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Quesito
Gent.le padre Angelo Bellon,
mi chiamo … e sono sposato da qualche anno con ….
Entrambi cristiani cattolici fin da piccoli, siamo riusciti ad arrivare vergini al matrimonio.
Dopo un anno mia moglie è rimasta incinta del primo figlio ….
Dopo il primo figlio ci siamo informati sui metodi naturali e abbiamo conosciuto un insegnante del metodo sintotermico e l’abbiamo utilizzato per cercare di distanziare le nascite.
Dopo due anni circa è nato un altro bambino, nonostante avessimo seguito accuratamente i metodi naturali.
Ad oggi mia moglie, come per la prima gravidanza, non è ancora in grado di avere rapporti e di capire quali siano i periodi in cui avere rapporti.
Avendo avuto due figli così ravvicinati, siamo entrambi un po’ timorosi e prudenti verso il futuro e vogliamo imparare sempre meglio l’uso dei metodi naturali.
Detto questo però, le facciamo due domande precise riguardo:
al periodo particolare tra parto e ripresa dei rapporti sessuali;
al periodo successivo in cui, seguendo i metodi naturali, si vorrebbe distanziare le nascite.
Riguardo al primo punto, le chiedo gentilmente cosa sia lecito fare tra coniugi nel periodo provvisorio tra parto e ripresa dei rapporti sessuali completi, perché soprattutto io, da uomo, non riesco a resistere per periodi così prolungati (3 o 4 mesi) senza subire forti tentazioni o senza tormentare mia moglie. Partendo dal presupposto che i rapporti anali o orali non li pratichiamo in accordo con la religione cattolica, vorremmo capire cos’altro è lecito fare durante i momenti di intimità.
Più precisamente è possibile toccarsi, baciarsi con passione e giungere entrambi al godimento senza avere un rapporto completo?
Riguardo al secondo punto: nei metodo naturali è possibile avere rapporti non solo dopo l’ovulazione, ma anche prima. I rapporti che si possono avere prima dell’ovulazione sono più "rischiosi", tant’è vero che il secondo figlio è stato concepito in uno di questi rapporti. Per evitare questo periodo di rischio è possibile limitare i rapporti completi solo dopo l’ovulazione, oppure è da considerarsi una chiusura alla vita?
Se in questo periodo più "rischioso" fosse possibile non avere rapporti completi, è lecito invece avere altri tipi di effusioni che comunque portino al godimento, oppure non ci può essere una via di mezzo tra astinenza e rapporti completi?
Un’ultima curiosità riguarda la distanza tra i figli: è a discrezione dei genitori decidere quanto tempo deve intercorrere tra un figlio e l’altro oppure è bene non limitarsi troppo e potenzialmente chiudersi alla vita?
Ringraziandola anticipatamente per la risposta, porgo cordiali saluti.
La ringraziamo per quello che fa, abbiamo imparato molto dai suoi insegnamenti.
La ringraziamo con una preghiera.
Chiedo gentilmente di ricevere una ricevere una risposta privata ed evitare di pubblicare sul sito la nostra richiesta, a meno che non la riteniate di forte interesse.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. inizio subito con presentarti le scuse per il grande ritardo con cui ti rispondo. Ma solo oggi sono giunto alla tua.
2. Il principio regolatore dell’intimità coniugale secondo la dottrina cattolica è il seguente: i gesti dell’intimità coniugale sono espressivi della totalità del dono.
Solo quando c’è la totalità del dono quell’atto è autentico atto di amore ed è rispettoso delle persone.
Dico rispettoso delle persone perché si tratta di donazione totale di sé all’altro e non di un espediente per usare dell’altro per la propria soddisfazione erotica.
In questo caso non si può parlare di autentico amore, ma di egoismo.
3. In quanto atto di egoismo contraddice e fa perdere la carità, che è il principio vivificante della grazia, della presenza personale di Dio dentro di noi.
E poiché la sessualità tocca l’intimo nucleo della persona, introduce un disordine profondo all’interno dei singoli e del rapporto di coppia.
4. Venendo adesso alle tue esplicite domande.
Tra parto e ripresa dei rapporti sessuali completi è lecita ogni manifestazione affettiva che non comporti direttamente o indirettamente una masturbazione.
5. Le manifestazioni affettive di per sé non toccano l’ambito della genitalità. Ma la possono coinvolgere.
Se la coinvolgono al punto da portare ad una soddisfazione genitale che è al di fuori della donazione totale di sé (cosa che avviene nel rapporto coniugale) si tratta di un uso della sessualità che è difforme dal progetto santificante di Dio.
Pertanto – usando le tue stesse parole – se “per giungere entrambi al godimento senza avere un rapporto completo” s’intende giungere alla soddisfazione erotica piena escludendo il rapporto sessuale, allora non è lecito.
Il beato Paolo VI nell’Enciclica Humanae Vitae dice che non soltanto gli atti coniugali, ma “ogni uso dela sessualità deve rimanere di per se stesso aperto alla vita” (ut quilibet matrimonio usus, ad vitam procreandam per se destinatus permaneat”, HV 11).
6. Mi chiedi poi: “nei metodi naturali è possibile avere rapporti non solo dopo l’ovulazione, ma anche prima. I rapporti che si possono avere prima dell’ovulazione sono più "rischiosi", tant’è vero che la seconda figlia è stata concepita in uno di questi rapporti. Per evitare questo periodo di rischio è possibile limitare i rapporti completi solo dopo l’ovulazione, oppure è da considerarsi una chiusura alla vita?”
È vero che i rapporti compiuti qualche giorno prima dell’ovulazione sono più esposti alla fertilità che quelli compiuti dopo. Infatti la donna quattro o cinque giorni precedenti all’ovulazione comincia a secernere del muco, prima granuloso (con il compito di incubare e selezionare gli spermatozoi) e poi filaccioso (che permette loro di inoltrarsi fino a raggiungere le tube) che è il segno tangibile della sua fertilità. Si dice tangibile perché è percepibile al tatto.
Ebbene, tenendo conto che i migliori spermatozoi introdotti nel corpo di una donna sono capaci di fecondare normalmente tra 3 e 5 giorni e che il tempo della fertilità dell’ovulo è di circa 24 ore, si ritiene che i giorni in cui la donna è fertile nell’arco di un ciclo sono cinque o sei o al massimo qualcuno in più.
Per distanziare le nascite e per favorire l’intesa coniugale è lecito dunque ricorrere ai periodi non fertili: a quello antecedente all’ovulazione e a quello successivo.
7. Anche nel periodo di fertilità della donna è legittima ogni manifestazione affettiva.
Tenendo conto però che alcune di esse inevitabilmente coinvolgono la genitalità è necessario evitare il pericolo che si concludano con delle impurità.
Rimane sempre valido infatti il principio ricordato dal beato Paolo VI: ogni uso del matrimonio, e quindi ogni coinvolgimento diretto o indiretto della genitalità, deve essere di per sé aperto alla vita” (Humanae vitae, 11)
8. Chiedi infine: “è a discrezione dei genitori decidere quanto tempo deve intercorrere tra un figlio e l’altro oppure è bene non limitarsi troppo e potenzialmente chiudersi alla vita?”
Distanziare le nascite non è la stessa cosa che chiudersi potenzialmente alla vita. Perché gli atti di intimità coniugale, sebbene compiuti nei tempi di infertilità, rimangono potenzialmente aperti alla vita.
Fatta questa precisazione, il giudizio sul numero dei figli in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi (Gaudium et spes, 50).
“I coniugi adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio con riflessione e impegno comune si formeranno un retto giudizio, tenendo conto
sia del proprio bene personale
che di quello dei figli,
tanto di quelli nati
che di quelli che si prevede nasceranno,
valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita,
tanto nel loro aspetto materiale che spirituale;
e infine, salvaguardando la scala dei valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della stessa Chiesa” (Gaudium et spes, 50).
Ti ringrazio per la preghiera che mi hai promesso.
Ho pensato di pubblicare la tua mail, depurata da ogni riferimento personale, perché certamente può giovare a molti.
Contraccambio anch’io il ricordo al Signore e benedico te insieme con la tua bella famiglia.
Padre Angelo