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Passarono gli anni.
I miracoli si moltiplicarono.
Venivano curati i malati, i poveri e gli invalidi ricevevano benefici dal potere Divino di questo incomparabile mulatto.
Però nulla restava più del giovane baldanzoso, forte, vigoroso degli anni passati.
Frate Martino de Porres era ora un uomo indebolito dai suoi numerosi digiuni, veglie e fatiche. La sua salute era minata. Molto ricurvo, camminava appoggiato ad un bastone.
Come in tante altre sere, aiutava il fratello sagrestano a preparare gli ornamenti e i calici per la Messa del giorno seguente.
Con quale rispetto e reverenza toccava i lini, disponeva i vasi sacri che il giorno dopo avrebbero custodito il Sangue di Cristo!
Quando terminava il suo lavoro, si ritirava per gran parte della notte vicino ad uno degli altari, per continuare qui le sue orazioni ed era proprio questo il momento nel quale molte volte entrava in estasi ed il suo corpo si sollevava da terra di vari metri.
Intanto passavano le ore.
Nella parte alta del coro della Chiesa si odono dei passi frettolosi.
Sono i religiosi che si recano alla preghiera del mattutino.
Quasi 200 voci si levano, in coro alternato, in un ritmo monotono e concorde.
All’improvviso tutte le voci si uniscono nella medesima esclamazione: “Che succede?”
I volti si volgono attoniti all’altare che sembra illuminato come se un chiarore celestiale aveste dissipato le ombre della notte. Tutti gli occhi si volgono per cercare di indagare la causa di questo strano fenomeno, mentre i più giovani corrono verso le scale del coro.
La luce proviene da uno degli altari laterali. Lentamente due o tre religiosi ai avvicinano, facendosi coraggio.
“Chi è vicino a quell’altare?” Grida uno. Sembra il busto di un uomo… E’ certo.
E’ Frate Martino – dice un altro emozionato. E poco a poco ai avvicinano tutti gli altri domenicani che formano un cerchio intorno al mulatto, cadendo in ginocchio dinnanzi a quell’umile creatura.
Frate Martino, il viso trasfigurato e l’abito più bianco della neve resta all’oscuro di tutto quanto gli sta succedendo intorno.
Sollevato da terra ed in estasi.
In un’altra occasione entra nella cella un religioso che voleva parlare con lui.
Non vedendolo stava per andarlo a cercare da un’altra parte, quando sentì toccare il cappuccio da qualcosa di strano.
Alzò il capo e, con stupore, vide che il suo cappuccio non era stato toccato da altro se non dai piedi di Frate Martino che stava a mezz’aria in una delle sue frequenti estasi.
Accadde che il Padre Priore dovesse parlare con urgenza con lui.
Per tre ore lo cercarono per tutto il convento, senza trovarlo.
Alla fine un giovane indio, che si trovava nel convento, disse nella sua incerta lingua castigliana:
– Frate Martino oggi è invisibile
– Perché? – gli chiesero.
– Perché oggi Frate Martino si comunica.
Infatti, proprio qui era la spiegazione della sua assenza, quando si comunicava ogni otto giorni si ritirava in luoghi molto appartati per un’azione di grazia.
Però siccome molti lo cercavano per i suoi servizi, non mancava mai di incontrare qualcuno che lo disturbasse.
Allora il Signore, con estrema delicatezza lo ripagava della sua ansia di restare con lui, rendendolo invisibile.
In questi momenti di silenzio e solitudine, si realizza il mistero della sua capacità di essere in due luoghi diversi, che lo faceva trasportare a 1000 km, senza lasciare il convento, esercitando un intenso ministero apostolico e caritativo, a Tunez, in Cina e in Giappone.
Una volta che il Padre Priore ebbe bisogno di lui con urgenza, Frate Cipriano disse al suo Superiore: “Padre, ditegli di venire per obbedienza e vedrete che non mancherà di apparire”.
Infatti il Priore con tono solenne, ordina:
– Frate Martino, in virtù della Santa Obbedienza ti ordino di presentarti qui.
Cosa inaudita, appare Frate Martino, disponibile e sorridente, come se fosse stato a due passi di distanza.
Da quel giorno nessuno cercò più di disturbano durante il giorno della Comunione.
Alla fine, in moltissime altre occasioni, molti testimoni lo sorpresero in questi momenti di rapimento e di estasi ed in luoghi diversi, nella Chiesa, nella sala capitolare, nella portineria, in cella e anche in luoghi fuori dal convento. E’ vero che la Santità non consiste nelle estasi, però questo dono è un segno dell’unione dell’anima con Dio.