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Quesito

Gentile Padre Angelo

Innanzitutto volevo ringraziarla infinitamente per le sue risposte alle mie precedenti domande e le sue benedizioni.
Avrei delle ulteriori domande.
1. La pillola anticoncezionale è illecita secondo la dottrina cattolica.
Tuttavia essa può essere usata anche per scopi medicinali per lenire dolori mestruali ad esempio. In tal caso e solo in tal caso essa può essere lecita? Ovviamente tolto il pericolo che diventi una scusa per avere rapporti “protetti”. In tal caso, se il marito e la moglie si astengono totalmente dai rapporti coniugali durante il periodo in cui la moglie deve prendere la pillola, non è lecito l’uso di essa? In tal caso la non gravidanza sarebbe dovuta ad una lecita astensione, non all’effetto contraccettivo della pillola.


Risposta del sacerdote

Caro Marchesini,

1. La pillola persegue vari obiettivi: indubbiamente vi è quello contraccettivo, ma ve n’è anche uno terapeutico.
Se viene assunta per una finalità terapeutica, non vi è alcuna obiezione di carattere morale.
Questo vale sia per la pillola sia per qualsiasi altro mezzo terapeutico che comportasse anche la conseguenza di rendere temporaneamente sterile la donna.
Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae insegna: “La Chiesa non ritiene affatto illecito l’uso dei mezzi terapeutici necessari per curare malattie dell’organismo, anche se ne risultasse un impedimento, pur previsto, alla procreazione, purché tale impedimento non sia, per qualsiasi motivo, direttamente voluto” può essere assunta anche per una finalità terapeutica, allora la pillola è lecita quando viene usata per una finalità terapeutica” (n. 15).

2. Ti chiedi se sia lecito accompagnare l’uso della pillola nei periodi di infertilità della donna. Sarebbe come un rendere più sicuro il metodo usato.
Ma quello che tu dici per la pillola, potrebbe essere detto per qualsiasi altro contraccettivo.
Qui, caro Marchesini, è necessario ricordare che il ricorso ai tempi di infertilità non è e non può essere usato come un metodo contraccettivo.
La contraccezione non è mai lecita perché trasforma un atto di amore che di sua natura è totale, fecondo e aperto alla vita, in un atto in cui ci si riserva di donare la totalità di se stessi. In altre parole si esclude di donare la propria capacità di diventare padre e madre, e proprio mentre quella capacità viene esercitata.
Giovanni Paolo II, quand’era arcivescovo di Cracovia, ha detto: “Se si esclude dai rapporti coniugali radicalmente e totalmente l’elemento potenziale di paternità e di maternità, si trasforma perciò stesso la relazione reciproca delle persone. L’unione nell’amore slitta verso un godimento comune, o, per meglio dire, verso quello dei due partner” (K. WOJTYLA, Amore e responsabilità, p. 216).
E “violando le leggi della natura, si viola anche la persona, facendone un oggetto di godimento, anziché farne un oggetto di amore. La disposizione alla procreazione, nei rapporti coniugali, protegge l’amore, è la condizione indispensabile di una vera unione delle persone” (Ib., p. 218).
Per questo il ricorso ai periodi di infertilità, ben lontano dall’essere un contraccettivo di tipo naturale (!), è uno stile di vita in cui ci si ama nel vero senso del termine, perché ci si dona in totalità. E giustamente viene chiamato anche un percorso di vita casta, nella castità propria del matrimonio.

Ti ringrazio del quesito e delle preghiere, che volentieri contraccambio, accompagnandole con la benedizione.
Padre Angelo