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Quesito
Caro Padre Angelo,
Stavo pensando ad alcune cose e ho alcune difficoltà; le volevo chiedere come mai nei libri dei maccabei ci sono delle contraddizioni? Ho letto che la morte di Antioco Epifane viene descritta in 3 maniere differenti… come è possibile se è parola di Dio? e quindi tutto dovrebbe essere veritiero?
(…).
ecco, il problema che le presento: è possibile che un credente cattolico e ovviamente praticante un giorno smetta di essere credente, perché gli viene la convinzione / sente dentro di sé, in buona fede quindi, che non è necessaria la fede cristiana per salvarsi, perché potrebbe arrivare a pensare che il cristianesimo sia come le altre religioni, magari la migliore e più bella di tutte, però ancora una religione come c’è ne sono altre, ma che l’importante sia la buona condotta e che solo l’amore conta, al di là della religione d’appartenenza, potrebbe pensare anche che la religione è molto legata al posto in cui uno nasce, se nasce in Italia diventerà cattolico, se nasce in Giappone buddista, e così via, ma tutte cercano di portarti a vivere bene e ad amarci gli uni gli altri.
Ecco, il problema che si è creato nella mia testa è: se un fedele cattolico, sente in coscienza che le cose stanno così, non so come potrebbe essere colpevole, se la sua coscienza non lo condanna, ma anzi lo approva pure…
Grazie in anticipo Padre Angelo e buona giornata.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. per la descrizione della morte di Antioco Epifane le apparenti divergenze si spiegano in maniera molto semplice.
La fine di Antioco Epifane viene narrata con dovizia di particolari nel secondo libro dei Maccabei al capitolo 9.
Ecco la parte centrale: “Così diceva nella sua superbia: «Farò di Gerusalemme un cimitero di Giudei, appena vi sarò giunto». Ma il Signore che tutto vede, il Dio d’Israele, lo colpì con piaga insanabile e invisibile. Aveva appena terminato quella frase, quando lo colpì un insopportabile dolore alle viscere e terribili spasimi intestinali, ben meritati da colui che aveva straziato le viscere altrui con molti e strani generi di torture. Ma egli non desisteva affatto dalla sua alterigia, anzi era pieno ancora di superbia, spirando fuoco d’ira contro i Giudei, e comandando di accelerare la corsa. Gli capitò perciò di cadere dal carro in corsa tumultuosa e di rovinarsi tutte le membra del corpo nella violenta caduta. Colui che poco prima, nella sua sovrumana arroganza, pensava di comandare ai flutti del mare, e credeva di pesare sulla bilancia le cime dei monti, ora, gettato a terra, doveva farsi portare in lettiga, rendendo a tutti manifesta la potenza di Dio, a tal punto che nel corpo di quell’empio si formavano i vermi e, mentre era ancora vivo, le sue carni, fra spasimi e dolori, cadevano a brandelli e l’esercito era tutto nauseato dal fetore e dal marciume di lui. Colui che poco prima credeva di toccare gli astri del cielo, ora nessuno poteva sopportarlo per l’intollerabile intensità del fetore” (2 Mac 9,4-10).
“Quest’omicida e bestemmiatore, dunque, soffrendo crudeli tormenti, come li aveva fatti subire agli altri, finì così la sua vita con miserabile morte in terra straniera, sui monti” (2 Mac 9,28).
2. In nota la Bibbia di Gerusalemme scrive: il parallelo di 1 Mac 6,9 (ecco la seconda la narrazione) è molto più sobrio.
Ecco che cosa vi si legge: “Il re, sentendo queste notizie, rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato. Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire. Chiamò tutti i suoi amici e disse loro: «Se ne va il sonno dai miei occhi e l’animo è oppresso dai dispiaceri. Ho detto in cuor mio: in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto, io che ero così fortunato e benvoluto sul mio trono! Ora mi ricordo dei mali che ho commesso a Gerusalemme, portando via tutti gli arredi d’oro e d’argento che vi si trovavano e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione. Riconosco che a causa di tali cose mi colpiscono questi mali; ed ecco, muoio nella più profonda tristezza in paese straniero»” (1 Mac 6,8-13).
Come si vede non c’è contraddizione. Il primo testo è più ampolloso, mentre il secondo è più sobrio.
3. La terza narrazione invece è decisamente diversa.
Tuttavia viene narrata all’interno di una lettera riportata nel testo.
La Bibbia di Gerusalemme annota: “L’autore sacro, inserendo tale lettera prima della sua opera, non si fa garante del suo valore storico” (nota a 2 Mac 1,10).
Tant’è vero che al capitolo nono descrive con esattezza come è avvenuta la morte.
4. Nella seconda parte della tua mail chiedi se sia possibile che un cattolico credente ad un certo momento smetta di credere e pensi, senza colpa alcuna, che la religione cristiana, pur essendo migliore delle altre, sia una fra le tante.
Qui evidentemente c’è da dire che se ad un certo momento smette di credere può essere sostanzialmente per due motivi, ma che si riassumono in uno: non ha coltivato la fede.
Può non averla coltivata anzitutto sotto l’aspetto dell’istruzione.
Pur sollecitato da varie obiezioni, si è preferito concludere che una religione vale l’altra. Mentre Cristo sollecita ogni suo interlocutore a porsi la domanda sulla verità tra le varie religioni chiedendo: “Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete?” (Gv 8,46).
Ogni cristiano ha il dovere di rendere ragione della sua speranza (cfr 1 Pt 3,15).
5. La responsabilità più grave però ce l’ha sul piano pratico e operativo.
Perché quando in maniera permanente si vive in peccato mortale Dio viene sentito sempre più lontano e non incide quasi per nulla nella propria vita personale.
Allora è facile giungere alla conclusione da te riportata.
Ma se si vive in grazia di Dio e, non solo, ma si coltiva questo germe divino deposto in noi (cfr 1 Gv 3,9), allora si fruisce della presenza di Dio all’interno del proprio cuore, “si gusta la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro” (Ebr 6,5).
Quando “si gusta il dono celeste e si diventa diventa partecipi dello Spirito Santo” (cfr. Ebr 6,4) non si dice più che il cristianesimo è una religione tra le tante.
Si comprende subito l’abissale differenza tra Gesù Cristo e gli altri fondatori delle varie religioni. Gesù non è solo un uomo, ma è Dio che ha assunto una natura umana per farsi vedere, per insegnare, per compiere la redenzione, per portare la vita divina nel cuore dell’uomo.
Gli altri fondatori sono semplicemente uomini mortali.
Nessun altro ha compiuto la redenzione, l’espiazione dei peccati.
Nessun altro ci ha meritato l’apertura del paradiso e la comunione con Dio.
Nessun altro può deporre un germe di vita divina nel cuore dell’uomo al di fuori di lui.
Quando non si vive in grazia, è fatale non pensare più a tutto questo.
6. Infine va ricordato che il punto discriminante per la salvezza non è semplicemente la vita onesta, ma il vivere in grazia.
Si può essere onesti davanti al mondo perché non si ruba e non si ammazza.
Ma pur essendo onesti davanti al mondo, si potrebbe non essere in grazia di Dio perché non si osservano i suoi comandamenti. Penso in particolare al terzo (ricordati di santificare le feste”) e al sesto (“non commettere atti impuri”).
7. È vero che essere nati in una nazione di tradizione cristiana agevola la fede in Cristo.
Tuttavia in fin dei conti non crediamo in Cristo perché siamo nati in Italia, ma perché abbiamo creduto nella sua divinità e l’abbiamo accolta liberamente nella nostra vita.
Il confronto con le altre religioni che oggi è inevitabile ci conferma sempre di più nelle parole pronunciate da San Paolo per ispirazione dello Spirito Santo: “So in chi ho creduto” (2 Tm 1,12).
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo