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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi trovo di nuovo ad approfittare del suo tempo e della sua disponibilità. Ho cercato di arrangiarmi con delle ricerche approfondite sul vostro meraviglioso sito, che è diventato la lettura quotidiana della famiglia, ma mi pare che la risposta ad alcuni dei nostri dubbi non sia stata già data.
In cambio spero di portarle un po’ di gioia raccontandole la nostra storia.
Due giorni fa, Mercoledì delle Ceneri, abbiamo sofferto un aborto spontaneo. Aspettavamo con amore il nostro quarto bimbo da 9 settimane. E’ stato un dolore grande, ma ci è sembrato anche di scorgere tanti doni e grazie che il Signore ci ha fatto in questa occasione:
– gli Amicidomenicani, che ci permettono di crescere nella fede e di affrontare con Verità le prove della vita;
– l’amorevole saggezza della Chiesa, che con il nuovo catechismo e gli orientamenti espressi da Papa Giovanni Paolo II ci concede di sperare nella salvezza anche di questo nostro piccolo;
– un aumento di fede, perché ora sentiamo più acutamente nel nostro cuore la necessità dell’immensa Misericordia Divina, e sentiamo che la vita del piccolo avrebbe meno senso se non potessimo sperarvi;
– il doppio dono, di darci prima una vita e poi addirittura un angelo: ora siamo una famiglia molto fortunata con un piccolo già in Cielo che ci aspetta;
– una singolare coincidenza, che l’evento si sia collocato proprio all’inizio della Quaresima, nel giorno della penitenza e del digiuno;
– un significato più profondo: non solo penitenza, ma ritorno al Volto di Dio, che abbiamo intravisto nel piccolo innocente che non ce l’ha fatta, in mia moglie immersa nel dolore, nella brutta febbre che avevano gli altri bimbi, nelle lacrime nostre e dei nostri parenti, che non avrebbero mai pensato di sentirsi già così legati alla creatura e di amarla tanto.
In conclusione, ci è sembrato che una coltre di Grazia ci avvolgesse, e che nell’amicizia di Dio non ci possa essere nessun dolore che rimanga veramente tale.

Ora vorremmo essere sicuri di aver fatto tutto quanto si può fare per il nostro figlioletto. Dal sito abbiamo già capito che non si può battezzarlo nella pancia, né si può battezzarlo se è già morto, e che invece è una cosa bellissima far celebrare delle messe per lui/lei, sia per implorarne la salvezza che perché Dio lo abbia in maggior gloria.
I dubbi che restano:
– avremmo dovuto richiedere i poveri resti all’ospedale (dove è avvenuto il raschiamento, il giorno dopo), per dargli sepoltura? non abbiamo avuto la necessaria lucidità per pensarci
– è opportuno celebrare un funerale o è una misura esagerata? ma si può per un non battezzato? e in assenza del corpo?
– vorremmo dagli un nome, ma come si fa se non sappiamo il sesso?

Mi scuso per eventuali sciocchezze teologiche che possono essere state frutto della mia fantasia e la ringrazio anticipatamente per il tempo che eventualmente riuscirà a trovare per risponderci.
Le assicuro una preghiera e la saluto con affetto.
Francesco


Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
anche noi ci uniamo al vostro dolore e al vostro filiale e devoto abbandono alla volontà di Dio che ci ama con un amore immenso, indicibile, anche quando siamo nella prova.
Ti ringrazio anche per quanto dici dell’aiuto e dell’incoraggiamento che vi dà il sito amicidomenicani.
Vengo ora a rispondere alle tue domande.

1. Circa la fine dei resti umani di un bambino morto nel grembo della madre.
Il Magistero della Chiesa ricorda che “i cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani” (Donum Vitae, I,4).
C’è da sperare che le strutture ospedaliere li trattino con rispetto. In genere si mettono in un cofanetto e si depositano nella cassa dove viene deposto il cadavere di un adulto.
Non gli viene data una sepoltura specifica. Ma il corpo viene trattato con rispetto.
In simili frangenti i genitori sono presi da tale oppressione per la morte del bambino che non pensano al resto. Ma dovrebbe pensarci il personale della struttura ospedialiera.

2. Come ti ho detto, non si celebra un funerale specifico.
Non essendoci una normativa in materia, si può pensare che le esequie specifiche si possano celebrare per un bambino già viabile, capace di vita extrauterina (sette-otto mesi).

3. Certo, come fai notare, si tratta di bambini non battezzati.
Il Codice di diritto canonico però prevede che “L’Ordinario del luogo può permettere che abbiano le esequie ecclesiastiche anche i bambini morti senza battesimo, se i genitori avevano intenzione di battezzarli" (can. 1183, § 2).
La norma vale certamente per i bambini nati e morti senza battesimo. Ma nulla impedisce che la normativa si possa applicare anche ai bambini nati morti.
4. Se non c’è il corpo, non vale la pena celebrare le esequie. È sufficiente far celebrare una Messa perché anche quel bambino – come avete detto giustamente – possa cooperare alla maggior gloria di Dio.

5. La questione del nome è meno rilevante. Potete mettergli un nome qualunque indipendentemente dal sesso.
Il nome giova soprattutto a noi per ricordarlo in certi giorni, come ad esempio in quello dell’onomastico, per vivere in particolare comunione con lui e affidarci alla sua preghiera.

Ti ringrazio per la preghiera che mi assicuri.
Assicuro la mia preghiera per te e per la tua bella famiglia.
A tutti mando la mia benedizione.
Padre Angelo