Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Quesito
Caro padre Angelo,
vorrei avere alcune delucidazioni sulla confessione.
Ho saputo che una confessione fatta male, imperfetta, può causare una comunione imperfetta e quindi un sacrilegio.
Tale eventualità mi ha molto impressionato, tanto che raramente mi accosto al sacramento della comunione, perchè temo (anzi forse è meglio dire che ho il terrore) di commettere sacrilegio.
Ad esempio mi è capitato che durante una confessione il prete mi diede l’assoluzione senza che io avessi concluso di accusare tutti i miei peccati. Preciso che non avevo intenzione di nascondere nulla, anzi c’era tutta l’intenzione da parte mia di accusare tutto. Non essendo rimasto soddisfatto della confessione non mi comunicai.
La stessa cosa è avvenuta quando mi ricordai di un peccato commesso da giovane che mi creò molta vergogna ed imbarazzo. Dopo averlo confessato, mi assalirono i dubbi in quanto non ero convinto se fossi stato troppo generico nell’accusa, e se dovevo essere più esplicito o più preciso. Inoltre l’imbarazzo nel confessarlo mi portò ad accusarlo su un filo di voce e per giunta ad un prete che non era neanche italiano, pertanto un altro dubbio che mi assalì fu se il confessore avesse ben inteso il mio peccato. Avendo quindi il dubbio di essermi confessato nuovamente male, ritornai qualche giorno dopo per riaccusarlo nuovamente ma il prete, sapute le ragioni che mi portavano nuovamente alla confessione, non volle saperne di farmi riaccusare il peccato riferendo che non dovevo avere scrupoli, che ciò che era stato confessato in precedenza oramai era alle spalle e che dovevo guardare avanti. Cosa ne pensa?
Come faccio a sapere che la confessione sia formalmente corretta e non rischio di commettere sacrilegio durante la Comunione? Comunque da poco cerco di comunicarmi di più affidandomi alla Misericordia di Dio, sperando di non errare nel partecipare ai sacramenti.
Nell’affidarmi alle sue preghiere La ringrazio di cuore per la sua disponibilità.
Cordialmente.
Giuseppe
Risposta del sacerdote
Caro Giuseppe,
1. la confessione fatta male, perché non si è debitamente pentiti o perché colpevolmente si è taciuto un peccato grave, dà origine ad una Comunione fatta male.
In realtà la confessione fatta male non riconcilia con Dio e la Comunione con il Signore nel Sacramento dell’Eucaristia non è vera.
Questo è il principio generale.
Alla luce di questo principio passiamo in rassegna le confessioni da te fatte.
2. Mi dici che nella prima confessione avevi intenzione di confessare altri peccati. Ma il sacerdote non ti ha permesso di concludere e ti ha dato l’assoluzione.
Questo significa che l’accusa per il sacerdote era sufficiente e che quello che tu avresti voluto dire si configurava come dettaglio che non mutava sostanzialmente i peccati già accusati.
Pertanto la confessione da parte tua era ben fatta e conseguentemente anche la S. Comunione.
L’astensione dalla Comunione è stata un errore.
3. Anche nel caso che i peccati non ancora accusati fossero stati gravi e di una specie diversa da quella confessati, dovevi fare la S. Comunione lo stesso.
Questo perché da parte tua non c’era la volontà di nascondere un peccato.
Quel peccato l’avresti confessato con tranquillità nella successiva confessione, facendo nel frattempo la S. Comunione, se nel contempo non avevi commesso peccati gravi.
4. Circa il peccato commesso da giovane che ti aveva causato imbarazzo e vergogna: l’avevi confessato.
Se la genericità fosse stata così grande da impedire al sacerdote di comprendere di quale peccato si trattasse, evidentemente quel peccato andava riaccusato. Ad esempio c’è genericità troppo grande quando si dice: “ho commesso atti impuri”, sottintendendo che si tratta di un adulterio o di una fornicazione.
Per atti impuri il sacerdote è orientato a pensare che si tratti di atti compiuti da soli sul proprio copro. Adulterio e fornicazione invece sono peccati di altra specie e gravità.
5. Della confessione fatta ad un sacerdote straniero non devi farti alcun problema.
Se il sacerdote non avesse inteso materialmente che cosa dicevi perché parlavi con un filo di voce, oppure perché non comprendeva la specificità del peccato, aveva solo da farti delle domande.
Da parte tua c’era tutta l’intenzione di accusare quel peccato.
Pertanto il sacerdote dal quale sei andato successivamente si è comportato bene rifiutandosi di ascoltare di nuovo la confessione di quel peccato. Ha capito che si trattava solo di uno scrupolo e che il ripetere la confessione non ti avrebbe giovato.
6. Se in certe confessioni dubiti che quanto hai detto sia stato sufficientemente chiaro hai solo da chiedere al confessore di fare delle domande.
Ma se lui ti dice che non occorre, che è già tutto chiaro, devi stare alla sua parola. Il sacerdote è più esperto di te nelle confessioni. E, come diceva il santo Curato d’Ars, sa già più o meno quali sono i peccati che le persone commettono.
Da alcune battute del penitente, talvolta capisce al volo.
7. Pertanto, rimuovi decisamente le inclinazioni allo scrupolo e piuttosto impiega tempo a domandare a Maria di ottenerti da Dio la grazia di un vero pentimento e di una fermezza a tutta prova nell’evitare le occasioni di peccato.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo