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Caro Padre,
secondo lei, quale è l’atteggiamento che un cattolico deve avere verso le cose assolutamente buone ma non indispensabili del mondo? Se le cerca e ne gode con ragionevolezza e senza esagerare, e senza allontanarsi da Dio, ma magari cercando in esse un’occasione in più per amarlo, commette peccato?


Carissimo,
1. tutte le cose assolutamente buone possono essere dei gradini per salire a Dio e amarlo sempre di più.
Nella Liturgia della Chiesa ripetiamo sempre le parole si leggono nella Sacra Scrittura: “I cieli e la terra sono pieni della tua gloria”.
Tutto quello che il Signore ci mette davanti lo fa perché ci parli di Lui, ci porti a Lui e ci unisca a Lui.

2. Proprio nella seconda lettura dell’Ufficio delle letture di oggi (venerdì della quinta settimana del tempo ordinario) ci viene ricordato che dobbiamo passare dallo sguardo delle cose di questo mondo alle realtà di cui esse sono immagine e richiamo.
San Leone magno, Papa, ad esempio ci dice che se con il senso corporeo della vista vediamo la luce materiale, nello stesso tempo dovremmo abbracciare con tutto l’ardore del nostro cuore  la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, Gesù Cristo (Gv 1,9).
Dice ancora: “Non vogliamo con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti, come dice l’Apostolo: «Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4,18)” (Discorso per il Natale del Signore, 7, 2).

3. Tutto in questo mondo ci parla di Dio.
Ci parlano di Dio i cibi e ci ricordano quanto ha detto il Signore: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo” (Gv 6,27).
Del resto se sono gradevoli i cibi di questo mondo, quanto più gradevole dev’essere Colui di cui i cibi di questo mondo non sono che una pallidissima eco. Per cui nella Sacra Scrittura si legge: “Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34,9).
Ci parla di Dio l’acqua, che è simbolo dello Spirito Santo che viene a portare freschezza e fervore nella nostra vita. Per questo Gesù nella festa delle capanne che ricordava l’acqua misteriosa che Mosé fece sgorgare dalla roccia “ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,37-39).

4. Tutto ciò che esiste l’ha fatto Dio perché sia un dono del suo amore per noi.
Pertanto dalle cose di questo mondo dobbiamo ascendere di continuo a Colui che ce le ha date.
Nel libro della Sapienza si legge: “Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio. E dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere. Ma o il fuoco o il vento o l’aria sottile o la volta stellata o l’acqua impetuosa o i luminari del cielo considerarono come dei, reggitori del mondo.
Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza.
Se sono colpiti dalla loro potenza e attività, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore” (Sap 13,1-5).
E nel Siracide: “Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare” (Sir 42,22).
Per questo San Paolo afferma che “le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute” (Rm 1,20).

5. I teologi dicono che è proprio di quel dono dello Spirito Santo che si chiama “scienza” farci ascendere dalle cose di quaggiù all’amore e alla contemplazione di Dio e delle realtà celesti.
Ed è per questo che i credenti non si attaccano alle cose di questo mondo per quanto buone e amabili, perché esse sono solo un segno di quelle visibili ed eterne.
Ce lo ricorda San Paolo quando dice: “noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili.
Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18).

6. Attaccarsi morbosamente alle cose di quaggiù è la stessa cosa che farcele amare come fossero il nostro Dio e il nostro tutto.
Ma questo è l’inganno del demonio.

7. Il dono della scienza aiuta anche a farci accettare i sacrifici e le sofferenze che la vita comporta perché “il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2 Cor 4,17).

8. Tutto dunque coopera alla nostra unione col Signore in modo che con Sant’Agostino possiamo anche noi esclamare: “E cielo e terra e tutte le creature in essi d’ogni parte mi gridano di amarti (“omnia clamant ut amem te”) e non cessano di dirlo a tutti affinché “siano “siano senza scusa” (Rm 1,20)” (Confessioni, X,6,8).

Mentre ti auguro di avere sempre quello sguardo soprannaturale che ti riempie di luce e di pace, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo