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Quesito

Salva padre Angelo,
le scrivo perché ho assistito di recente ad una scena assai curiosa.
C’è un mio amico, che non è credente, più precisamente si definisce agnostico anche se a dirla tutta mi ha confidato che non esclude la possibilità di diventare credente e di convertirsi al cattolicesimo, semplicemente mi ha spiegato che vuole intraprendere una ricerca interiore della verità seria prima di fare qualsiasi scelta.
Qualche giorno fa, è morta una sua zia, e lui preoccupato per lei, anche se non cattolico l’ho visto recitare la coroncina della Divina Misericordia per l’anima della zia.
Vorrei chiederle, Dio ha ascoltato lo stesso questa preghiera? È una cosa buona sia per lui che per l’anima della zia? Se anche un non credente e peccatore prega per intercessione per qualcun altro, Dio ascolta?
Io stupito gli ho chiesto come mai questa sua azione, e mi ha ribadito che sebbene appunto per ora non sia credente, non esclude la possibilità che si sbagli e che si è affidato alla speranza che a sua zia si sia aperta la porta per la vita eterna.
La ringrazio in anticipo e la saluto.

Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. leggendo questa tua interessantissima mail mi è venuto spontaneo ricordare quello che Nostro Signore ha detto allo scriba che l’aveva interrogato su quale fosse il più grande tra i comandamenti. “Non sei lontano dal regno di Dio” (Mt 12,34).

2. Il Signore ascolta le preghiere di tutti.
Come potrebbe non ascoltarle se è lui che suscita il desiderio e la volontà di pregare?
Dice infatti la Sacra Scrittura: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13).

3. Sono contento che quel tuo amico abbia recitato la coroncina della divina misericordia per la zia.
La coroncina della divina misericordia inizia con il Padre nostro.
Ebbene proprio a proposito del Padre nostro mi piace riportare quanto insegna San Tommaso sulla preziosità di questa preghiera.
Sarei contento se tu gliela facessi leggere.

4. “Tra tutte le preghiere la più eccellente è certamente quella del “Signore”, o “Padre nostro”. Essa possiede in sommo grado i requisiti che ogni preghiera ben fatta deve avere: essere cioè sicura, retta, ordinata, devota e umile.
1-. È sicura: la preghiera, infatti, deve darci la sicurezza di poterci accostare “con piena fiducia al trono della grazia” (Eb 4,16), e “con fede, senza esitare”, perché, come dice San Giacomo, “non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l’animo oscillante e instabile” (Gc 1,6‑7). 
Ebbene, questa preghiera dà senz’altro molta fiducia perché è stata composta dal nostro Avvocato presso il Signore, l’Intercessore sapientissimo “nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2, 3) e del quale si dice: “Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Gv 2,1‑2). Giustamente San Cipriano dice: “Avendo come avvocato dinnanzi al Padre il Cristo, che è difensore per i nostri peccati, lasciamo parlare il nostro Avvocato”.
La sicurezza diventa ancora più grande se si pensa che colui che ci ha insegnato questa preghiera è lo stesso che, insieme al Padre, ha il compito di esaudirla, adempiendo quanto è detto nel salmo 91,15: “Mi invocherà e gli darò risposta”.
Indubbiamente è questo il motivo per cui questa preghiera non si recita mai senza frutto, sicché essa ci ottiene tra l’altro, come dice Sant’Agostino, anche la remissione dei peccati veniali. 
2-. È retta: ogni preghiera deve essere retta. Infatti ogni persona che prega deve chiedere a Dio le grazie che sono un bene per lui. San Giovanni Damasceno insegna che la preghiera è una “una richiesta a Dio di cose che sono un bene per noi”. Questo è il motivo per cui molte volte la preghiera non viene esaudita: perché vengono chieste cose che non sono un bene per noi, come dice San Giacomo: “Chiedete e non ottenete perché chiedete male” (Gc 4,3).
Sapere che cosa chiedere è difficilissimo, perché è difficilissimo conoscere quali siano i veri beni da desiderare. Si chiede infatti lecitamente nella preghiera solo quello che è lecito desiderare. Lo rilevava già San Paolo quando scriveva ai Romani: “Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,26).
Il Cristo però, che è nostro Maestro, ci ha personalmente insegnato quello che dobbiamo chiedere quando i discepoli gli chiesero: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). Perciò la nostra preghiera è rettissima quando chiediamo al Signore le cose che lui stesso ci ha insegnato a chiedere. Insegna in proposito Sant’Agostino: “Se vogliamo pregare in modo retto e conveniente, qualunque sia la parola che usiamo, non dobbiamo chiedere altro che non sia contenuto nella Preghiera del Signore”.
3-. È ordinata: la preghiera deve essere ordinata, così come ordinato dev’essere il desiderio. Infatti la preghiera è interprete del desiderio.
Ebbene: il giusto ordine vuole che tanto nel desiderare come nel chiedere preferiamo i beni spirituali a quelli materiali e i beni del cielo a quelle della terra. Il Signore infatti ci ha ammonito: “Cercate innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33). E questo ordine appunto il Signore ci ha insegnato ad osservare nella sua preghiera, nella quale ci fa domandare prima i beni celesti e poi quelli terreni.
4-. È devota: la preghiera deve essere anche devota, perché l’abbondanza della devozione rende il sacrificio dell’orazione accetto a Dio, secondo quanto dice il salmista: “Nel tuo nome alzerò le mie mani; mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca” (Sal 63,5‑6).
La devozione si stempera se la preghiera è prolissa. Per questo il Signore stesso ci ha comandato di evitare lungaggini quando ha detto: “Pregando non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole” (Mt 6,7). Pertanto Sant’Agostino, scrivendo a Proba, le dà il seguente avvertimento: “Lungi dalla preghiera le molte parole. Non manchi però il molto supplicare finché dura il fervore”. Ecco perché il Signore volle che questa preghiera fosse breve.
Va ricordato che la devozione sgorga dalla carità, e cioè dall’amore di Dio e del prossimo. E questi due amori vengono raccomandati in questa preghiera: l’amore di Dio viene stimolato quando, rivolti a Lui, lo chiamiamo “Padre”; l’amore del prossimo invece viene stimolato quando preghiamo in comunione con tutti e per tutti, dicendo al plurale: “Padre nostro” e “rimetti a noi i nostri debiti”. L’amore del prossimo infatti conduce a questo.
5-. È umile: da ultimo, la preghiera deve essere umile perché Dio “si volge alla preghiera dell’umile e non disprezza la sua supplica” (Sal 102,18). Vedi anche la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr. Lc 18,10-14) e la preghiera di Giuditta: “Tu sei il Dio degli umili, sei il soccorritore dei derelitti” (Gdt 9,11)” (Commento al Padre nostro, prologo).

5. Puoi dire anche a quel tuo amico di recitarla di nuovo per ottenere il dono della fede e diventare cristiano cattolico.

6. Una persona battezzata che come tante aveva perso la fede e viveva praticamente da atea mi ha raccontato che è un giorno per strada proprio pensando a Dio si è messa a recitare il Padre nostro.
Appena pronunciate le prime parole Padre nostro, ha avvertito una rivoluzione nel cuore, si è convertita e adesso è cristiana fervente.
Le è stato sufficiente dire questa preghiera, coniata da Dio stesso e insegnata da Gesù.

7. Anch’io adesso la dico per te e in particolare per quel tuo amico perché oltre ad essere amico tuo, diventi amico di Dio, amico di Gesù Cristo.
Sarà la sua più grande fortuna!

Vi benedico,
Padre Angelo