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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
la saluto e la ringrazio per la sua disponibilità a rispondere a tutte le domande dei fedeli.
Quest’oggi le scrivo per porle dei quesiti molto interessanti che sono sicuro saranno utili a parecchi.
1) Ho deciso di recitare il Santo Rosario quotidianamente, cinque misteri al giorno (quelli gaudiosi il lunedì, quelli del dolore il martedì….) ma mi sto chiedendo una cosa.
Se un fedele che recita il rosario dovesse perdere la grazia per una caduta in un peccato mortale, e continuasse a recitare il rosario, potrebbe ottenere le indulgenze e gli altri benefici se si confessasse entro 15 giorni dall’orazione (come accade per le indulgenze plenarie)?
2) Se si prende la comunione senza essere in stato di grazia si compie sacrilegio o l’atto risulta vano ma non aggrava la propria posizione?
3) Fin da piccolo ho sempre avuto una passione per la storia antica e la storia medievale. Essendo affascinato dagli ordini cavallereschi medievali, ho acquistato l’anno scorso un anello templare, con la famosa croce. Lo indosso frequentemente. Non lo uso come oggetto religioso, ma come puro anello estetico. Però, so anche che l’ordine templare è stato oggetto di accuse terribili (anche se ormai è chiara la manipolazione di Filippo il Bello) e con la bolla Vox in Excelso il papa Clemente V scomunicò l’ordine, trasferì le sue ricchezze agli Ospitalieri (anche se gran parte venne trattenuta dal re di Francia stesso) e vietò ogni tentativo di riformarlo, pena la scomunica immediata perenne e irrevocabile. Ora, pur essendo il processo ai Templari avvenuto in un clima molto strano e corrotto, la bolla papale è ancora oggi riconosciuta se non sbaglio, quindi, indossare l’anello è ritenuto un tentativo di ricreare l’ordine meritevole di scomunica o semplicemente un simpatico elemento estetico per ricordare ciò che i Templari rappresentarono?
La ringrazio in anticipo per le sue risposte e le assicuro la mia umile preghiera.
F
Risposta del sacerdote
Caro F.,
1. mi compiaccio anzitutto per la tua autodeterminazione a vivere in preghiera recitando quotidianamente il santo Rosario.
È una delle grazie più belle che il Signore ti ha dato.
Riuscirai a valutarne gli effetti salutari non solo adesso ma soprattutto a distanza di anni.
Ti accorgerai che non riusciresti a fare tutto per bene senza la recita quotidiana del Santo Rosario.
2. Venendo adesso alla prima delle tue domande devo dire che le opere e le preghiere compiute prive della grazia di Dio, se meritano come dice Santa Caterina da Siena qualche bene di ordine temporale, non possono meritare nulla nell’ordine soprannaturale perché sono opere morte.
Le indulgenze operano nell’ambito soprannaturale. E ciò che viene compiuto senza essere innestati in Cristo, è secco, come ha detto Nostro Signore: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (Gv 15,6).
Allora la confessione fatta in seguito fa ricuperare la grazia che si era persa, con i meriti che precedentemente si erano acquisiti, ma non può far rivivere ciò che è morto, è secco ed è destinato ad essere bruciato.
3. Il paragone con la confessione fatta qualche giorno dopo l’opera compiuta per prendere l’indulgenza plenaria ci aiuta a capire il meccanismo che si deve seguire.
Finché c’è l’affetto o l’attaccamento al peccato non si acquista nessuna indulgenza plenaria, neanche se ci si confessa prima.
L’opera prescritta per l’acquisto dell’indulgenza plenaria deve essere accompagnata dal dolore perfetto dei peccati, con la risoluzione più decisa di evitarli per il futuro.
Ebbene, questo dolore perfetto non si può esprimerlo se non perché già raggiunti dalla grazia. Anzi, questo dolore lo si concepisce proprio perché la grazia santificante ci ha prevenuto e sollecitato al pentimento più sincero.
E proprio perché si riacquista la grazia prima della confessione, ma col proposto della confessione, allora le opere compiute non sono più opere morte, ma compiute in Cristo, sono opere vive che meritano per la vita eterna.
4. Pertanto se uno fosse caduto nel peccato grave, prima di recitare il santo Rosario è opportuno che esprima un atto di pentimento e di dolore dei propri peccati, col proposito della confessione.
Allora non riacquisterà l’indulgenza dopo la confessione, ma l’acquista già ora perché c’è il pentimento vivo accompagnato dalla grazia e l’impegno a confessarsi al più presto.
5. Passo ora alla seconda domanda: se si fa la Santa Comunione senza essere in stato di grazia si compie sacrilegio, perché non si è congiunti a Cristo per mezzo della grazia santificante.
In tal caso non solo non si riceve il frutto della venuta del Signore nel nostro cuore, ma si attua un’offesa nei suoi confronti perché gli viene impedita l’opera di santificazione e di comunicazione di grazia che attua attraverso il Sacramento.
Per questo si parla di sacrilegio.
6. San Paolo non usa la parola sacrilegio. Ma dice l’equivalente quando afferma: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore” (1 Cor 11,27).
Gli esegeti (interpreti) dicono che quest’espressione è equivalente a quella di lesa maestà, per la quale era prevista la pena di morte.
Per questo San Paolo subito dopo scrive: “Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11, 28-29).
7. San Giovanni Paolo II ricorda che “L’integrità dei vincoli invisibili (e cioè lo stato di grazia, n.d.r.) è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente all’Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo. A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11,28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi» (Ecclesia de Eucharistia 36).
8. Circa l’anello dei templari: portalo pure, tanto più che in te non c’è alcuna velleità di ricostituire questo Ordine, che secondo gli storici della Chiesa Bihlmeyer e Tuechle fu trattato malamente.
Ti ringrazio vivamente per la preghiera che mi assicuri e sono contento di ricambiarla.
Ti benedico.
Padre Angelo