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Quesito
Salve Padre Angelo,
la ringrazio per il lavoro edificante che svolge e mi scuso in anticipo se quello che scrivo sarà un po’ lungo.
Sono un ragazzo di 19 anni, battezzato quest’anno ma convertito già da marzo del 2014. Da quando mi sono convertito, ho sempre cercato gradualmente di piacere a Dio nell’anima e nel comportamento, visto che venivo da un passato in cui, anche se non ero lo scandalo del paese, comunque con i miei peccati sul modello del furto delle mele (cioè piccoli all’apparenza ma grandi nella sostanza come quelli più scandalosi), ero completamente lontano dal Signore. Dalla conversione però (graduale, perché io sono stato prima avventista, poi protestante, dopo un sedevacantista, infine cattolico grazie alla santità che emanava Papa Francesco in alcune sue azioni), per ripagare al grande dono che mi era stato fatto immeritatamente, man mano è cresciuta in me la voglia di soffrire per Lui, di fare penitenza perché io fossi sempre più simile a Lui, seguendo l’esempio di S. Francesco, a cui io sono molto devoto e per riparare le offese ricevute da Dio. Nella scorsa estate allora mi vedevo trascorrere quasi ventiquattro ore in meditazione, anche mentre svolgevo altre occupazioni, e in più trovavo respiro nel disobbedire alla mia volontà e nel fare penitenza spirituale e corporale per i peccati commessi da me e da altri. Proprio in questo periodo durante momenti di preghiera mi sentivo nel cuore un qualcosa che mi invogliava, con ancora più serenità, a patire, ma non so descrivere questa essenza, perché ci vorrebbe un dizionario ed una lingua a parte. Dopo queste dolcezze però mi sono trovato completamente in solitudine perché la maggior parte delle persone che conoscevo sembrava quasi tentare di ostacolarmi nel mio cammino, ed è stato un periodo molto sofferente perché trovandomi senza più alcuna consolazione, ero immerso nella prova. Solo al momento del dolore più lancinante, mi sono ritrovato una mattina a svegliarmi come se fossi protetto da una specie di "sfera" e sentivo in me, in quel momento, la sensazione che non avrei potuto peccare quel giorno non perché io fossi superiore, ma per la superiorità di Colui che mi proteggeva, Anche in questo senso non saprei come spiegare. Ho letto in alcuni diari spirituali che si potrebbe trattare di orazione di quiete. Il guaio sta nel periodo successivo a questo, ovvero a quello che soffro oggi. Infatti da quest’estate ad oggi sono in una completa aridità; la mia anima e addirittura il mio corpo sono stanchi, da quando mi sveglio fino alla sera; i momenti di preghiera, invece di essere consolatori, sono come se tirassi testate al muro. A volte per diminuire il dolore della secchezza dello spirito, specie quando prego, sono costretto a colpirmi nel corpo. Ho spesso tentazioni alla lussuria, all’ira e alla violenza. Sono spesso nervoso e non conservo più la capacità di umiliarmi alle offese. In più, come se non bastasse, molti pensano che io sia una brava persona, ma non è vero, e questo accresce ancora di più la mia vanità e la mia superbia. In più i miei difetti maggiori si sono rialzati: tra questi specialmente la vanità fisica. Infatti, prima della mia conversione, facevo palestra e pugilato (anche se per gioco, non a livello agonistico), per irrobustire il corpo. Per ridurre questa mia vanità, feci alcuni digiuni per dimagrire, perdere muscoli e non avere più vanità della robustezza del mio fisico, ma a volte oggi, vedendomi più magro e debole, si avvera in me la tentazione di cui scrive anche S. Paolo: "Il cane torna indietro al suo vomito". Perciò, se ne ha la pazienza e la possibilità, mi dica come risolvere l’aridità e la vanità del fisico, e se veramente questa sia vanità o solo uno scrupolo.
La ringrazio in anticipo e la ricordo nelle mie preghiere.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. mi dispiace anzitutto di risponderti con così grande ritardo.
Leggendo la tua mail, forse sarà accresciuto ulteriormente il senso di aridità, se non altro perché aspettavi un aiuto da me e non è arrivato.
Mi auguro che nel frattempo il Signore te l’abbia fatto arrivare da qualche altra parte.
2. Come prima cosa mi compiaccio con il Signore che ti ha tratto “dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2,9).
Un tempo sei stato anche tu tenebra, ora sei luce nel Signore (Ef 5,8).
Sei luce a te stesso.
E sei luce anche per tanti altri che lodano Dio per quanto è riuscito a fare in te.
3. Leggendo la tua mail affioravano alla mente le vicende di alcuni santi:
Santa Teresina del bambin Gesù, santa Giacinta di Fatima, un ragazzino di cui avrai sentito parlare, un certo Manuel.
Ma poi anche Santa Faustina Kowalska e il padre Marie Joseph Lagrange, che si sta avviando alla beatificazione.
4. Certamente anch’io mi sono domandato se l’aridità che stai avvertendo sia dovuta a negligenza nella tua vita spirituale oppure a qualcosa d’altro.
Ora, dal momento che non accenni a peccati gravi ma, al contrario, a desideri che alcuni non comprendono (ad esempio quello della sofferenza o della croce) inclino a pensare che si tratti di una purificazione alla quale il Signore ti sta avviando.
5. E allora cerco di spiegarmi che sta avvenendo in te con le esperienze dei Santi che ho menzionato.
Tu di recente nel giorno del tuo Battesimo hai fatto la prima Comunione.
San Tommaso ricorda che l’effetto proprio dell’Eucaristia è la nostra trasformazione in Cristo. E che il Cristo presente nell’Eucaristia è il Cristo immolato, il Cristo crocifisso. Lo chiama il Christum passum.
Ebbene il desiderio di soffrire, che potrebbe scandalizzare più d’uno che legge questa nostra corrispondenza scambiandolo per masochismo, è il desiderio di amare il Signore sulla medesima lunghezza d’onda dell’amore che Cristo ha avuto per noi.
Per noi il Signore ha accettato tutto fino alla fine.
E man mano che il nostro amore cresce per il Signore, vorremmo contraccambiare facendo qualche cosa per lui, cooperando insieme con lui nella redenzione degli uomini, sottraendoli alla vanità della loro condotta e portarli nel suo regno di luce.
6. Dopo aver fatto la sua seconda Comunione Santa Teresina del bambin Gesù scrive: “Sentii nascere in me un gran desiderio di soffrire, e al tempo stesso l’intima sicurezza che Gesù mi riservava un gran numero di croci; mi sentii inondata di consolazioni così grandi che la considero come una delle grazie maggiori nella mia vita. Soffrire divenne il mio ideale, aveva un fascino che mi rapiva senza che io lo conoscessi bene. Fino allora avevo sofferto senza amare la sofferenza, da quel giorno ne provai un vero amore. Sentivo anche il desiderio di amare soltanto il buon Dio, di non trovar gioia che in lui. Spesso durante le mie comunioni ripetevo le parole della Imitazione: «O Gesù! Dolcezza ineffabile cambiate per me in amarezze tutte le consolazioni della terra!» Questa preghiera usciva dalle mie labbra senza sforzo, senza costrizione; mi pareva di ripeterla non per mio volere, ma come una bambina la quale ripeta parole suggeritele da una persona amica” (Storia di un’anima, 113).
7. La medesima esperienza avvenne in Santa Giacinta Marto.
Dopo aver ricevuto la prima Comunione direttamente dall’Angelo sentì emergere in lei il desiderio di soffrire per la conversione dei peccatori e per il papa.
Aveva solo sette anni quando cominciò a sentire un autentico trasporto verso il mezzo della nostra Redenzione al punto da sottoporsi a sacrifici dinanzi ai quali noi adulti ci sentiamo umiliati.
Al fratello Francisco Gesù dopo la prima Comunione aveva messo un trasporto verso di Lui, a stare con Lui. E Francisco stava ore e ore in Chiesa godendo della presenza di “Gesù nascosto”, così lo chiamava.
A Giacinta invece aveva dato il desiderio di soffrire.
8. Ugualmente anche Manuel di Calatafini, un ragazzino morto nel 2010 di cancro all’età di 9 anni. Parlava con Gesù e talvolta quando volevano dargli un antidolorifico diceva di aspettare ancora un po’ perché voleva offrire la sua sofferenza a Gesù che ne aveva bisogno.
Dice: “Non pregate per la mia guarigione perché con Gesù ho fatto un patto. Il Signore mi ha chiesto se volevo accettare una missione, precisandomi in cambio che non c’era la mia guarigione fisica e io ho risposto che accettavo”.
Scrive poi: “I miei occhi vedono ciò che altri non vedono, perché nel buio della mia vita, per alcuni vuota e insignificante, io vivo cose bellissime.
La sofferenza per me è stata un dono di Dio, perché ho imparato a soffrire le stesse piaghe di Gesù e con Lui nel cuore io scopro, ogni giorno qualcosa di più nuovo, di più grande, di più bello”.
9. Non mi meraviglio che il Signore nella Comunione accenda in te desideri che altri non hanno, non capiscono e addirittura disprezzano.
10. Per le tue aridità mi è affiorata alla mente l’esperienza di santa Faustina Kowalska.
Si era da poco ripresa nella vita spirituale in seguito ad una visione di Gesù flagellato ed era entrata in Noviziato.
E proprio in quel periodo, che dovrebbe essere uno dei più belli della vita religiosa, ad un certo momento fu assalita dall’aridità spirituale.
Non da quell’ aridità che ha origine dalla svogliatezza, dal peccato e dalla distrazione, ma da un disegno misterioso di Dio che la voleva purificare dal desiderio di stare col Signore per la gioia che deriva da Lui, ma per prolungare nella propria carne la redenzione di Cristo a favore di molti.
11. Ho pensato anche al grande domenicano p. Marie Joseph Lagrange, il fondatore dell’Ècole biblique di Gerusalemme.
Aveva fatto un noviziato che, al suo dire, era stato più di cielo che terra.
Ma appena iniziati gli studi successivi fu preso da una spaventosa aridità della quale non riusciva a rendersi conto.
Continuava perfettamente a compiere tutti i propri doveri, ma l’aridità continuava. Ebbe solo la pausa di un giorno nella festa di san Michele Arcangelo nell’anno successivo. Poi di nuovo aridità, fino a quando non fu stabilito in Cristo, per cui da questa unione ebbe tutta la forza per continuare anche lui nella propria carne la passione di Cristo a favore del suo corpo, la Chiesa.
12. Forse in te, come in una specie di noviziato della vita spirituale, c’è un po’ di tutto questo.
Forse non sarai un santo come quelli che ho menzionato, ma mi pare di vedere dei germi di quella medesima stoffa.
13. Pertanto ti esorto alla fedeltà alla grazia, alle ispirazioni del Signore, ai tuoi impegni di preghiera, all’esercizio delle virtù, soprattutto dell’umiltà, della purezza e della carità.
14. Per quanto attiene alla palestra e al pugilato ti direi di continuare perché i nostri corpi hanno bisogno di movimento e di esercizio.
Rimuovi però ogni pensiero di vanità pensando che quell’esercizio fisico deve essere accompagnato da un altro esercizio, quello di cui parlava San Paolo quando diceva: “Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato” (1 Cor 9,24-27).
Allora se al termine della giornata vedi che hai fatto il primo esercizio ma non il secondo, impegnati subito a rimediare e ad applicarti alla palestra dell’anima con la preghiera e accettando in rendimento di grazie e dalla mano del Signore tutte le prove e i dispiaceri della giornata.
In questo modo sazi il desiderio di sofferenza e prolunghi nella tua carne la redenzione di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Ti ringrazio per la tua mail e per le tue preghiere.
Ho già cominciato a rimediare al ritardo con un supplemento di preghiera per te.
Ti ricorderò ancora al Signore e ti benedico.
Padre Angelo