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Quesito
Caro Padre,
vorrei chiederle un consiglio su un problema che per me sta diventando davvero incombente.
Mi capita talvolta di avere dei dubbi su episodi del mio passato e di chiedermi: sarà peccato grave? L’avrò confessato?
Ho chiesto parere a qualche sacerdote, e spesso mi veniva consigliato di ricorrere alla Confessione per mia maggiore tranquillità, anche se più d’uno mi ha diffidato dal dar troppo ascolto a simili dubbi. Comunque ho fatto ricorso alla Confessione, sicuro che il Signore avrebbe accolto il mio proposito di cancellare il passato.
Nelle ultime feste però sono stato molto tormentato da dubbi sul mio passato, anche su presunti peccati di eccezionale gravità, e tutto questo per me è diventato un vero tormento. Addirittura vivo nel dubbio che qualunque cosa io faccia o dica possa essere peccaminoso e sono tempestato di pensieri terribili. Cosa devo fare? Esiste qualche modo per discernere se i dubbi che mi vengono sono scrupoli oppure no?
Sono davvero stanco di tutto ciò e vorrei davvero poter fare qualcosa per porre fine a tutto ciò.
Grazie anticipatamente per la risposta.
Un giovane conosciuto da Padre Angelo
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Circa i dubbi sull’aver commesso determinato peccati o sull’averli accusati, ti trascrivo quanto ho scritto su questo punto nelle mie dispense scolastiche.
1. Cosa si deve fare quando si è in dubbio se dichiarare o meno un peccato
Il dubbio può riguardare il peccato in tre modi: se è stato commesso; se sia grave; se, commesso e grave, sia già stato confessato.
– Se si dubita che il peccato sia stato commesso: non si è tenuti a confessarlo sia perché il Concilio di Trento obbliga a confessare i peccati di cui si ha coscienza (e si presume “certa”, perché la coscienza è un giudizio, non un’opinione) sia perché non si dà regolarmente l’assoluzione di un peccato dubbio.
Tuttavia, poiché la situazione di dubbio non è ottimale, si è tenuti in qualche modo a chiedere consiglio se sia lecito compiere determinate azioni, per evitarle, in caso negativo.
– Se il dubbio riguarda la gravità del peccato commesso o se sia già stato confessato: comunemente si pensa che non sia necessario confessarlo (sentenza probabilista).
San Tommaso dice: “Quando uno è nel dubbio che un peccato sia mortale, è tenuto a confessarlo, finché è nel dubbio. Tuttavia egli non deve asserire che il suo peccato è mortale, ma parlare in forma dubitativa, lasciando il giudizio al sacerdote cui spetta distinguere ‘tra lebbra e lebbra’ (Dt 17,8)” (s. tommaso, Somma Teologica, Suppl. 6,4, ad 3).
In ogni caso vale il noto assioma: “Lex dubia non obligat” (Questo è il criterio seguito da P. Palazzini e da molti altri moralisti; cfr. p. palazzini, Vita sacramentale, parte II, pp. 72-74).
2. Per quel poco che ti conosco, io ti direi di lasciar perdere qualsiasi scrupolo. Quando in una delle tue visite ti sei confessato da me, io stesso ti ho detto esplicitamente che ti avrei dato l’assoluzione per tutto il tuo passato. Stai dunque tranquillo e non tornarci più sopra.
Ti consiglio di non cambiare confessore, per non essere soggetto a direzione diverse.
Andrai dal primo confessore che capita solo se avrai commesso un vero peccato mortale (cosa che ti auguro di non fare mai, e so per certo che neanche tu hai l’intenzione di commetterlo).
3. Mi dici che nelle feste natalizie sei stato molto tormentato da scrupoli e pensieri vari.
Anche qui ti dico: non ascoltare questi pensieri, neanche se ti insinuassero che hai fatto le cose più orribili di questo mondo.
Le tue sono ossessioni causate dal maligno, il quale non vuole che tu goda delle delizie che il Signore ti presenta.
4. Ti trascrivo alcuni insegnamenti di santa Caterina da Siena, dottore della Chiesa:
“Non temete, allora, carissimo fratello mio, quantunque vedeste, o vediate, che il demonio, per impedire la pace e la pazienza del cuore e dell’anima vostra, mandi tedio e tenebre nell’anima vostra, mettendovi molteplici fantasie e pensieri. Talvolta parrà che il corpo voglia essere ribelle allo spirito. Altra volta, persino lo spirito della bestemmia vorrà contaminare il vostro cuore con altre diverse battaglie. Non temete: l’anima non deve mai venire a tristezza per nessuna battaglia che abbia” (lettera 4).
“E alla confusione del demonio l’anima risponda e dica: «Se non fosse in me la divina grazia, io non avrei la buona volontà, e seguirei le tue malizie e le mie perverse fantasie. Ma io mi confido in Domino nostro Jesu Christo, il quale mi conserverà fino all’ultimo della vita mia»” (lettera 189).
“E se non doveste fare altro, almeno state dinanzi alla croce, e dite: «Gesù, Gesù». Adunque, confortatevi nella santa e buona volontà, e non curate le fantasie, e pensate che la bontà di Dio permette ai demoni di molestare l’anima per farci umiliare e riconoscere la sua bontà, e ricorrere a lui nascondendoci nelle sue dolcissime piaghe, come il fanciullo ricorre alla madre” (lettera 4).
5. Ecco ancora l’insegnamento di Santa Caterina su Come vincere il timore di non essersi ben confessati
“Talvolta l’anima avrà, sì, confessato sinceramente i propri peccati, senza tralasciar nulla per malizia. Ma il demonio per turbare la mente e perché l’anima non riceva con ardore di cuore il frutto della confessione, vorrà farle credere di non aver ben confessato i suoi peccati, dicendole: «Tu non li hai detti tutti; e quelli che hai detti non li hai manifestati nel modo dovuto». E molti altri pensieri e turbamenti manda egli nell’anima.
Se l’anima allora non si leva con prudenza e fiducia, rimane in una grande tiepidezza, affanno interiore e tenebra, legandosi le braccia del santo desiderio e stringendolo nel laccio della confusione, come abbiamo detto sopra; e perde la sua gioia e diventa insopportabile a sé stessa.
Che rimedio c’è per non cadere nella disperazione? Non c’è altro rimedio che il lume della fede, il quale, facendola entrare in sé stessa, le mostra che non ha lasciato volontariamente e con malizia sulla coscienza alcun veleno di colpa, che non abbia sputato con la confessione. Confessi, sì, d’aver detti i peccati in modo imperfetto, non avendoli presentati in tutta la loro gravità quanto le era possibile; ma si ricordi che la confessione deve essere condita con la speranza nel sangue di Cristo, confidando che quanto fosse mancato da parte sua, lo compirà questo sangue.
Un altro rimedio è di considerare con il lume della fede quanto ineffabilmente siamo amati da Dio; il suo amore infatti non disprezza il testimonio della buona coscienza, come non accetterebbe che nell’anima rimanesse cosa che fosse offesa di lui.
Con questa fede, amore e speranza l’uomo si anneghi nella misericordia di Dio; lasci stare ogni pensiero di sé, ma pensi solo alla misericordia di Dio che ha ricevuto e che continuamente riceve. E se pure la battaglia e la molestia tornasse, se la getti dietro le spalle, per ciò che comporta di turbamento, e se la tenga davanti per propria umiliazione e per miglior conoscenza di sé, col frutto della vera e perfetta speranza, certo che il patire e il passare per la via della croce è più gradito a Dio che qualunque altra cosa. E così più abbondantemente riceverà il frutto del sangue” (lettera 343).
Ti saluto, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo