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Quesito
Salve, padre Angelo.
Apprezzo molto il servizio che fa rispondendo alle tante mail che riceve, le quali, dobbiamo dirlo, appaiono consolanti per chiunque cerchi, al netto delle miserie personali, di condurre una vita quanto più uniforme alla volontà di Nostro Signore.
Gradirei esporLe un problema di carattere morale che, ultimamente, mi sta dando qualche tribolazione, nella speranza che abbia tempo da dedicarmi.
Acconsento ad una eventuale pubblicazione di questa mail, a patto che vengano omesse le informazioni personali (nome, cognome, luogo di provenienza…)
Da circa quattro anni mi sono convertito. Non che prima facessi parte di chissà quale confessione religiosa, ma, intorno ai quattordici anni, iniziai a nutrire forte avversione – e poi un rinnegamento totale – nei confronti di tutto ciò che riguardava il Cattolicesimo, anche grazie – o meglio: a disgrazia – di un mio compagno di classe, figlio di intelettualoidi agnostici/deisti/animisti (insomma: quei tipi troppo liberi per sottostare ai dogmi) che, a suon di sofismi, sembravano saperla più lunga dei cattolici in salsa: “Credo in Dio perché
mi fa stare bene”. Non mi dilungo nel proporre una cronistoria della mia conversione, anche perché è avvenuto tutto in maniera graduale e, ritengo, finirà con la mia morte.
Circa tre/quattro anni fa, mi confessai per la prima volta da adulto durante la visita di un Santuario mariano sito fuori dalla mia regione. “Padre, è possibile confessarsi?” dissi fermando il sacerdote li presente. Una confessione molto istintiva, nella quale mi accusai principalmente di aver vissuto per anni rinnegando Cristo e Chiesa. Confessione non proprio da manuale, ma fatta con cuore realmente pentito. Non so descrivere la sensazione di leggerezza e purezza che ne conseguì. Rientrato nel mio territorio, decisi di provare a seguire questa via che porta al Regno dei Cieli. Ora, abito in un piccolo paesino sperduto. Le Messe sono celebrate con il contagocce ed i confessionali li troviamo aperti solo in prossimità di qualche festa solenne (Natale, Pasqua ecc…). Per tale motivo, girando nei comuni limitrofi, venni a conoscenza di un sacerdote che, un quarto d’ora prima della Santa
Messa, si mette a disposizione dei fedeli per confessare. Approfittai di ciò che la Provvidenza disponeva e fu così che trovai il mio confessore.
Nei primi tempi, due peccati gravi mi attanagliavano quotidianamente – o quasi – : masturbazione e pornografia. Ma grazie alla preghiera, confessione settimanale e Comunione in stato di grazia, seppur continuando a vigilare, mi sono levato di dosso quel sudiciume.
Passiamo al nocciolo del discorso: fra i miei peccati di impurità passati, ce n’è uno veramente grave che ha come oggetto una perversione orribile, poco conosciuta. Ho compiuto tale peccato circa tre/quattro volte intorno ai 17/18 anni, più per un desiderio di trasgressione che per un’affezione a tale pratica e mi sembra, in due di quelle occasioni, accentuato dall’abuso di alcol e – forse – droghe.
Nelle prime confessioni mi accusai di essermi abbandonato a impurità gravemente perverse (in realtà senza ricordare nemmeno più gli atti
specifici che, per molto tempo, ho rimosso dalla memoria) e non mi fu chiesto nulla in merito.
Tempo dopo, a seguito di svariate letture spirituali, ripensai a quel peccato e mi venne in mente nel corso di una confessione. Sapevo benissimo che tacere volontariamente un peccato mortale comporta un sacrilegio e l’idea mi terrorizzava. D’altro canto, in cuor mio, desideravo che non fosse necessario accusare un qualcosa che faceva parte di un passato lontano e mi inorridiva nel presente. Iniziai, in preda all’agitazione, a spendere fiumi di parole. Manifestai sicuramente male le mie perplessità. Dissi che ero angosciato circa
i miei peccati passati, dubbioso. Probabilmente il mio confessore lo intese come uno scrupolo (essendo, io, di carattere abbastanza ansioso). Ricordo che gli chiesi se dovessi accusare peccati passati o se fosse stato sufficiente quella prima confessione da adulto (forse mi scappò un’espressione erronea “confessione generale” invece che “generica”).
Comunque, alla domanda: “Padre, quindi devo esaminarmi e accusare i peccati dall’ ultima confessione e lasciar stare il passato?”(dissi un qualcosa di simile) mi rispose affermativamente, ricordandomi che gli scrupoli possono venire da Satana. Sarà che la Messa stava per iniziare e fuori dal confessionale qualcuno ancora aspettava, sarà che spesi tante parole per, a conti fatti, dire un bel nulla… ad ogni modo, ringraziai, ricevetti l’assoluzione e per un certo periodo di tempo rimasi sereno.
Successivamente, lessi che l’accusa dei peccati mortali – dal Battesimo al presente – è di diritto divino. Tutto mi fu più chiaro. Durante la Settimana Santa, finalmente consapevole di come confessarsi, mi recai nel santuario e dal sacerdote che mi confessò la prima volta (trovandomi in quelle zone in ferie) e dissi tutto. La sensazione di grazia fu tale che, spero di non dare scandalo, una volta uscito pensai “posso anche morire”.
Caro padre Angelo, perché le sto scrivendo? Perché ultimamente, ripenso a quella confessione in cui non accusai adeguatamente il peccato. L’avevo rimossa dalla memoria. Credo di averla intesa come frutto di una mia ignoranza. Ma quel senso di vergogna e desiderio che non fosse necessario accusarsi di quel peccato… mi dà da pensare. Padre, dubito di me stesso. Temo di aver offeso Nostro Signore ed il suo Sacrificio. Ricordo che, la settimana dopo, rientrato dalla visita al santuario, comunicai al mio confessore che mi ero andato a confessare accusando i peccati mortali del passato che mi venivano in mente e, lui, ne fu compiaciuto.
Ma, fino ad oggi, non ho mai messo in dubbio la mia colpevolezza circa l’omissione volontaria di quel peccato mortale, in quella confessione.
Padre Angelo, come mi devo comportare? Nel corso della prossima confessione, devo accusarmi di un qualcosa di specifico? Se sì, come manifestarlo adeguatamente?
Ho nel cuore il desiderio di vita eterna.
Speranzoso di una sua preziosa risposta.
Dio la benedica.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. sono contento del tuo ritorno alla pratica dei sacramenti, sia della Santa Messa sia della confessione.
Ti sarai accorto di quanto siano indispensabili per vivere tenendo lo sguardo fisso sull’obiettivo al quale siamo chiamati: la santificazione.
Sono contento anche che ti sei liberato di quella realtà che con una parola particolarmente significativa hai chiamato “sudiciume”.
Ormai vivi una vita nuova e senti che vale la pena vivere così.
Mi permetto di consigliarti la confessione frequente, anche qualora non ci fossero peccati gravi. È troppo importante per mantenersi interiormente freschi.
2. Venendo al peccato che hai commesso, le parole che hai usato in confessione facevano comprendere di che cosa si trattasse. La specie del peccato era ben chiara, anche se non era precisissima.
Pertanto di per sé non era necessaria una nuova confessione.
3. Ti sei angustiato molto per tale questione, nonostante un confessore ti avesse detto di non tornare sul passato.
Poi te ne sei confessato ugualmente e ne sei uscito con un grandissimo sollievo.
Il Signore ha premiato la tua umiltà.
4. Tora ti chiederei di non tornare più sul passato e su quella confessione perché quel tormento non viene da Dio ma da colui che è geloso della nostra serenità e della nostra pace interiore.
Se ti assale qualche apprensione per il passato, approfittane subito per gettarti nella misericordia del Signore. Ripeti anche tu ciò che la chiesa canta nel
Te Deum: in Te, Domine, speravi. Non confundar in aeternum (In te, Signore, ho confidato. Che io non sia confuso in eterno).
5. Approfitto della tua mail per ribadire quanto siano preziose le risorse di cui hai fruito (preghiera, confessione settimanale e Santa Messa).
Con queste risorse hai cominciato ad assaporare un cibo sconosciuto soprattutto a chi vive in quella realtà che in termini appropriati hai chiamato sudiciume.
Sì, si tratta di un vero sudiciume che, oltre a profanare gravemente il progetto santificante di Dio sulla sessualità e sull’amore umano, rende interiormente ciechi e inquinati.
6. La preghiera, la confessione settimanale e la Santa Messa permettono di assaporare un cibo e un gusto che non sono di questo mondo.
Che, appena lo gusta, comincia ad aspirare solo a questo.
San Tommaso d’Aquino ha potuto dire per esperienza personale che “per la potenza di questo sacramento, l’anima spiritualmente si ristora per il fatto che è spiritualmente gaia e, in un certo modo, inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico (5,1): Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore” (Somma teologica, III,79,1, ad 2).
“Inebriatevi”: indica l’eccesso procurato da questa gioia e da questo cibo.
7. Per la confessione sacramentale anche tu hai sperimentato ciò che si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “In coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito” (CCC 1468).
Per questo mi piace ricordare quanto ha scritto quel grande maestro di vita spirituale qual è stato San Francesco di Sales sui vantaggi della confessione: “Con la confessione non solo riceverai l’assoluzione dei peccati, ma anche una forza per evitarli nell’avvenire, una luce più viva a ben distinguerli e una grazia abbondante per rimediare ai danni causati. Inoltre praticherai le virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, della semplicità e della carità; di modo che con una sola confessione praticherai più atti di virtù che in qualsiasi altro esercizio di pietà” (Filotea, II, cap. 19).
Ti auguro un sereno e Santo Natale, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo