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Quesito

Salve padre. La ringrazio in anticipo per il tempo che mi dedicherà e mi scuso subito se troverà codesta lettera prolissa, autoreferenziale o troppo cerebrale. 
Sono Lorenzo, un uomo di 26 anni in continua evoluzione interiore. Dopo molti anni di militanza politica e intellettuale marxista, verso i 18 anni ho cominciato a sentire un forte richiamo di verità provenire dalla storia della Chiesa e dal cristianesimo. Pur essendo stato ateo non ho mai professato odio o astio verso la Chiesa e, contrariamente a molti che vengono attratti dalla fede ma respinti dalla Chiesa, ho cominciato ad intravedere la Verità del cristianesimo e della religione nell’agire politico della Chiesa, nell’idea e nella teoria politica cristiana, nella teologia e nella morale. In breve tempo ho sviluppato, mantenendo certe idee, un rispetto profondissimo e una sconfinata ammirazione per la Chiesa e per la funzione civilizzante della religione e del cristianesimo in particolare.
Quando, successivamente, ho intrapreso gli studi storici e ho scelto di dedicarmi alla storia delle religioni ho avuto modo di studiare la mistica cristiana (insieme a quella islamica, l’altro mio ambito di studi). La lettura di Teresa d’Avila, di Ruysbroec ed Eckhart di Dionigi l’Aeropagita, di Benedetto XVI e dei Padri del Deserto e di tanti altri mi ha tolto dal limbo e mi ha convinto dell’esistenza di Dio e nella infinità bontà di tutto ciò che esiste.
Sono qui tuttavia perché il mio itinerario si è fermato a metà. La serenità di percepirmi come nulla in confronto a Dio, l’intima bellezza di ciò che esiste e la certezza che ogni cosa assume senso di fronte all’Assoluto mi confortano, mi commuovono e mi donano grandissima calma. Questo mi ha aiutato enormemente anche nelle mie relazioni individuali, convincendomi definitivamente, per esempio, della necessità dell’autocontrollo, del valore spesso negativo dei piaceri, dell’importanza di molte virtù cristiane come la pazienza e la mitezza.
Dio mi ha cercato, di questo sono sicuro: nelle letture, nei libri, negli incontri, con tanti piccoli segni. Io penso spesso all’Assoluto, e mi dispiace sempre molto rispondere al suo cercarmi solo col pensiero, con una attenzione intellettuale.
Infatti, ed è questo il motivo per la quale le scrivo, sperando che l’introduzione non sia stata inutile, il mio percorso si è fermato. Il mio rapporto col divino non diventa mai preghiera, affidamento, non arriva a credere nel potere salvifico degli atti e dei riti, di cui pure intravedo la Bellezza. Il mio ringraziamento a Dio rimane sempre un ringraziamento intellettuale, per le sue opere, e non penetra nel cuore come penso dovrebbe. Oscillo continuamente tra la voglia di seguire il suo richiamo e la prevalenza di idee panteistiche, quietistiche, che però spesso riconosco come mezze bugie.
Dio mi ha fatto dono di alcune persone che vivono la fede, talune anche dopo percorsi teologici, di studio della religione cristiana e della parola di Dio.
Le chiedo, Padre: come posso smuovere il mio cuore? Portarlo definitivamente dalla contemplazione intellettuale e distante di Dio alla preghiera? Molte cose esteriori mi fermano: le persone attorno a me potrebbero non capire; la compagna che ho da molto tempo, per quanto non contraria, soffrirebbe forse di un mio impegno nel controllo sessuale che una conversione richiederebbe. Ma so per certo che con la vera fede e con l’aiuto questo percorso diventerebbe possibile.


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo, 
innanzitutto ti domando scusa per il forte ritardo con cui ti rispondo. Solo oggi sono giunto alla tua mail dell’ottobre scorso (2020).
Mi spiace tanto più per quello che mi hai scritto.

1. In secondo luogo mi compiaccio per la tua ricerca della verità iniziando dalla militanza intellettuale e politica marxista con la sua intrinseca componente atea.
Tuttavia non hai mai provato odio e astio nei confronti della Chiesa.
Penso che sia stata proprio questa mitezza d’animo la ragione di fondo della tua ricerca di Dio e della tua continua evoluzione interiore.
San Tommaso dice che la mitezza “porta l’uomo al massimo grado di padronanza di sé” (Somma teologica, II-II, 157, 4).
Dice anche che se le virtù morali sono disposizioni necessarie per la contemplazione che viene impedita dalla violenza delle passioni e dai tumulti esteriori, la mitezza ha un effetto particolarmente bello perché “prepara l’uomo alla conoscenza di Dio” (Ib., ad 1).
Rendendo l’uomo padrone di sé, lo porta a non contraddire le parole di verità, “cosa che molti fanno spinti dall’ira”. 

2. C’è stato poi qualcosa che ti ha portato ad avere “un rispetto profondissimo e una sconfinata ammirazione per la Chiesa e per la funzione civilizzante della religione e del cristianesimo in particolare”.
Penso che il segreto di tutto questo sia racchiuso nel concetto di persona sviluppato dal pensiero e dalla dottrina cristiana.
Credo che oggettivamente si debba convenire con quanto disse un giorno Paolo VI, e cioè che “nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa sulla persona umana, anche singolarmente considerata, circa la sua originalità, la sua dignità, la sua intangibilità e la ricchezza dei suoi diritti fondamentali, la sua sacralità, la sua educabilità, la sua aspirazione ad uno sviluppo completo, la sua immortalità, ecc.” (Udienza generale del 4.11.1968).

3. San Tommaso d’Aquino ha trovato il fondamento di questa dignità nel fatto la persona è capax Dei, l’unica creatura di questo mondo visibile che a motivo della sua razionalità è capace di conoscere, di amare e di possedere Dio per sempre.
Proprio per questo mentre tutte le altre creature sono destinate a servire la persona, solo una persona ha dignità di fine.
Dio stesso si relaziona con lei non come l’artefice si relaziona con l’artefatto, ma come in una società di amici volendo che ciò che costituisce la propria perfezione e la propria gioia costituisca anche la perfezione e la gioia dell’uomo.

4. Fatte queste premesse o, per meglio dire, digressioni, vengo al dunque della tua mail.
Sei alla ricerca di un rapporto con Dio che non sia semplicemente intellettuale, ma che riempia la tua vita.
Hai letto diversi scritti di mistici, di persone che sono vissute con Dio. Questo ti ha fatto scoprire l’esistenza di un altro mondo, che è quello vero e definitivo, mentre quello nel quale noi attualmente abitiamo è segno e richiamo permanente.
Hai letto Santa Teresa d’Avila. Ebbene, proprio a proposito di Santa Teresa d’Avila mi piace ricordare che Edith Stein, filosofa e precedentemente atea come te, la sera del 4 agosto 1921 si trovava in casa di amici e le capitò di fissare gli occhi su un libro intitolato: Vita di Santa Teresa d’Avila scritta da lei medesima. Era l’autobiografia che scrisse per l’ordine che le aveva dato il suo confessore domenicano, il padre Garcia de Toledo.
Edith lo lessi tutto d’un fiato. Vi staccò gli occhi solo quando lo concluse e disse: questa è la verità.
La verità non in astratto, ma la verità di come vada vissuta la vita umana nel tempo presente.

5. Edith Stein andò poi a comprarsi un catechismo della Chiesa cattolica. Lo lesse. Poi andò a Messa e di quella Messa disse che finalmente aveva capito tutto.
Da quel momento Gesù Cristo diventò l’oggetto dei suoi interessi, dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, della sua vita.
Cominciò a parlarne ovunque andava per le sue conferenze. Qualcuno le fece osservazione e le suggerì di non citare così spesso Gesù Cristo, di rimanere sul piano naturale, razionale. Ma lei ormai aveva capito che anche il piano naturale o razionale ha la sua pienezza solo in Cristo.

6. Di che cosa hai bisogno tu per vivere un rapporto con Cristo che riempia la tua vita come quello di Edith Stein? 
Hai bisogno di una realtà che sta muovendo la tua vita, ma che non vi è ancora penetrata.
Questa realtà si chiama grazia.
Per grazia si intende quella realtà che porta la presenza personale di Dio nel cuore dell’uomo e porta l’uomo nel cuore di Dio.
Finché non c’è la grazia, sentirai sempre un vuoto, un abisso che separa la tua conoscenza di Dio dall’unione con Dio, dal possesso di Dio.

7. La grazia sta agendo in te ormai da tanto tempo. Ci sono illuminazioni, ci sono moti nel cuore, ci sono richiami, ci sono forse anche dilatazioni del tuo spirito che sente un trasporto verso Dio, verso Gesù Cristo, ma non riesci ancora ad afferrarlo.
Tutte le realtà che ho descritto vengono chiamate in gergo teologico “grazie attuali”. Sono momentanee e le senti in maniera chiara.
Per mezzo di esse Dio preme attorno alla vita di una persona per potervi finalmente entrare con la grazia abituale e cioè che dispone una persona a vivere l’unione con Lui in maniera permanente, abitualmente. È la grazia santificante.

8. La grazia santificante entra attuando una duplice azione: la purificazione del cuore e l’unione personale con Dio, da cuore a cuore.
È per questo che le grazie attuali le possono sperimentare anche le persone che sono prive della grazia santificante, e cioè quelle che vivono nel peccato mortale,
La grazia santificante invece è incomponibile con il peccato. Entrando nell’anima, lo rimuove il suo posto porta la presenza personale di Dio.

9. Di che cosa hai bisogno dunque per vivere quell’unione con Dio alla quale aspiri e che senti essere la realtà che ti manca?
Hai bisogno dei sacramenti e in primis della confessione sacramentale.
Questa toglie per misericordia di Dio le macchie che sporcano la tua anima e impediscono l’unione col Signore.
Ci sono nella tua vita forse ancora alcune realtà che come un laccio impediscono lo spiccare del volo. Sono quelle che in gergo teologico vengono chiamate peccato grave o mortale.
È necessario dunque che venga spezzato questo laccio.
Hai bisogno che Dio intervenga, che spezzi quello che ti tiene legato e introduca in te un’attrazione verso di Lui al punto da essere contento di lasciare quello che prima ti pareva impossibile.

10. Sant’Agostino ha descritto  così l’azione purificatrice ed elevante di Dio nella sua anima: “Con quanta mia consolazione mi fu tolto a un tratto il senso dei vani piaceri!
Quei piaceri che tremavo di perdere e che adesso mi era gioia il lasciare!
Infatti eri Tu che me li cacciavi via. 
Tu vera e somma dolcezza; me li cacciavi, e in cambio di essi entravi Tu, più soave di ogni piacere, ma non alla carne e al sangue; Tu più luminoso di ogni luce, ma più interiore di ogni segreto, Tu più sublime di ogni altezza, ma non per quelli che sono sublimi in se stessi.
Già l’animo mio era libero dalle dolorose preoccupazioni dell’ambizione, del guadagno e della scabbia delle passioni, inquiete e pruriginose. Esclamavo di gioia verso di Te, mia luce, mia ricchezza e mia salvezza, Signore mio Dio” (Confessioni, IX,1).
Solo dopo questa azione di Dio dentro di te non ti sentirai più diviso interiormente. Quello che forse adesso temi di perdere, sarai contento di averlo lasciato perché al suo posto dentro ci sarà ciò che di più grande ed inimmaginabile si possa pensare: Dio.

Perché il Signore possa attuare al più presto questa azione santificante nella tua vita ti assicuro la mia preghiera.
Ti ricorderò in modo particolare nella Santa Messa che tra breve celebrerò.
Ho ricordato la conversione di Edith Stein che avvenne nella notte che concludeva il 4 agosto 1921, giorno in cui la Chiesa celebrava il settimo centenario della morte del nostro santo padre Domenico.
Quest’anno, l’8 agosto, celebriamo l’ottavo centenario della morte di San Domenico. Come sarebbe bello se si rinnovasse nella tua vita quando è capitato in Edith Stein. Mi piace pensare: proprio per l’intercessione del Santo padre Domenico.
Ti benedico e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo