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Caro Padre Angelo,
sono un po’ combattuto perché praticamente mi sento attratto da una vita contemplativa o comunque da una vita spirituale profonda, ma nello stesso tempo ho sentito risuonare in me dopo la conversione l’appello all’apostolicità.
Mi chiedevo come faccio a capire dove mi chiama il Signore, nel senso che in passato ho fatto qualche esperienza in un’abbazia benedettina e mi sembrava di aver trovato la mia strada ma poi sentivo una spinta all’uscita, ad andare verso i fedeli, da quelli che sono lontani dall’amore di Dio.
Mi dispiace che oggi molta gente sia lontana dalla fede semplicemente perché ignora determinate cose e si lascia allontanare magari da qualche cattiva testimonianza di sacerdoti.
Mi dispiace che oggi ci sia una tale rilassatezza morale da far rabbrividire, mi dispiace che oggi il mondo sia arrivato a vivere senza Dio e mi chiedevo se io nel mio piccolo potevo fare qualcosa.
Certo Gesù ha già redento tutti, ma io posso fare qualcosa per aiutarLo? Mi chiedevo questo. Ed anche come fare con la parte di me più incline alla contemplazione, alla penitenza e riparazione per i peccatori.
Grazie Padre Angelo, il Signore la benedica.
Ave Maria!


Carissimo,
1. se la vocazione è quello che uno è, come con bella espressione ha detto il grande domenicano Padre Sertillanges, in te sono palesi due tendenze che indicano chiaramente la strada per la quale il Signore ti ha fatto.

2. C’è innanzitutto l’indole contemplativa, che senza dubbio è la porzione migliore, come ha attestato il Signore parlando a Marta e facendo riferimento a Maria (cfr Lc 10,42).
La contemplazione ti fa vivere unito a Dio in modo così bello e pieno che ti senti sazio dell’abbondanza della sua casa e ti disseti al torrente delle sue delizie (cfr Sal 36,9). Nella contemplazione avverti un senso di abbondanza, di gioia e di pace che in qualche modo straripa dall’anima e ti spinge a desiderare anche altri godano la medesima esperienza.

3. Ecco qui emergere l’apostolicità che sgorga dall’abbondanza della contemplazione.
Questo in te diventa ancora più urgente dal momento che vedi che “molta gente è lontana dalla fede semplicemente perché ignora determinate cose e si lascia allontanare magari da qualche cattiva testimonianza di sacerdoti”.
E anche perché constati “una tale rilassatezza morale da far rabbrividire così oggi il mondo è arrivato a vivere senza Dio”.
Sicché infine ti chiedi che cosa puoi fare nel tuo piccolo.

4. La risposta mi pare che venga da un tormento che angosciò fortemente e per molti giorni San Francesco.
Nelle Fonti francescane si legge che un giorno il Santo disse ai suoi frati: “Fratelli che cosa vi sembra giusto?
Che io mi dia tutto all’orazione o che vada attorno a predicare?
Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare (2 Cor 11,6), ho ricevuto la grazia dell’orazione più che quella della predicazione.
Nell’orazione, inoltre, o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo.
Nell’orazione purifichiamo i nostri sentimenti e ci uniamo con l’unico, vero e sommo Bene e rinvigoriamo la virtù; nella predicazione, invece, lo spirito si impolvera e si distrae in tante direzioni e la disciplina si rallenta.
Finalmente, nell’orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli; nella predicazione, invece, dobbiamo scendere spesso verso gli uomini e, vivendo da uomini, in mezzo agli uomini, pensare, vedere, dire e ascoltare al modo umano.
Però, a favore della predicazione, c’è una cosa, e sembra che da sola abbia, davanti a Dio, un peso maggiore di tutte le altre, ed è che l’Unigenito di Dio, sapienza infinita, per la salvezza delle anime è disceso dal seno del Padre, ha rinnovato il mondo col suo esempio, parlando agli uomini la Parola (Gv 1,18) di salvezza e ha dato il suo sangue come prezzo per riscattarli, lavacro per purificarli (Ef 5,26), bevanda per fortificarli, nulla assolutamente riservando per se stesso, ma tutto dispensando generosamente per la nostra salvezza.
Ora noi dobbiamo fare tutto, secondo il modello che vediamo risplendere in Lui, come su un monte (Es 25,40) eccelso” (Fonti francescane, 1204).

5. È la medesima dottrina di san Tommaso il quale afferma che “la vita contemplativa è migliore nei confronti della attiva occupata in attività corporali.
Ma la vita attiva, con la quale uno predicando e insegnando comunica agli altri le verità contemplate è più perfetta della vita in cui si contempla soltanto, perché essa presuppone la sovrabbondanza della contemplazione.
Ecco perché Cristo scelse questo genere di vita” (Somma teologica, III, 40, 1, ad 2).

6. Pertanto io inclinerei a dirti di fare quello che ha fatto San Francesco.
Diversamente rimarresti inquieto nel monastero sapendo che tanta gente si perde perché non c’è nessuno che predichi.

7. Rimane poi da vedere verso quale istituzione religiosa contemplativa e apostolica il Signore ti chiami.
Ve ne sono tante.
Può essere la via domenicana.
Ma potrebbe essere anche quella francescana o carmelitana o anche di qualche congregazioni moderna.
Questo dipende ulteriormente dalle tue inclinazioni e dalle tue attitudini.
A prima vista sembrerebbe che la tua vocazione sia quella domenicana che fa emergere l’apostolato dalla contemplazione secondo la nota espressione di san Tommaso che caratterizza il nostro Ordine: “Contemplari et contemplata aliis tradere”.
San Tommaso dice che “come illuminare è più che risplendere soltanto, così comunicare agli altri le verità contemplate è più che il solo contemplare” (Somma teologica, II-II, 188,6).

8. Il beato Umberto de Romans, quinto maestro dell’Ordine, ha scritto che “il domenicano attinge nella contemplazione ciò che poi dispensa nella predicazione. Perciò quanto più uno è contemplativo tanto più è adatto alla predicazione” (De vita regulari, II, pp. 393-394).
Accompagna questo discernimento con molta preghiera e anche con qualche sacrificio.

Ti accompagno anch’io con la mia preghiera.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo