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Quesito

Salve Padre Angelo,
la saluto nel Signore. Spero stia bene, vorrei ringraziarla perchè ha risposto alle mie precedenti 2 mail, e questa è la terza volta che le scrivo. A me sembra troppo, che magari la disturbo, però faccio affidamento alla sua pazienza. Le scrivo per chiederle 2 cose:
La prima è: leggendo il Vangelo di oggi Luca ?11,5-13 mi è venuto da riflettere riguardo al dono dello Spirito Santo; difatti Gesù dice proprio in questo passo che il Padre concederà lo Spirito Santo a quanti glielo chiedono. Ora io ho fatto la cresima, quindi da quello che mi insegna la chiesa cattolica, ho ricevuto lo Spirito Santo, a sostegno di questo vi sono numerosi passi degli Atti in cui gli apostoli imponevano le mani e lo Spirito scendeva su molti. Quindi vorrei capire come si fa ad avere coscienza che lo Spirito Santo è sceso in noi; io lo chiedo sempre in preghiera, perchè mi insegni a pregare e mi aiuti e mi supporti durante la giornata nelle scelte e nella realizzazione delle mie faccende quotidiane, però vorrei capire qualcosa in più o meglio non so se quello che ho scritto è giusto. In Romani, Paolo dice che chi riceve lo Spirito può chiamare Iddio, Padre ossia Abbà. Quindi questo sarebbe il segno che lo Spirito è in noi? Ve ne stanno degli altri? Poi da un paio di anni nella chiesa cattolica vi è il gruppo dei carismatici o il movimento dello Spirito che si rifanno ad una corrente proveniente dagli evangelici pentecostali. Costoro parlano in lingue e dicono che chi parla in lingue è stato battezzato in Spirito Santo. Ora una domanda sorge spontanea, il parlare in lingue è senza dubbio, ove fosse vero e non un falso, un carisma dello Spirito di Dio, però costoro affermano di non parlare lingue degli uomini  bensì una lingua che Dio suggerisce loro per dialogare bene con lui. A me è stato fatto un invito da una parrocchiana che parla in lingue di partecipare ad un incontro loro, però sono titubante e poi io la penso come ho scritto. Lei potrebbe aiutarmi a comprendere meglio tutto questo?
?La seconda domanda riguarda il peccato mortale e veniale: vorrei sapere, nel momento in cui io pecco compiendo un’azione che agli occhi di Dio è grave, conoscendo l’avvertenza e agendo in deliberato consenso, io non sono più in grazia di Dio e sono in peccato mortale. Perchè Dio possa perdonarmi questo io devo pentirmi e poi ricorrere alla confessione e il peccato sarà sciolto, è corretto? Se uno muore con un peccato mortale non confessato non giunge nemmeno in Purgatorio, al contrario con un peccato veniale non confessato invece sì? La ringrazio per la sua pazienza, la ricordo in preghiera e nel rosario che sto tra poco apprestandomi a recitare.
?Diego


Risposta del sacerdote

Caro Diego,
1. lo Spirito Santo viene ad abitare in noi nel momento in cui si riceve la grazia e pertanto ordinariamente col Battesimo.
Anzi, non solo lo Spirito Santo, ma tutte e tre le Persone divine abitano nell’anima in grazia.
È poi il grado di grazia che fa sentire più o meno forte la presenza della SS. Trinità in noi.

2. Era doveroso fare questa premessa perché questo permette di dire che la Cresima non dà lo Spirito Santo (già comunicato insieme con le due altre Persone divine nel Battesimo), ma una nuova e più forte effusione dello Spirito Santo.
Del resto gli Apostoli, stando vicini a Cristo, venivano purificati e santificati. Nell’ultima cena Gesù disse loro: “Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi»” (Gv 13,11-12). E: “Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato” (Gv 15,3).
Erano mondi, e cioè in grazia, e pertanto con la presenza della SS. Trinità dentro il loro cuore.
Ricevettero un’esplicita effusione di Spirito Santo la sera del giorno della sua risurrezione: “Ricevete lo Spirito Santo. A chi saranno rimessi i peccati…” (Gv 20,22).
Lo ricevettero poi in pienezza nel giorno di Pentecoste e da allora gli sarebbero stato testimoni fino agli estremi confini della terra.

3. La domanda che tu ti poni: “vorrei capire come si fa ad avere coscienza che lo Spirito Santo è sceso in noi” se la sono chiesta molti altri ed è la stessa cosa che chiedersi come si possa sapere se siamo in grazia di Dio. Infatti lo Spirito Santo è presente personalmente solo in un’anima in grazia.
Il concilio di Trento ha affermato che “nessuno sa con certezza di fede, incompatibile con ogni errore, se sia in stato di grazia” (DS 1534).
San Tommaso dice che lo possiamo congetturare da alcuni segni. Il primo è proprio quello che hai riportato tu e ci è riferito da San Paolo: “lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm8,16).
Questo segno, dice San Tommaso, non lo si percepisce dall’esterno, ma “mediante l’effetto dell’amore filiale che egli produce in noi” (Commento alla lettera ai Romani, VIII, 8).
S. Bernardo dice che questa presenza può essere percepita ex motu cordis, dal movimento del cuore: “Tu mi domandi come io posso conoscere la presenza di Colui le cui vie sono impenetrabili. Appena è presente, egli ridesta l’anima mia addormentata: egli muove, intenerisce, ferisce il mio cuore duro come una pietra e malato; si adopera a strappare e a distruggere, a edificare e a piantare, ad irrigare ciò che è arido e secco, ad illuminare quello che è nelle tenebre, ad aprire quello che è chiuso, a riscaldare quello che è freddo, a raddrizzare quello che è tortuoso, ad appianare quello che è accidentato. E così, quando lo sposo entra nell’anima mia, io riconosco la sua presenza, come ho detto, dal movimento del mio cuore” (Sermone 74 in Cant.).

3. Insieme con questo segno, sempre secondo San Tommaso, ce ne sono altri tre.
Il primo risulta dalla testimonianza della propria coscienza, per cui si è consapevoli di amare il Signore e di essere pronti a qualsiasi cosa pur di non offenderlo.
Il secondo è costituito dall’ascolto della parola di Dio e soprattutto dal metterla in pratica.
Il terzo è dato dall’interno assaporamento della divina sapienza, che avviene come una certa prelibazione della beatitudine futura (Opusc. LX, De Humanitate Christi, 24). Quest’ultima è un’esperienza sempre legata alla carità e alla presenza dello Spirito Santo, e la si può notare anche in persone incolte, ma unite al Signore: “Vediamo persone semplici che sono ferventi nell’amor di Dio” (In I Sent., d. XV, q. 4, a. 2, ob. 4).

4. Scrivi “È da un paio d’anni…”.
È da più di un paio d’anni che è presente nella chiesa cattolica il gruppo dei carismatici o il movimento dello Spirito, a meno che tu ti riferisca alla tua Chiesa parrocchiale.
Mi chiedi che cosa significhi parlare in lingue. Non si tratta propriamente di parlare lingue diverse da quelle che si conoscono, ma di una forma di preghiera. San Paolo accredita questa interpretazione quando dice: “Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose” (1 Cor 14,2) e “in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue” (1 Cor 14,19).
La Bibbia di Gerusalemme scrive: “Il dono delle lingue o glossolalia è il dono di lodare Dio proferendo, sotto l’azione dello Spirito Santo e in uno stato più o meno estatico, suoni incomprensibili. È ciò che Paolo chiama parlare in lingue o parlare in lingua. Questo carisma risale alla Chiesa dei primissimi anni, era il primo effetto sensibile della discesa dello Spirito nelle anime”(cfr. nota a 1 Cor 12,10).

5. Sulla seconda domanda: per essere liberati dal peccato mortale è necessario il pentimento e la confessione sacramentale.
Se uno muore in peccato mortale e nel frattempo non si è pentito del suo peccato, va all’inferno.
Se invece uno si pente, e col vero pentimento ha pure il proposito di andarsi a confessare, se nel frattempo muore, si salva, perché la grazia comincia ad essere presente dal momento del vero pentimento.
Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Quando è accompagnata dalla carità, la contrizione viene detta perfetta, rimette le colpe veniali e ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale” (CCC 1452).
Pertanto essa “riconcilia l’uomo con Dio già prima che questo sacramento sia realmente ricevuto. Tuttavia questa riconciliazione non è da attribuirsi alla contrizione in se stessa senza il proposito, incluso in essa, di ricevere il sacramento” (DS 1677).

Ti ringrazio molto per la preghiera che mi hai promesso con la recita del Santo Rosario. Continua a farlo. Te ne sarò grato.
Ti assicuro il mio ricordo e ti benedico.
Padre Angelo