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Quesito
Caro Padre,
felice Pasqua!
Approfittando della passata festività del Sabato Santo, le pongo una questione.
Tradizionalmente, la Chiesa, nella dottrina, nella predicazione, nella teologia, afferma che successivamente alla morte in croce, l’anima di Gesù, separandosi dal corpo, è scesa negli inferi (è dogma di fede!), per liberare dall’attesa e donare la redenzione alle anime dei giusti morti prima della vita terrena del Cristo, in primis Adamo ed Eva, i quali secondo un comune sentire della Chiesa lungo i secoli, posteriormente al peccato commesso, hanno passato una vita di penitenza e riparazione, ed i profeti e santi dell’Antico Testamento.
Il CCC dichiara apertamente che Cristo non ha operato la redenzione dei dannati (evidentemente di coloro che hanno agito volontariamente contro la volontà di Dio e della sana ragione prima della "pienezza dei tempi"), né la soppressione dell’inferno.
Ora però, è noto come von Balthasar (ma non è il solo), vuoi autonomamente, vuoi a seguito delle non accertate ispirazioni mistiche della von Speyr (a tuttora prive di un serio discernimento), sia arrivato ad affermare come Gesù, nel suo radicale sperimentare la condizione umana, e l’abbandono del Padre, sia sceso addirittura non solo agli inferi, bensì nello stesso inferno, ed abbia provato la condizione medesima dei dannati.
A mio parere, vi è una grave eresia sottostante.
S. Paolo scrive che il Verbo ha assunto la natura umana in tutto fuorché nel peccato. Dunque, assumendo sopra di sé i peccati umani, si è attirata la ‘‘pena’, ma non la ‘‘colpa’ proprio perché non ha assunto una natura peccaminosa e concupiscente. Ecco anche perché si proclama l’impeccabilità di Gesù.
Se Gesù non rimanesse sempre innocente, come potrebbe attuare non una giusta punizione, bensì un sacrificio vicario al posto di coloro che avevano commesso la colpa?
Forse von Balthasar, nel tentativo più pastorale e spirituale che strettamente teologico di evidenziare la vera umanità di Gesù ed il suo farsi carico dei peccati del mondo, non ha sufficientemente sottolineato che l’unione ipostatica col Verbo non rende Gesù un semplice uomo eccezionale che sperimenta la condizione infernale, bensì sempre e costantemente il Dio-Uomo Redentore che scende negli inferi non per una ‘‘esperienza’ ma per operare la redenzione dei morti, essendo il Re dei vivi e dei morti.
Il CCC, nel paragrafo 632 afferma: "Egli vi è disceso come Salvatore"; nel 633: "shéol o ade il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio"; nel 637: "Cristo morto, con L’ANIMA UNITA ALLA SUA PERSONA DIVINA e disceso alla dimora dei morti".
Saluti e auguri!
Francesco Gabriele
Risposta del sacerdote
Caro Francesco Gabriele,
1. sulla discesa di Gesù agli inferi vedo che sei ben documentato.
La dottrina della Chiesa ha sempre parlato della liberazione dei giusti che attendevano la redenzione. Non ha mai parlato di liberazione dei dannati.
S. Agostino dice “che Cristo, nel discendere all’inferno, prosciolse tutti i giusti che vi si trovavano prigionieri per il peccato originale” [Serm. supp. 160].
2. Quando si dice che Gesù discese negli inferi bisogna sapere che questo termine rimanda ad una triplice condizione delle anime:
a quelle dei dannati (esse si trovavano in quella realtà che noi chiamiamo inferno);
alle anime del purgatorio
e alle anime di giusti, già liberate dal purgatorio o morte in santità (queste si trovavano nel limbo).
3. Fatta questa premessa, è più agevole comprendere che cosa San Tommaso dice in proposito: “Uno può trovarsi in un luogo in due modi.
Primo, mediante i suoi effetti.
E in questo modo si può dire che Cristo discese in ogni parte dell’inferno: però con effetti diversi.
Infatti nell’inferno dei dannati egli produsse l’effetto di confondere la loro incredulità e la loro malizia.
A coloro invece che si trovavano in purgatorio diede la speranza di raggiungere la gloria.
Ai santi Patriarchi poi, che erano all’inferno solo per il peccato originale, infuse la luce della gloria eterna.
Secondo, si può dire che uno è in un dato luogo col proprio essere.
E in questo modo l’anima di Cristo discese solo in quella parte dell’inferno in cui erano detenuti i giusti: poiché volle visitare anche localmente con la sua anima coloro che mediante la grazia visitava interiormente con la sua divinità.
Così tuttavia, portandosi in una parte dell’inferno, irradiò in qualche modo la sua azione nell’inferno intero: come soffrendo la sua passione in un solo luogo della terra liberò con essa tutto il mondo” (Somma teologica, III, 52, 2).
4. La produzione teologica di Von Balthasar è vastissima e il suo linguaggio talvolta non è limpido come quello di san Tommaso.
Mi limito a dire questo: se corrisponde al vero quanto mi dici, quell’affermazione non è sostenibile.
Non è pensabile che Cristo abbia assunto la condizione di chi impreca contro Dio.
5. Tuttavia devo dire che talvolta si fa passare per tesi di Von Balthasar quanto questo teologo non ha voluto dire.
Così ad esempio si fa passare per sua la tesi che l’inferno sia vuoto.
Balthasar mostrò il suo disappunto per questa affermazione.
Ai suoi critici replicò con un volumetto intitolato Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno nel seguente modo: “La soluzione da me proposta, secondo la quale Dio non condanna alcuno, ma è l’uomo, che si rifiuta in maniera definitiva all’amore, a condannare se stesso, non fu affatto presa in considerazione.
Avevo anche rilevato che la Sacra Scrittura, accanto a tante minacce, contiene pure molte parole di speranza per tutti e che, se noi trasformiamo le prime in fatti oggettivi, le seconde perdono ogni senso e ogni forza: ma neppure di questo si è tenuto conto nella polemica.
Invece sono state ripetutamente travisate le mie parole nel senso che, chi spera la salvezza per tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle, "spera l’inferno vuoto" (che razza di espressione!).
Oppure nel senso che chi manifesta una simile speranza, insegna la "redenzione di tutti" (apokatastasis) condannata dalla Chiesa, cosa che io ho espressamente respinto: noi stiamo pienamente sotto il giudizio e non abbiamo alcun diritto e alcuna possibilità di conoscere in anticipo la sentenza del giudice.
Com’è possibile identificare speranza e conoscenza? Spero che il mio amico guarirà dalla sua grave malattia – ma per questo forse lo so?” (p. 123).
“Basti questo testo a quanti ripetono per abitudine la formuletta dell’«inferno vuoto» della quale sono responsabili le «fin troppo grossolane deformazioni sui giornali” (p. 14).
6. A questo punto, pur sapendo che l’inferno non è vuoto, anzi, e dal momento che la Chiesa emette formule di canonizzazione solo per i santi del Paradiso, a proposito delle singole persone, se mi si chiede se sono finite all’inferno, io devo dire che non lo so, anzi posso dire: “speriamo di no!”.
Ma la mia espressione non conta niente.
Il giudizio appartiene al Signore e il Signore non ci ha ingannato parlandoci dell’inferno e dei “molti” (Lc 13,24) che purtroppo ci vanno.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di riportare la dottrina di san Tommaso e le successive precisazioni di Balthasar.
Ti auguro un felice proseguimento di questo periodo pasquale, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo