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Quesito
Gentile Padre Angelo,
sono un avvocato cattolico che vorrebbe esercitare la sua professione nel miglior modo possibile. Purtroppo per via di tanti avvocati senza scrupoli la mia professione è vista molto male.
Voglio porle un quesito che penso sia venuto in mente a tutte le persone che si sono approcciate ai crimini. Come si fa a difendere un criminale che si sa essere tale e fare di tutto perchè venga assolto, se il giudice non lo condanna, perchè magari il pm non trova prove e commette di nuovo qualcosa, posso chiedere l’assoluzione (dicendo magari che il fatto non è stato commesso) sono moralmente complice, ho qualche colpa? So che io ho dei doveri come avvocato e anche una libertà e cerco sempre di approfondire la morale cattolica, ma, al caso specifico dell’avvocato, vedo che sono dedicati approfondimenti praticamente nulli, cosa che non è per esempio con il medico.
Le chiedo preghiere per il mio imminente matrimonio.
Cordiali saluti in Cristo Re e Giudice
A.
Risposta del sacerdote
Caro A.,
1. l’avvocato parla in nome dell’imputato. Sotto quest’aspetto è una sola cosa con lui.
Ora il reo per diritto naturale può negare di aver commesso un determinato delitto. Questa negazione non sarebbe una menzogna, ma una restrizione mentale.
Vale a dire: dal momento che è compito dei giudici cercare la verità, può usare un’espressione che intesa oggettivamente non denuncia la propria colpevolezza, ma la copre, facendo così intendere che il compito di inquisire la verità è dei giudici.
Certo non può coprirsi dicendo una bugia.
Ma tra la bugia e il dire la verità c’è di mezzo la cosiddetta restrizione mentale e cioè un’affermazione che nel suo modo di esprimersi è così ampia che può far pensare che non sia lui il colpevole e lo scagioni.
2. Ecco che cosa dice di S. Tommaso: “Una cosa è tacere la verità e un’altra proferire una menzogna.
Ora, la prima cosa in certi casi può essere permessa.
Infatti uno non è tenuto a dire tutta la verità, ma quella soltanto che il giudice può e deve esigere da lui a norma del diritto: per esempio quando un crimine ha già dato origine alla pubblica infamia, o è emerso da chiari indizi, oppure da una prova quasi completa. Tuttavia in nessun caso è lecito proporre una menzogna.
Ancora: “Al reo che viene accusato è lecito difendersi nascondendo nei debiti modi la verità che non è tenuto a confessare: per esempio non rispondendo alle domande a cui non è tenuto a rispondere.
E questo non è un difendersi con la falsità, ma un uscir fuori con prudenza.
Al contrario non gli è lecito dire il falso; e neppure ricorrere alla frode o all’inganno, poiché la frode e l’inganno equivalgono a una menzogna. E questo è precisamente difendersi con la falsità” (Somma teologica, II-II, 69, 2).
L’avvocato difensore può dunque smontare tutte le accuse presentate dal pubblico ministero.
L’avvocato è tenuto per segreto naturale a non rivelare quanto gli dice l’imputato e deve comportarsi come chi avendo ricevuto un segreto naturale ad eventuali domande risponde che non ne sa nulla (evidentemente per doverlo rivelare agli altri).
3. Se è lecito difendere il reo dalla condanna, non è lecito invece patrocinare cause ingiuste che causino dei danni al prossimo.
Ecco di nuovo l’insegnamento di San Tommaso: “È sempre illecito per chiunque cooperare al male, sia con l’opera, sia con il consiglio, sia con l’aiuto, sia con ogni altro consenso: poiché chi consiglia e coopera in qualche modo compie l’azione. Tutti costoro sono tenuti alla restituzione.
Ora, è evidente che l’avvocato presta aiuto e consiglio alla persona di cui difende la causa.
Se quindi egli difende scientemente una causa ingiusta, senza dubbio fa un peccato mortale; ed è tenuto a riparare il danno incorso ingiustamente alla parte avversa per il suo intervento.
Se invece difende una causa ingiusta per ignoranza, cioè pensando che sia giusta, allora è scusato nella misura in cui può scusare l’ignoranza” (Somma teologica, II-II, 71, 3).
“Se un avvocato in principio crede che la sua causa sia giusta e poi si accorge che è ingiusta, non deve denunziarla in modo da aiutare la parte avversa, o da rivelare ad essa i segreti della sua parte. Tuttavia può abbandonarla; oppure può indurre il suo cliente a cedere, o a venire a una composizione senza danno per gli avversari” (Ib.,ad 2).
Ti porgo i più cordiali auguri per la tua attività ma anche per il matrimonio che stai per celebrare.
Per questo ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo