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Quesito
Carissimo padre Angelo.
Sono un italiano che vive in Argentina.
Giá l’anno scorso ho avuto il piacere di beneficiarmi dei suoi consigli.
Questa volta, le scrivo per presentarle un problema molto simile a quello di un anno fa.
In primo luogo, confidarle che sto attraversando un momento drammaticamente segnato dagli scrupoli. Sono scrupolosissimo nella confessione, al punto che, dopo ogni confessione, sento: o che non ho confessato tutto fin al minimo dettaglio, o, al poco tempo dalla confessione (anche meno di un minuto), mi sento turbato dal pensiero di aver peccato di nuovo.
Non riesco nemmeno a mettere in pratica i saggi consigli del mio padre spirituale.
Certe volte, ho vissuto l’esperienza di confessarmi due volte nello stesso giorno. Il fatto di non sentirmi perdonato, mi crea una forte angustia, e non mi permette di intraprendere il nuovo cammino con il Signore che mi ha perdonato.
Vivo un forte desiderio di camminare con Dio, ma, allo stesso tempo, sento che questo problema, non me lo sta permettendo, o mi crea la scusa per ricadere in qualche peccato (non sentendomi perdonato, psicologicamente, non mi sento motivato per lottare nella crescite del bene).
Sono arrivato al punto che ho terrore di confessarmi, per paura di non confessarmi bene, o di cadere in una azione che consideri peccato (anche se so che non lo é) subito dopo la confessione stessa. Non é la prima volta che, nella mia vita, ho vissuto il problema degli scrupoli nella confessione.
L’ultima volta che mi confessai, il sacerdote, al pronunciare la formula dell’assoluzione, disse: "ed io, con la grazia che mi é stata concessa, ti perdono (invece di "assolvo") nel nome del…."
Chiedo se é valida la confessione, o se devo rifarla.
Il dubbio mi viene, anche quando il confessore pronuncia la formula in parte verbalmente (facendosi ascoltare dal penitente) ed in parte mentalmente (senza che il penitente possa ascoltare), o, come mi é successo alcune volte, pronunci la formula solo mentalmente, senza che il penitente possa ascoltarla.
La volta scorsa, le rivolsi una domanda simile a quest`ultima. Senz`altro la mia scrupolositá aumenta queste preoccupazioni.
Giá da ora: tantissime grazie per il suo servizio (ogni tanto leggo le interessantissime risposte sul sito). I miei piú cordiali saluti.
Hidalgo
Risposta del sacerdote
Carissimo Hidalgo,
Per i tuoi problemi mi sento di poterti dire le seguenti cose:
1. “Tutto ciò che turba e porta via la pace non viene da Dio”, questa era la sentenza di don Bosco.
Non rimanere preda degli scrupoli, mentre nel frattempo potresti correre molto velocemente nella via di Dio. è tempo perso quello in cui ci si dibatte negli scrupoli.
2. Lo stesso don Bosco, che ci teneva alla confessione frequente, non voleva che i suoi penitenti si confessassero più di una volta alla settimana.
Anche per te: il dover rimandare la confessione ti costringerà a soffermarti su quello che è ancor più importante dell’accusa, e cioè la contrizione. Questa non è mai troppa.
3. Il modo di agire del tuo confessore, che cambia, sebbene non in maniera solo accidentale le parole che nel sacramento della Confessione sono ad validitatem, è scorretto, ma non inficia la validità dell’assoluzione, come ti ho già detto nella precedente risposta.
Purtroppo i cosiddetti competenti in liturgia hanno detto e insegnato in lungo e in largo che ci deve essere creatività. E molti pivelli pensano di non essere all’altezza se non fanno come hanno detto i loro maestri.
Ma rimane vero che i sacramenti non sono di nostra proprietà e che dobbiamo essere rispettosi, oltre che della santità del sacramento, anche delle esigenze dei fedeli, i quali si trovano dinanzi a sacerdoti che compiono tutti gli arbìtri che vogliono, ma non permettono assolutamente che la gente faccia altrettanto.
4. L’ultimo problema, a parer mio, è il più grave.
Il Sacerdote non può proferire solo mentalmente le parole assolutorie.
I sacramenti sono essenzialmente dei segni, e se non viene posto il segno (nel nostro caso il segno ad validitatem è costituito dalle parole del ministro) il sacramento non viene celebrato.
A meno che per “mentalmente” tu intenda che il sacerdote pronuncia queste parole sottovoce o muovendo debolissimamente le labbra. In questo caso allora l’assoluzione sarebbe valida.
Per “mentalmente”, senza che il fedele possa ascoltare, tu lasci capire anche che mentre il fedele dice l’atto di dolore, il sacerdote ha già fatto tutto. Anche qui, sebbene egli agisca in maniera alquanto scorretta, tuttavia l’assoluzione è pienamente valida. Io ho l’impressione che il tuo sacerdote si comporti proprio così. In questo caso allora devi stare tranquillo.
Ti ringrazio per la fiducia e per la costanza con cui segui il nostro sito. Un giovane prete mi ha detto che la lettura delle risposte ai vari quesiti gli serve da formazione permanente.
Ricordiamoci a vicenda nella preghiera e nella celebrazione della Santa Messa.
Padre Angelo