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Quesito

Caro Padre Angelo,
secondo lei l’omosessualità si può curare?
Non penso sia una malattia però un’anomalia quello sì…
Matteo


Risposta del sacerdote

Caro Matteo,

1. Secondo gli esperti si può guarire.
Ti riporto alcune affermazioni.
Lucisano e Di Pietro scrivono: “Una volta che la tendenza omosessuale si è instaurata, si può intervenire con la psicoterapia, sempre che il soggetto interessato collabori in modo attivo e responsabile con il terapista […]. Sono molti i casi i cui si riesce a ottenere dalla terapia molto più che un allentamento della tendenza e un recupero sul piano dei valori sociali” (Sessualità umana, p. 212).
Un altro studioso, lo psicologo Gerard van den Aardweg, non solo smentisce luogo comune dell’inguaribilità dell’omosessualità, ma, distinguendo gradi tipologie diversi, ne mostra la constatata guaribilità anche senza psicoterapia in molti casi e situazioni.
Il fatto che non siano molti a guarire si spiega, secondo van den Aardweg, perché sono poche le persone omosessuali che vogliono seriamente impegnarsi per cambiare il proprio orientamento sessuale. E questo, perché è impresa lunga e faticosa, con immancabili momenti di stanchezza e di scoraggiamento per gli insuccessi e le ricadute e per il clima dominante di edonismo e di permissivismo che spinge a preferire di restare omosessuali, confermati dalla convinzione, falsa ma diffusa, che tanto non c’è nulla da fare” (Omosessualità e speranza. Terapia e guarigione nell’esperienza di uno psicologo, cfr. cap. 8: “La via che porta al cambiamento”, pp. 117-133).
Altra via di guarigione, costatata più volte da van den Aarweg, è quella conseguente a una vera e propria conversione religiosa, all’interno di una reimpostazione radicale di tutta la propria vita, sulla base della scoperta del suo più profondo significato e dei valori veramente importanti davanti a Dio (cfr. pp. 140-144).
C. Bresciani riferisce dati secondo cui un buon 30% di omosessuali sotto i trent’anni sono diventati esclusivamente eterosessuali (Cfr. L. MELINA, L’agire morale dal cristiano, p. 259).
L’età ha la sua incidenza, perché sopra i trent’anni, con l’andare del tempo, l’habitus si rafforza.
E riferisce anche un altro dato sorprendente: alcuni giovani, con età media di 27 anni, dicono di aver cambiato il loro orientamento dall’omosessualità esclusiva all’eterosessualità esclusiva come risultato di aver partecipato ad una comunità ecclesiale pentecostale (Ib.).

2. Concludi dicendo: “Non penso sia una malattia però un anomalia quello sì…”.
Anomalia o malattia è più o meno la stessa cosa, a meno che per anomalia non si intenda un fattore puramente fisiologico.
Non è una malattia fisica, ma psichica senz’altro. Questo non esclude che in alcuni vi possano essere delle predisposizioni.
Mi pare che questo sia anche l’atteggiamento della Chiesa, che in alcuni documenti sull’omosessualità parla ripetutamente di sofferenza e di “vitiatam constitutionem”, cioè di costituzione patologica, malata.

Ti saluto, ti ringrazio per le numerose domande di grande attualità e di pubblica discussione.
Ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo