo Ordine ha introdotto all’interno della Chiesa un torrente di grazia, di luce e di santificazione per molti.
Ognuno di noi, per la propria parte, deve sentirsi impegnato a riformare in continuazione se stesso, convinto che questa è la strada insostituibile per la riforma altrui.

6. Infine potresti dire ai tuoi interlocutori: perché aspettate che siano gli altri a muoversi per la riforma della Chiesa?
Perché non vi muovete voi a riformare la Chiesa con integrità di vita, con santità di condotta, come hanno fatto San Domenico e San Francesco?

Come vedi, in queste critiche siamo chiamati tutti ad una santità più alta.
Preghiamo a vicenda e preghiamo per questi nostri fratelli per ottenere per loro la caduta di quelle squame che impediscono alla loro mente di vedere il vero volto della Chiesa, segno sacro di Gesù vivo e operante in mezzo a noi.
Ti auguro buone cose e ti benedico.
Padre Angelo