Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Buona sera Padre Angelo,
le scrivo in merito ad una questione sulla quale ho riflettuto un po’ ultimamente. 
Gesù, durante il discorso notturno con Nicodemo, dice: “Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo.”
Qui “Cielo” è da intendersi come Paradiso, vero?
E se sì, mi sovviene una questione: durante la Trasfigurazione, Gesù parla con Mosè ed Elia, splendenti in quella che sembra proprio la luce del Cielo, del Paradiso.
Eppure sappiamo che formalmente le porte del Paradiso erano al momento della Trasfigurazione ancora chiuse poiché era un momento precedente al sacrificio di Cristo: tanto che, dopo che morì e fu sepolto, discese agli inferi per “aprire le porte” dell’eternità agli uomini ed anche ai grandi santi patriarchi antichi.
Dunque, tornando a capo, le parole di Gesù informerebbero che neppure Mosè ed Elia, come apparvero durante la Trasfigurazione, erano in quel momento in Paradiso bensì ancora nella condizione degli Inferi? Eppure erano veramente splendenti di una gloria “celeste”. Oppure è una sorta di immagine “al di fuori del tempo”, uno stralcio della condizione del Paradiso alla quale Mosè ed Elia sarebbero stati tratti dopo il sacrificio di Gesù?
La ringrazio e le auguro una buona serata, ricordandola con piacere alla Vergine.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. il cielo di cui parla Gesù è Dio, considerato nella sua intima essenza.

2. Cielo è sinonimo di paradiso solo in parte.
Perché anche Lazzaro fu portato dagli angeli in paradiso. Ma quel paradiso era ancora soltanto il limbo, perché Cristo non era ancora di risuscitato dai morti.
Anche il buon ladrone fu portato subito da Gesù in paradiso, ma quel paradiso non era ancora la visione beatifica perché Cristo non era ancora risuscitato dai morti. Quel paradiso era costituito da quella porzione di inferi chiamata limbo, dove Gesù scese con la sua anima dopo la crocifissione.
Quando noi oggi parliamo di paradiso invece intendiamo la visione beatifica, il cielo, che consiste nella visione soprannaturale di Dio.

3. Per cui dici bene che Mosè ed Elia in quel momento erano negli inferi, anzi in quella porzione di inferi che noi chiamiamo limbo.

4. San Tommaso si domanda in quale maniera fosse presente Mosè. Risponde dicendo che era presente come si rendono presenti gli angeli.
Vale a dire: come gli angeli si rendono visibili organizzando per se stessi un corpo, perché diversamente non potrebbero essere visti, così per ministero angelico fu formato anche il corpo di Mosè perché fosse visto da Pietro, Giacomo e Giovanni.
Ma il corpo reale di Mosè era quello che stava nel suo sepolcro.

5. San Luca dice che apparvero nella gloria, e cioè nella loro fortunata condizione di conversare con Gesù. Non dice che apparvero luminosi, splendenti di gloria celeste o che apparvero nella gloria di Dio.
Hanno visto Gesù nello splendore della sua risurrezione, ma non ancora nello splendore della sua gloria divina.

6. Si tratta di quel medesimo splendore di cui parla Gesù in Matteo 25,31 dove dice: “Quando il figlio dell’uomo verrà nella sua gloria”, quando verrà con il suo corpo glorioso per cui “ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto” (Ap 1,7).
Lo vedranno tutti, prima ancora della sentenza. Lo vedranno anche quelli che saranno dannati.
Ma non è ancora la visione beatifica. Perché se fosse la visione beatifica si troverebbero ipso facto in quella realtà che noi chiamiamo paradiso.

7. Pertanto Mosè ed Elia hanno visto Gesù nel medesimo modo in cui lo si vedrà quando tornerà il termine della storia per risuscitare i morti e per compiere il giudizio universale. Videro il corpo glorificato di Gesù. Non ebbero ancora la visione immediata della sua divinità.

Con l’augurio di un sereno e Santo Natale e ancor più di poter vedere Gesù non solo nel suo corpo glorioso ma anche nella sua divinità, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo