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Quesito
Buona sera, spero che stiate bene.
Ecco di seguito una serie di domande cui spero che il padre (Angelo n.d.r.) possa dare una risposta.
1. Può un cattolico praticare lo yoga come esercizio fisico, o per ragioni di salute mentale, sempre ché rispetti dei limiti, come quelli spirituali? Ho letto che da qualche parte è scritto, ma non ricordo dove, che praticare le “posizioni” dello yoga non significa entrare nell’essenza dello yoga, ma mi piacerebbe conoscere l’opinione del padre al riguardo.
2. Una volta, durante la Santa Comunione, il nostro parroco aveva finito le ostie consacrate, perché quel giorno c’erano molti partecipanti alla Messa. Allora prese delle ostie non ancora consacrate e le bagnò nel Sangue consacrato di Cristo all’interno del calice, per la Comunione. Vorrei sapere se questa è la procedura alternativa formale e/o se il prete ha fatto la cosa giusta?
3. Si dice che la confessione una volta al mese sia una buona abitudine di confessarsi. Sono curioso: che faccio se mi sento di non avere nulla da confessare, ogni mese? Mi sembra che la confessione mensile non sia adatta per me, ma vorrei essere più sicuro. Ho paura di usare la confessione mensile come scusa in realtà per calmare l’ansia, anziché promuovere la fiducia nella Misericordia di Dio.
Spero ardentemente in una sua pronta risposta. La ringrazio fin d’ora.
(Questa è la prima mail che giunge da un visitatore di lingua inglese dal momento in cui il nostro sito si diffonde in varie lingue)
(Good evening I hope this email finds you well.
Here are a series of different questions I hope padre can answer:
1. Can a catholic practice yoga as a physical exercise or for mental health reasons, as long as there are Boundaries to be observed, such as it’s spiritual aspect? I’ve read somewhere, though I forgot where, that says, doing the “poses” doesn’t mean that you are performing yoga in essence, but I would also love to know what is Father’s opinion on the matter.
2. One time, during Holy Communion, our priest ran out of sacred hosts because there were too many people at mass that time. So he took unconsecrated hosts and dipped them in the Holy Blood in his chalice for our Communion. I’m simply curious if it is a formal alternative and/or if he did the right thing?
3. It is said that, confession once a month is a good habit of going to confession. I’m curious, what do I do if I find myself not finding anything to confess, every month. I feel that once a month confession doesn’t work for me, at the same time I am prone to scrupulousity. I fear using monthly confession as an excuse to calm my nerves instead of fostering trust in God’s Mercy.
I eagerly hope for your answer soon. Thank you in advance).
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. lo yoga è una disciplina orientale che ha come obiettivo la liberazione dal samsãra, cioè dalla necessità di rinascere a una nuova esistenza, segnata dal dolore e dalla transitorietà.
È una disciplina costituita da otto tappe, la terza delle quali è quella alla quale tu accenni e che consiste nell’assumere modi di sedere che favoriscono la «meditazione»: devono essere «stabili», cioè immobili, «gradevoli» e quindi facili a prolungarsi, e «adatti» alla concentrazione.
La posizione migliore è quella del «fior di loto», che consiste nel mettere il piede destro sulla coscia sinistra e il piede sinistro sulla coscia destra con le piante dei piedi rivolte verso l’alto, nel tenere le mani sulle ginocchia con le palme rivolte verso l’alto o verso il basso, il capo, il collo e il torso ben diritti e in rettilineo, gli occhi chiusi oppure concentrati su un punto, per esempio, sulla punta del naso. Si deve evitare ogni sforzo violento: perciò, si dovrà scegliere la posizione in cui si potrà restare a lungo senza eccessiva fatica.
2. Tale disciplina va fatta non da soli ma sotto la guida di un guru e cioè di un maestro sperimentato perché non si può apprendere dai libri, ma dall’esperienza e solo una guida sperimentata può dire quali pratiche di yoga siano adatte.
Molti occidentali pensano che lo yoga consista semplicemente in una serie di esercizi fisici e di posizioni del corpo che danno un senso di benessere, di calma interiore e di armonia e giovano a mantenere il corpo giovane e in perfetta salute.
Ma non è così. Le varie tappe sono ordinate ad un obiettivo ben preciso che quello di creare il vuoto mentale assoluto.
Sotto quest’aspetto è tutto l’opposto del cristianesimo il quale comunica la pace non svuotando la mente, ma riempiendola con la presenza di Dio e del paradiso.
Inoltre se lo yoga pretende di portare l’uomo alla perfezione mediante l’uso di tecniche, nell’esperienza cristiana – pur nella doverosa cooperazione con la grazia di Dio per la necessaria purificazione – ci si sente invece passivi nei confronti del Cielo che riversa nei nostri cuori la sua presenza e la sua pienezza.
3. Alcuni distinguono tra il metodo yoga e l’obiettivo.
Tralasciano l’obiettivo perché è l’opposto del Vangelo ma ne prendono solo il metodo.
Ma anche qui i pericoli cui si va incontro sono molti perché è facile mettere tutta la propria attenzione nel praticare correttamente le varie indicazioni e trascurare il colloquio con Dio.
Così facendo, le tecniche diventano come un fine da perseguire e cessano di essere un semplice mezzo per una preghiera più profonda.
C’è poi il pericolo di ripiegarsi su se stessi, sulla propria persona, sul proprio corpo e si ritiene che la buona esecuzione degli esercizi equivalga ad essere cresciuti nello spirito di preghiera.
Facilmente si confondono i risultati di maggiore tranquillità interiore e di più profonda concentrazione e raccoglimento con gli effetti soprannaturali di santificazione che la preghiera produce nel cristiano, che normalmente non sono sperimentabili.
Si crede di pregare meglio perché si controllano i propri pensieri e i propri sensi e perciò si è meno distratti.
4. La qualità della preghiera cristiana invece non dipende dalla concentrazione e neanche dalla mancanza di distrazioni, ma dalla fede e dall’amore.
Essa non perde valore merito perché è soggetta a distrazioni.
È interessante a questo proposito ciò che insegna San Tommaso: “Per conseguire questo effetto (il valore, il merito) non si richiede che l’attenzione accompagni assolutamente la preghiera in tutta la sua durata.
Come avviene in tutte le altre azioni meritorie, è sufficiente la virtualità della prima intenzione con la quale uno inizia la preghiera” (San Tommaso, Somma Teologica, II-II, 83, 13).
5. Pertanto anche nell’accogliere la sola tecnica, sganciandola dall’obiettivo del samsara, è necessaria molta cautela.
In particolare non si deve dimenticare che la grazia di Dio conferita ordinariamente nei sacramenti comunica una serenità e una pace di ordine soprannaturale, perché sono infuse da Dio nell’anima.
Si pensi a quanto avviene nell’Eucaristia a proposito della quale San Tommaso scrive: “Per la potenza di questo sacramento, l’anima si ristora per il fatto che è spiritualmente gaia e, in un certo modo, inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico (5,1): Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore” (Somma teologica, III, 79, 1, ad 2).
E si pensi anche a ciò che viene comunicato nella Confessione sacramentale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “in coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito” (CCC 1468).
6. A proposito della seconda domanda va detto chiaramente che tale procedura non solo non è prevista, ma è proibita.
L’Istruzione Redemptionis sacramentum dice: “Non si permetta al comunicando di intingere da sé l’ostia nel calice, né di ricevere in mano l’ostia intinta. Quanto all’ostia da intingere, essa sia fatta di materia valida e sia consacrata, escludendo del tutto l’uso di pane non consacrato o di altra materia” (n. 104).
Il metodo usato, oltre all’irriverenza nei confronti del Sangue del Signore, espone i fedeli ad idolatria, dal momento che non è distinguibile la materia consacrata da quella non consacrata.
Sarebbe stato più corretto che il sacerdote avesse proposto di fare la comunione spirituale.
7. Circa la frequenza della confessione va fatta una distinzione tra il peccato grave e il peccato veniale.
Nel primo caso la confessione mensile è il minimo che si possa fare perché diversamente si rimane privi della comunione con Dio e della sua grazia e anche perché le opere buone compiute non sono meritorie per la vita eterna.
I peccati veniali invece possono essere rimessi anche fuori del sacramento della riconciliazione o penitenza, come ad esempio con la preghiera, con gli atti di carità, con l’elemosina.
Tuttavia anche nella confessione dei soli peccati veniali viene comunicata la grazia sacramentale che dona una forza e una freschezza tutta particolare.
8. Di materia da portare in confessione anche solo con i peccati veniali ce n’è sempre molta. È sufficiente pensare a quello che la Chiesa ci invita a compiere all’inizio della celebrazione eucaristica quando chiede a tutti di pentirsi per i peccati commessi in pensieri, parole, opere e omissioni.
Se Sant’Ambrogio, che è stato indubbiamente un grande santo, si pentiva perché non riusciva a tenere ben custodita né la mente né la lingua, che cosa non dovremmo dire noi?
Non si tratta pertanto di calmare l’ansia perché a questa neanche ci si pensa, a meno che uno non sia scrupoloso.
Si tratta piuttosto di andare ad attingere ad una sorgente di grazia e anche ad una sorgente di benedizione, perché il Padre in ogni confessione ci colma di beni nel medesimo modo in cui il padre del figlio al prodigo accolto suo figlio.
C’ sempre un grande guadagno fa fare.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo