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Quesito
Buon pomeriggio padre Angelo.
Sono un ragazzo credente omosessuale che vive con grande disagio questa sua condizione. Chi non l’ha provata, non sa cosa vuol dire. Sentire dissociazione tra sesso biologico e “psichico” se così si può dire è qualcosa di veramente lacerante. Molti vedono questa condizione come frutto di una libera scelta, ma non è così. Nessuno infatti sceglierebbe di essere omosessuale. So che la Chiesa non condanna la tendenza ma gli atti. Ma ciò a mio avviso non basta a comprendere una situazione così complessa. Non capisco perché il peccato di atti omosessuali sia considerato molto grave anche rispetto ad altri peccati di natura sessuale. Si dice che tale peccato “grida vendetta al cospetto di Dio”. Ma questo ragionamento potrebbe essere valido se si trattasse appunto di una libera scelta. Come l’omicidio volontario. Io scelgo deliberatamente di uccidere una persona (salvo casi di gravi turbe psichiche che intaccano la volontà). Ma io non nasco omicida. Non posso dire di essere una persona “con tendenze omicide”. Credo che la situazione sia diversa. Dire che non sia peccato la tendenza, ma solo l’atto, mi sembra come dire “non è peccato che tu nasca con i capelli rossi, basta che poi ti fai la tinta o ti metti una parrucca per non farli vedere”. È molto più complessa la cosa di quanto si possa immaginare. A maggior ragione perché sovente, chi è omosessuale, afferma di essere nato così. Quindi, in in certo senso, per volontà di Dio. Se Dio non avesse voluto creare persone con tendenze omosessuali, che non siano frutto deliberato di una scelta personale, non l’avrebbe fatto. Sì può forse asserire che Dio non crea persone con tendenze omosessuali, ma che lo permette. Che a causa del peccato originale anche la creazione si è “macchiata”, è che i germi di tale male possono arrivare a creare disordini sessuali. Il Signore mi ha fatto comprendere (almeno credo), già da molto tempo, che l’omosessualità sia il frutto di scompensi psichici, secondo le teorie poi riprese dallo psicologo J.Nicolosi. Lo stesso catechismo parla di “genesi psichica” che tuttavia rimane inspiegabile. In poche parole, tali teorie rimandano l’origine dell’omosessualità ad un rapporto conflittuale, fortemente problematico con il proprio padre ed un rapporto squilibrato invece con la propria madre. Leggendo e documentandomi, mi sono pienamente rivisto in tutto ciò, io come tanti altri, per questo dico che mi sembra abbastanza chiara l’origine psichica. Quindi, se da un lato posso dire “non sono nato così” dall’altro è inevitabile dire “sono diventato così non per mia scelta”. Senza entrare nello specifico di ciò che è accaduto nella mia famiglia, mi vengono in mente le parole della Bibbia che affermano che le colpe dei padri ricadono sui figli. Questo, come spiegatomi da un sacerdote, non perché ci sia una qualche maledizione, ma perché appunto, inevitabilmente, se sono figlio di un padre violento, la sua violenza ricadrà su di me e così via. Il problema è che io figlio non ho colpa. Questo è il grande dramma. Per questo, tante volte dico a Dio, ma che colpa ne ho io? Se anche tali tendenze siano il risultato psichico delle colpe dei miei famigliari, che colpa ne ho io? E soprattutto, cosa fare? Da un lato c’è il mondo che va sempre più verso la normalizzazione di tali rapporti. Se dovessi chiedere a qualcuno, mi direbbe che non c’è alcun problema. Che l’amore è amore. Che non si fa nulla di male. Che il Signore ci giudicherà sulla carità che abbiamo esercitato “avevo fame e mi avete dato da mangiare…” E non su con chi siamo andati a letto. Ciò mi fa spesso interrogare. Cosa conta di più agli occhi di Dio? Che non si abbiano rapporti con altri uomini o che si faccia del bene? Bo. Secondo alcuni, la mia felicità sarebbe nell’assecondare tale tendenza. Solo così sarei veramente libero di essere “me stesso” e di stare in pace. Anzi, in tal modo, essendo “appagato sessualmente” potrei addirittura fare maggiormente opere di bene e di carità stando in pace con me stesso. Ma è veramente così? Io non lo so. Questo è ciò che dice il mondo. Ciò che dicono molti omosessuali, che all’apparenza sembrano felici di vivere la loro sessualità liberamente e che incoraggiano altri a fare altrettanto, sostenendo che la repressione sessuale crea danni psichici non indifferenti. Mi aiuti padre, poiché tali pensieri mi seducono. Lo ammetto. Vedendo che intorno a me, dalla TV ai giornali etc, tutti, anche persone di un certo spessore culturale, dicano “non c’è nulla di male” ammetto di non essere indifferente a tali pressioni, se così si può dire. Non so come fare. Vorrei che il Signore mi aiutasse ma è come se mi abbia abbandonato. Lo sento lontanissimo. Spesso ho avuto sentimenti di rabbia verso di Lui. Quasi come il “cattivo ladrone”, che gli diceva “non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!” Così anche io, mi viene da dirgli “Se sei il Cristo, guariscimi! Aiutami!” Rabbia che nasce dal fatto che, come ho scritto, tale condizione non è frutto di una mia scelta. E le assicuro che, a mio avviso, è molto più doloroso ciò di una malattia fisica, poiché tale condizione crea una dissociazione e una lacerazione interiori tali che portano a dire “ma chi sono io?”
Se può, le chiedo di aiutarmi, poiché sento di essere a un passo dall’iniziare a vivere secondo l’opinione comune del mondo, ossia vivendo la sessualità liberamente senza problemi poiché non c’è nulla di male.
Giudichi lei se pubblicare o meno sul sito tale lettera, se può essere di aiuto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
sono passati alcuni anni da quando mi hai scritto questa mail. Come vedi, non è andata perduta.
Sono tanti i problemi che hai tirato fuori. Vedrò di rispondere a tutti.
1. Anzitutto ti do atto di riconoscere che l’omosessualità è un disordine. Perché evidentemente la sessualità, e qui per sessualità intendo genitalità, è essenzialmente bipolare. L’apparato genitale viene detto tale proprio perché di suo è ordinato a generare la vita.
Ora la vita viene generata nella congiunzione di due sessi diversi.
Per quanto si voglia dire che essere omosessuali sia la stessa cosa che essere eterosessuali, c’è la realtà delle cose, la natura, che smentisce questa affermazione.
2. Ugualmente ti do atto di riconoscere la componente psichica di questa inclinazione. Non so se le motivazioni che tu hai riportato (sono quelle che vanno per la maggiore) siano esatte. Può darsi che lo siano.
Ma non entro nel merito di questo sia perché – se non ne sono certi gli esperti – tanto meno lo sono io.
E molto di più perché sembrano corrispondenti alla domanda posta a Gesù nei confronti del cieco nato: quella cecità era dovuta al comportamento dei genitori o a qualcosa d’altro? Il Signore rispose: né per colpa dei genitori, né per colpa di qualcosa d’altro “ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).
3. Certo, per quella cecità non si poteva incolpare Dio o dire che fosse volontà di Dio che quell’uomo fosse cieco. Ciò era dovuto ad un disordine della natura infettata dal peccato originale.
Analogamente non si può dire: “se sono nato omosessuale è volontà di Dio che io sia omosessuale”. Il male in quanto è un disordine non è mai voluto da Dio. Rientra solo nelle sue permissioni.
E siamo certi che lo permette in vista di un bene più grande: “perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).
4. Riconosco che sebbene gli atti impuri contro natura siano annoverati tra quelli che gridano verso il cielo e tra questi ci sia anche l’omicidio volontario, c’è una grossa differenza tra i due atti. E non soltanto per la gravità intrinseca dell’azione (l’uccisione di una persona) ma anche perché l’omicidio è volontario, ma tu hai sottolineato, mentre l’inclinazione omosessuale non è volontaria.
Tuttavia gli atti, sì, sono volontari.
Anche altre tendenze, sia di natura sessuale sia di altra natura, potrebbero essere involontarie. Ma l’involontarietà dell’inclinazione, sebbene possa influire sull’imputabilità dell’atto, non rende buono l’atto né lo giustifica. Rimane un atto intrinsecamente disordinato.
5. Poi scrivi: l’amore è amore.
È vero, l’amore è amore. Ma perché esprimerlo con atti che di suo sono ordinati a suscitare la vita?
Non si tratta forse dell’alterazione e della profanazione del disegno del Creatore?
E poi ancora: che male c’è? Beh, certo, sotto il profilo sociologico tali atti potrebbero non causare alcun male.
Ma la valutazione del cristiano non è di ordine sociologico. Ci si deve chiedere: questi atti giovano alla santificazione? Ravvivano il fervore nei confronti di Dio?
Dio stesso per bocca di san Paolo ci dà il criterio di valutazione: “Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito.
Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito” (1 Ts 4,4-8).
6. Tu sembri attribuire la colpa ai genitori.
Io sarei più cauto nel dare la colpa ai genitori o alla famiglia. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che la genesi psichica dell’omosessualità “rimane in gran parte inspiegabile” (CCC 2357).
È vero che nell’Antico Testamento si legge che le colpe dei padri ricadono sui figli, ma queste parole non vanno in tese alla lettera perché evidentemente si tratterebbe di una palese ingiustizia. Possono significare che inducono i figli a camminare sulla loro stessa strada o anche che peccando si perde il bene più grande, paragonabile a quello dei padri che perdono i propri figli.
In ogni caso si legge anche: “Chi pecca morirà; il figlio non sconterà l’iniquità del padre, né il padre l’iniquità del figlio. Sul giusto rimarrà la sua giustizia e sul malvagio la sua malvagità” (Ez 18,20).
Anzi questo testo prosegue così: “Ma se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato” (Ez 18,21-22).
La Bibbia di Gerusalemme commenta: “Non solo l’uomo non è oppresso dai crimini dei suoi antenati, ma può sottrarsi al peso del suo passato.Viene dato risalto alla nozione di conversione (e anche di perversione) non collettiva ma strettamente personale. Solo l’atteggiamento attuale della persona determina il giudizio di Dio”.
7. Prosegui asserendo che “il Signore ci giudicherà sulla carità che abbiamo esercitato “avevo fame e mi avete dato da mangiare…”. E non su con chi siamo andati a letto. Ciò mi fa spesso interrogare. Cosa conta di più agli occhi di Dio? Che non si abbiano rapporti con altri uomini o che si faccia del bene?”.
Anche San Tommaso nota che nel discorso sul giudizio finale Gesù parla solo delle opere di misericordia. Ma subito dopo aggiunge: “alcuni presero l’occasione per sbagliare, dicendo che ci si salva solo per le opere di misericordia, o ci si danna per la loro omissione; così che se qualcuno avrà commesso molti peccati, e si esercita nelle opere di misericordia, sarà salvato, secondo le parole di Dn 4,24: «Sconta i tuoi peccati con l’elemosina, e le tue iniquità con atti di misericordia verso i poveri»”.
Ma, osserva San Tommaso, contro questo pensiero sbagliato si oppone ciò che si legge nella Lettera ai Romani a proposito di quelli che “non hanno glorificato Dio né lo hanno ringraziato, ma si sono perduti nei loro vari ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata” (Rm 1,22). “Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi, dunque, non hanno alcun motivo di scuse” (Rm 1,20).
E dopo aver detto che costoro “sono stati abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi” (Rm 1,24) aggiunge che “gli autori di tali cose meritano la morte perché non solo li commettono, ma anche approvano chi li fa” (Rm 1,32).
Evidentemente si fa riferimento alla morte spirituale, alla morte della vita di grazia e alla sua conseguenza che è la perdizione eterna, se nel frattempo non c’è il pentimento.
Dice infatti Sant’Agostino che tutti peccano nel mondo, tuttavia non tutti si dannano; ma quelli che non si pentono e non soddisfano. Chi invece si pente e promette di soddisfare con le opere di misericordia, si salva.
Non ci vuole molto poi a comprendere che qui la tua conclusione porterebbe a giustificare l’adulterio e ogni disordine sessuale.
Nel medesimo capitolo del Vangelo di Matteo si fa riferimento anche a colui che aveva nascosto sotto terra l’unico talento. Che cosa aveva fatto di male? Nulla.
Aveva compiuto tuttavia un atto di omissione e per questa omissione il Signore dice: “E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25,30).
8. Scrivi: “Lo ammetto. Vedendo che intorno a me, dalla TV ai giornali etc, tutti, anche persone di un certo spessore culturale, dicano “non c’è nulla di male” ammetto di non essere indifferente a tali pressioni, se così si può dire. Non so come fare. Vorrei che il Signore mi aiutasse ma è come se mi abbia abbandonato”.
Non lasciarti ingannare dalle pressioni che vengono da un certo modo di pensare che viene reclamizzato. Costoro giudicano in una prospettiva prettamente intramondana, pensando che la gioia si trovi solo assecondando le proprie inclinazioni.
No, c’è un’altra gioia, legata ad un’inclinazione ancor più profonda quella sessuale. È legata al dono di sé, secondo quanto ha detto il Signore: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!” (At 20,35).
Seguendo questa inclinazione, che non è disordinata, si sperimenta una gioia ancora più grande e più duratura.
È un’inclinazione che va soddisfatta in ogni istante della nostra esistenza.
9. Concludi manifestando la tua sofferenza. Ti ringrazio per questa testimonianza perché aiuta ad intuire le sofferenze interiori e il dramma vissuto da tante persone.
Rivestendo i panni del ladrone non pentito ti rivolgi a Cristo dicendogli: “Se sei il Cristo, guariscimi! Aiutami!” Rabbia che nasce dal fatto che, come ho scritto, tale condizione non è frutto di una mia scelta. E le assicuro che, a mio avviso, è molto più doloroso ciò di una malattia fisica, poiché tale condizione crea una dissociazione e una lacerazione interiori tali che portano a dire “ma chi sono io?”.
Gesù in croce non gli ha risposto con parole, ma con il suo comportamento.
Era lì in croce, accanto a lui, per fare dono di sé per tutti fino all’ultima goccia di sangue.
Faceva dono di sé nel dolore per espiare i peccati di tutti, per meritare la misericordia di Dio per tutti, per attuare la conversione e la santificazione di tutti, per meritare ogni grazia per tutti, per portare con sé in paradiso tutti.
Il buon ladrone capì questo insegnamento e dopo aver accettato la croce in espiazione dei peccati proprio come ha fatto Gesù, chiese un ricordo al Signore che vedeva entrare nel suo regno.
Gesù gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43).
In questo paradiso il Signore introduce fin d’ora coloro che imparano ad amare come amato lui.
10. Ciò che salva te e che salva tutti – perché le sofferenze le hanno tutti, anche le persone sposate e talvolta ancora più laceranti delle tue – è uno sguardo superiore, ultra mondano, trascendente.
È lo sguardo della fede, che illumina tutta la strada fino alla fine e consente di vedere ciò che la sola ragione umana non può vedere perché si tratta di un obiettivo di ordine soprannaturale.
Illuminato da questa luce, puoi percorrere la strada del dono di te stesso fino alla fine, consentendoti di entrare in paradiso con una moltitudine di figli, da te generati insieme con Cristo.
Non dimenticare le parole di Gesù in Gv 9,3: “perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).
Il Signore forse ha permesso quell’inclinazione che ti fa tanto soffrire proprio perché per mezzo di te si manifestino le opere di Dio.
11. Infine non dire che sei abbandonato da Cristo.
Nell’ultima cena Gesù ha detto: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me” (Lc 22,28-29).
Il Padre ha preparato il regno per Gesù facendolo passare attraverso la prova.
Così fa con tutti noi.
Sii certo, non sei abbandonato da Gesù.
Il Signore ti sta preparando un regno (cfr. Lc 22,29) nell’attesa di poterti dire: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21).
Fiducioso che non hai seguito la strada del mondo perché sempre sorretto dall’aiuto di Gesù Cristo e di Colei che Egli ci ha dato per Madre nell’ordine della grazia, ti benedico e ti assicuro la mia preghiera e il ricordo nella Santa Messa anche come espiazione del ritardo (tre anni) con cui ti rispondo.
Padre Angelo