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Quesito

Caro Padre Angelo,
c’è un quesito che vorrei porle circa il senso della sofferenza.
Il senso della  sofferenza umana mi è abbastanza chiaro, anche alla luce della lettura delle vicissitudini di Giobbe descritte nella Bibbia, ma ancora più  pensando  all’estrema sofferenza di Cristo inchiodato in croce da innocente. Quindi, sia il dolore derivante dall’espiazione di colpe commesse e sia quello  derivante dal peccato originale,  mi sembra che  possano esser razionalmente spiegati. Il quesito che vorrei porle non riguarda quindi il senso della sofferenza dell’uomo, bensì quello degli animali. Ovviamente parliamo di sofferenza prevalentemente fisica in questo caso, sebbene io abbia visto documentari circa alcune scimmie in grado quasi di piangere alla perdita di un cucciolo.  
Quali colpe hanno da espiare gli animali, se essi sono privi di anima e quindi non vivono nella speranza? Dio non poteva creare un mondo senza animali piuttosto che crearli e renderli anch’essi vulnerabili e sensibili al dolore? La differenza tra uomo e animale non può essere ricondotta semplicemente alla  diversa coscienza che si ha del dolore, perché in questo caso sarebbe stato razionalmente  più giusto renderli immuni alla sofferenza piuttosto che crearli incoscienti ed esposti alla sofferenza come gli uomini. Con la differenza sostanziale, inoltre, che gli animali non sono resi partecipi della resurrezione di Cristo.  Sembrerebbe inutile, tutto sommato, la loro sofferenza. Non le  pare?
Grazie per il tempo dedicato e cordiali saluti.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la riflessione che ti presento astrae dai problemi relativi all’evoluzione.
Mi attengo al testo sacro in atteggiamento di fede, desiderando cogliere quanto di utile la parola di Dio ci vuole comunicare per la nostra vita.

2. Da quanto appare dal testo sacro, nello stato precedente al peccato originale nessun  animale mangiava della carne di un altro.
Ecco che cosa si legge all’inizio della creazione degli animali: “Poi Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui vi è frutto: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali vi è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde” (Gn 1,29-30).
La pace del paradiso terrestre sembra avvolgere anche gli animali.

3. Solo dopo il peccato originale, anzi dopo il diluvio Dio mette nelle mani dell’uomo tutte le bestie viventi perché ne siano nutrimento: “Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe” (Gn 9,2-3).

4. La sofferenza negli animali sembra essersi introdotta dopo il peccato originale.
Adamo era stato posto da Dio come re del creato. Tutto gli era sottomesso ed era in pace.
Il peccato ha disgregato questa armonia.
Diventato ribelle a Dio, Adamo ha cominciato subito a sperimentare su se stesso le conseguenze di questa ribellione.
Il suo corpo diventa ribelle allo spirito e ribelle anche a se stesso, perché comincia a sperimentare la sofferenza e la malattia.

5. Anche che il suolo (il cosmo) gli diventa ribelle: la terra oppone resistenza al suo lavoro.
Perfino gli animali gli diventano ribelli e diventano ribelli anche fra di loro.
Anch’essi cominciano a disgregarsi come il loro re, e cominciano pure a soffrire.

6. La sofferenza degli animali è per l’uomo una memoria permanente delle conseguenze drammatiche del suo peccato.
È un richiamo a non offendere Dio e a fare penitenza.

7. Inoltre come il sacrificio degli animali nel tempio era una prefigurazione del sacrificio di Cristo, così in qualche modo la sofferenza degli animali rimanda a quell’anelito di redenzione che a detta di san Paolo vi è in tutto il cosmo.
E nello stesso tempo è lontana eco di un’altra sofferenza, quella che ci ha portato la salvezza. È un’eco di quella redenzione con la quale Cristo ha sborsato un caro prezzo per riguadagnarci la comunione con Dio e la sottrazione dal potere del diavolo.

8. Viene da dire: se fossimo capaci di leggere queste realtà nel cosmo che è, sì, ferito, ma continua ad essere pieno della gloria di Dio, come recitiamo nel Sanctus: “i cieli e la terra sono pieni della tua gloria”.
I mistici ci riuscivano.
Dunque neanche la sofferenza degli animali è inutile. Per chi è attento alle cose superiori, è una predica permanente.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo