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Quesito
Caro Padre Angelo,
mi sono sempre chiesta se il Sacramento del Matrimonio santifichi ogni azione che viene compiuta all’interno della coppia o ci sia bisogno comunque di un impegno costante e consapevole affinché il Sacramento rimanga tale e non venga violato.
In particolar modo mi interrogo sui reali motivi per cui due coniugi decidono si sposarsi in Chiesa. Non tutti infatti lo fanno consapevolmente (altrimenti non si spiegherebbero tutti questi divorzi).
La seconda domanda – in tema di intimità coniugale – è: se il marito chiede alla moglie di compiere atti che la moglie ritiene impuri, può rifiutarsi o deve comunque sottomettersi al dovere coniugale? E se il marito dovesse appellarsi a questo dovere, cosa potrebbe rispondere la moglie per non essere accusata di ingiusto arbitrio? Spero di essermi spiegata…
Grazie infinite per la Sua pazienza e la Sua chiarezza nel trattare questi temi, sempre spinosi.
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. circa la prima domanda la risposta è affermativa.
La grazia sacramentale del matrimonio accompagna i coniugi in tutta la loro vita coniugale.
Quando il Concilio Vaticano II dice che i coniugi con la grazia sacramentale “vengono corroborati e quasi consacrati” (GS 48) fa capire che questa grazia li accompagna sempre.
Ciò significa che ad essa gli sposi possono fare appello e chiedere al Signore di accrescerla per vivere sempre meglio gli obiettivi del matrimonio cristiano.
Evidentemente a questa grazia devono cooperare con il proprio impegno e anche con il proprio combattimento.
2. Mi chiedi quali siano i motivi che devono spingere al matrimonio sacramento.
Tenendo presente che la parola sacramento significa “segno sacro”, è necessario avere ben presente la realtà che questo sacramento intende rappresentare.
Ce la ricorda San Paolo quando dice: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,25-27).
Precedentemente San Paolo aveva parlato delle mogli che devono amare il marito come la Chiesa ama il Signore.
Potrei dire allora che i coniugi cristiani si impegnano con la grazia del Sacramento a rendere visibile l’amore di Dio per l’uomo e di Cristo per la Chiesa.
In questo impegno a rendere visibile l’amore di Dio per l’uomo e di Cristo per la Chiesa è racchiuso tutto il percorso della loro santificazione.
3. Il Concilio Vaticano II dice che il compito dei coniugi cristiani è proprio quello di rendere visibile col loro comportamento questo amore.
Sicché la loro funzione precisa all’interno del popolo di Dio è quella di rendere “manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della Chiesa” (GS 48).
E la rende manifesta “sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli sposi, sia con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri” (GS 48).
4. La seconda domanda che mi poni ha a che fare con il cosiddetto “debito coniugale”.
Chi ne parla è San Paolo il quale dice: “Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie” (1 Cor 7,3-4).
I teologi dicono che si tratta di un obbligo di giustizia, assunto con il patto coniugale.
L’intimità coniugale è l’espressione tipica dell’amore sponsale.
Ed è pertanto nella sua natura che sia motivato dall’amore.
Ciò non gli toglie, però, che abbia anche il carattere di cosa dovuta.
Come l’amore tra gli sposi in virtù del patto coniugale da gratuito diviene dovuto, così parimenti diventano “dovute” anche determinate azioni appartenenti alla convivenza coniugale.
5. L’obbligo di rendere il debito coniugale è grave, a patto però che la richiesta del coniuge sia ragionevole.
Ora non è ragionevole, e cioè non è secondo Dio, acconsentire all’unione sessuale contraccettiva.
In tal caso il coniuge cui viene fatta la richiesta non solo non è obbligato, ma in linea di principio ha il dovere di rifiutarsi, non trattandosi di vero amore.
6. Ma non è ragionevole neanche quando l’intimità coniugale viene imposta al coniuge.
Scrive Paolo VI nell’Humanae vitae: “Giustamente infatti si avverte che un atto coniugale imposto al coniuge senza riguardo alle sue condizioni e ai suoi legittimi desideri non è un vero atto di amore” (HV 13).
Ti ringrazio dei quesiti, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo