Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro padre Angelo

vorrei porle un quesito riguardante il fondamento biblico del Purgatorio.

Per la Chiesa cattolica, di uno stato di purificazione dopo la morte ne tratta il secondo libro dei Maccabei e, nel nuovo testamento, Matteo 12,31-32 e 1Corinzi 3,11-15.

A quanto ho capito, i protestanti non accolgono nella “loro” bibbia il secondo libro dei Maccabei e danno una diversa interpretazione dei passi del nuovo testamento: fondamentalmente sostengono che l'opera espiatrice di Cristo sulla croce è perfetta e tale da purificare il peccatore e quindi che la dottrina sul Purgatorio svilisce l'opera di Cristo come se la Sua passione, morte e resurrezione non fossero stati sufficienti.

Come controbattere a questa tesi? Quale motivazione danno i protestanti per non accogliere il secondo libro dei Maccabei? È vero che anche gli Ebrei non lo riconoscono? E come risponde su questi punti la Chiesa cattolica?

In effetti l’esistenza del Purgatorio parrebbe essere una forzatura: infatti, se di inferno e Paradiso se ne parla con abbondanza ed esplicitamente sia nel vecchio che nel nuovo testamento, del Purgatorio se ne parla pochissimo e in modo decisamente più criptico, tale da permettere diverse interpretazioni. Come mai?

Infine, qual è la motivazione che induce gli Ortodossi a respingere anche loro la dottrina sul Purgatorio? E come risponde loro la Chiesa cattolica?

La ringrazio come sempre.

Non mancherà la mia preghiera.

Luca


Risposta del sacerdote

Caro Luca,

1. i protestanti e anche gli ebrei ritengono apocrifi i due libri dei Maccabei, che sono stati scritti da due autori diversi probabilmente verso il 130 a.C. il primo e tra il 120 e il 110 a. C. il secondo.

Ai fini dell’esistenza del purgatorio di per sé non sarebbe neanche necessario riconoscere la canonicità dei due libri, in particolare del secondo perché in ogni caso vi trapela il convincimento comune del popolo giudaico.

Negli ebrei degli ultimi due secoli avanti Cristo regnava la fede che dopo la morte ci fosse una liberazione dal peccato.

Non è già sufficiente questo in un libro che è di carattere storico?

Anche nel Siracide vi si trova questa fede: “La tua generosità si estenda a ogni vivente,?ma anche al morto non negare la tua pietà” (Sir 7,33).

Questa fede ai tempi di Cristo era patrimonio comune. Questo spiega perché il Signore non ne parli esplicitamente.

I primi cristiani, soprattutto quelli convertiti dall’ebraismo, si sono potati dietro questa mentalità, che trapela anche nell’Apocalisse dove si legge che nella Gerusalemme celeste non entrerà nulla d’impuro (Ap 21,27).

Gli scrittori e i Padri del secondo e terzo secolo, come Tertulliano, Cipriano, Lattanzio, ne parlano. Senza dire di quelli del secolo successivo: Ambrogio, Efrem, Basilio, Agostino…

 

2. Ecco il testo del secondo libro dei Maccabei che, indipendentemente dalla sua canonicità, ci trasmette il convincimento del popolo d’Israele ereditato dai cristiani nel Nuovo Testamento.

“Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12, 42-45).

 

3. Quando i protestanti dicono che il sacrificio di Cristo è perfetto dicono una cosa esattissima.

Non vi si può aggiungere nulla.

Rimane però ugualmente valido quello che dice San Paolo: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

Che cosa manca se è perfetto? Manca la nostra partecipazione, che non aggiunge nulla, ma applica a noi l’espiazione e la santificazione portate da Cristo.

Ora si prende parte facendo quello che ha fatto il Signore e non solo col pensiero.

E poiché Cristo ha soddisfatto al posto nostro, anche noi possiamo cooperare nella soddisfazione a vantaggio dei nostri fratelli.

Per questo San Paolo dice ancora: “Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo” (Gal 2,6).

 

4. La Chiesa orientale ortodossa, separata da Roma, non ha il,concetto di purgatorio nel senso della Chiesa occidentale, ma non rigetta ogni forma di purificazione.

Per gli ortodossi i morti si trovano in uno stato intermedio ed attendono il giorno del giudizio. I buoni hanno già una pregustazione del cielo, i cattivi una pregustazione dell'inferno. Sovente la dottrina rimane poco chiara.

Ai Greci appare inammissibile che la purificazione abbia luogo mediante il fuoco e che ci sia a tale fine un luogo determinato. Ma poiché questi due punti non rientrano nel dogma del purgatorio proclamato dalla Chiesa cattolica, il contrasto tra gli ortodossi e i cattolici non dovrebbe essere insuperabile.

Pertanto non c’è molto da rispondere agli ortodossi.

 

5. Ecco come F. Heiler, professore di religione comparata all’Università di Marburgo, descrive il concetto di purificazione presso gli ortodossi: “Attenendosi tenacemente alle antiche concezioni cristiane, la Chiesa ortodossa, al pari di tutte le altre Chiese separate d'Oriente, considera lo stato delle anime defunte fino al giudizio finale come provvisorio, intermedio. Prescindendo dai martiri e dai santi, che secondo l'opinione di molti teologi orientali sono entrate in cielo, le anime disincarnate durante questo periodo intermedio si trovano nel mondo invisibile dell'al di là, nell'ade, secondo ii significato originario della parola. Esso si divide in due parti diverse: l'una è il paradiso terrestre, dal quale fu cacciato Adamo e che Cristo promise al ladrone pentito, è il seno di Abramo, un luogo di luce, consolazione e pace per i giusti che si sono addormentati nella fede, ma non coincide con il cielo. L'altra parte è l'ade nel senso stretto della parola, l'abisso (Lc 8,31) o il lago profondissimo, un luogo di tenebre densissime (Mt 22,12), il carcere infernale, la prigione degli spiriti (1 Pt 3,19).

Tuttavia questo ade non dev'essere scambiato con il fuoco della gehenna in cui i dannati vanno soltanto dopo la risurrezione e dopo il giudizio finale. Quindi nell'al di là le anime dei defunti hanno soltanto una pregustazione della loro sorte eterna: quelle dei giusti una pregustazione della felicità eterna, quelle dei peccatori una pregustazione della dannazione eterna.

Nello stato intermedio tra la morte ed il giudizio finale le anime che hanno lasciato questa vita senza aver fatto penitenza per i loro peccati – in quanto non sono morte nella disperazione e non sono colpevoli del peccato contro lo Spirito Santo -, possono ottenere illuminazione, refrigerio ed infine piena liberazione dai loro tormenti, ma non in base a una soddisfazione mediante le loro proprie pene, bensì unicamente per la misericordia di Dio. A questa divina misericordia fanno appello i fedeli nelle loro preghiere per i morti, ad essa fa appello la Chiesa nella celebrazione dell'eucaristia. Nelle commoventi preghiere liturgiche per i defunti, soprattutto nel rito della sepoltura, la Chiesa ortodossa implora ai trapassati il perdono dei peccati, consolazione e refrigerio per lo stato intermedio e preservazione dalla dannazione al fuoco eterno da parte del giudizio finale. Essa prega che Dio le strappi ad ogni tormento e a tutte le orrende e terribili torture dell'ade; doni loro riposo nel seno di Abramo, le porti nel luogo luminoso, dove splende la luce di Dio, nel luogo del refrigerio, dove non ci sono più dolori né sospiri, alle capanne dei giusti, nel paradiso dove i cori dei santi e dei giusti brilleranno come le stelle, dove sono le dimore dei pacifici e risuona la voce di giubilo. Essa prega parimenti che i defunti possano incontrare lieti la gloria inesprimibile di Cristo, quando verrà terribile sulle nubi per giudicare tutto l'orbe, siano preservati dalla terribile condanna, siano salvati in quel giorno dal fuoco della gehenna, dal fuoco terribile che arde eternamente, dallo stridore di denti e dal verme che tormenta senza posa, divengano partecipi dei beni eterni” (Urkirche und Ostkirche, p. 232).

 

Ti ringrazio dell’opportunità che mi hai dato di presentare la dottrina della Chiesa cattolica e il pensiero degli ortodossi.

Ti ricordo al Signore e ti benedico.

Padre Angelo