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Quesito

Caro Padre Angelo,
vado a porre i miei quesiti, sono tre ma cercherò di essere sintetico.

1. I Santi intercedono per noi e ci aiutano a pregare, ma possiamo chiedere loro di pregare con noi? Ad esempio possiamo chiedere ad un santo al quale siamo molto devoti di recitare  insieme con noi la coroncina della divina misericordia, o delle sante piaghe o una corona del Rosario. C’è qualcosa che mi frena, anche perché mi sento tanto indegno al solo pensiero di pregare con un Santo.

2. Di domenica o nei giorni di solennità mi pare non appropriato meditare la passione o pregare ad esempio la coroncina della divina misericordia o la corona dei misteri del dolore. Faccio bene a trattenermi o invece la meditazione della passione è possibile sempre, ogni giorno dell’anno?

3. La domanda che mi preme di più. Mi può chiarire il concetto di espiazione dei peccati? Mi spiego, so bene che per ogni mio peccato devo soddisfare la divina giustizia ed espiare con digiuni, elemosine o preghiere, ma (anche se riesco ad afferrare il senso con il cuore) vorrei un chiarimento teologico riguardo all’offrire comunioni, preghiere, digiuni…. in riparazione dei patimenti di Cristo o dei peccati dei peccatori. Cioè, perché espiare i peccati dei peccatori soprattutto se alla fine della loro vita persevereranno nel peccato e purtroppo andranno all’inferno? Se il Signore Gesù ha già espiato per tutti, perché espiare per i peccatori? Forse perché ogni offesa recata a Dio va comunque e sempre riparata o perché così possiamo mitigare i castighi sull’umanità peccatrice?
Capisco che devo espiare i miei peccati, ma non riesco a spiegare il perché del fare riparazione, anche se il mio cuore mi dice che è un grande atto di amore, ed è per questo che comunque cerco di riparare con gioia le offese che tutti noi facciamo al Signore, sia col digiuno che con la preghiera.

Caro Padre Angelo, è la terza volta che approfitto con una domanda del suo prezioso aiuto, la ringrazio in anticipo per l’ottimo servizio, e, siccome leggo spessissimo il sito, ma poche volte ho pregato per lei, vado subito a ricordarla al Signore nella preghiera.
Grazie mille e cordiali saluti, Pasquale.


Risposta del sacerdote

Caro Pasquale.
1. per la prima domanda: i santi in cielo sono conformati a Cristo.
Ora “Cristo è sempre vivo per intercedere a vostro favore” (Eb 7,25).
Dunque anche i nostri Santi pregano per noi e pregano con noi.
Così fa la Beata Vergine Maria quando recitiamo il Santo Rosario.
Nella Novena alla Madonna di Pompei il beato Bartolo Longo inizia la sua preghiera così: “O Santa Caterina da Siena, mia protettrice e maestra, assistimi e degnati di unirti a me in questa novena alla Regina del Rosario, che ha posto il trono delle sue grazie nella Valle di Pompei; per la tua intercessione fa’ che io ottenga la desiderata grazia”.
Vai dunque sul sicuro quando preghi in comunione con i santi.

2. Sì, è giusto unirci alla Passione del Signore anche nei giorni di festa.
Del resto quando andiamo a Messa non andiamo forse ad offrire il sacrificio della croce, la passione e morte del Signore per la vita del mondo?
È San Paolo non ricorda che la Messa è il memoriale della Passione del Signore: non soltanto la ricordiamo, ma la rendiamo viva, attuale, operante in mezzo a noi:
Ecco le sue parole: “Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11,26).
Del resto a Messa, all’acclamazione del sacerdote “Mistero della fede”, i fedeli rispondono: “Annunciamo al tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione…”
Certo i nostri incontri sono sempre incontri con Cristo risorto.
Ma il Cristo risorto ci presenta le cicatrici della sua passione e ci rende contemporanei della sua passione e morte in modo particolare proprio nei giorni di festa quando andiamo a Messa.
Per cui fai bene a recitare la Coroncina della Diviina Misericordia tutti i giorni dell’anno e anche di domenica.

3. Sulla necessità dell’espiazione dei peccati è doveroso ricordare che nessun uomo, dopo il peccato originale e in uno stato di natura decaduta, avrebbe potuto espiare i propri peccati davanti a Dio.
Per fortuna nostra questo l’ha fatto Nostro Signore con la sua redenzione e morte.
Scrive San Tommaso: “La redenzione dell’uomo mediante la passione di Cristo era consona sia alla misericordia che alla giustizia di Dio.
Alla giustizia, perché Cristo con la sua passione riparò il peccato del genere umano: e quindi l’uomo fu liberato dalla giustizia di Cristo.
Alla misericordia, perché non essendo l’uomo, di per sé, in grado di soddisfare per il peccato di tutta la natura umana, come sopra abbiamo visto, Dio gli concesse quale riparatore il proprio Figlio, secondo l’insegnamento paolino: "(Tutti) sono giustificati gratuitamente per la grazia di lui mediante la redenzione in Cristo Gesù, che Dio ha prestabilito quale propiziatore, per via della fede in lui" (Rm 3,24ss).
E ciò fu un atto di maggiore misericordia che il condono dei peccati senza nessuna soddisfazione.
Di qui le parole di S. Paolo: "Dio, che è ricco di misericordia, per il grande amore che ci portava, mentre eravamo morti per i peccati, in Cristo ci richiamò alla vita" (Ef 2,4ss)” (Somma teologica, III, 46, 1, ad 3).

4. La redenzione di Cristo è stata non solo sufficiente, ma anche sovrabbondante per l’espiazione dei peccati.
A questa redenzione di per sé non manca nulla se non la nostra personale partecipazione.
Un esempio: possiamo avere una sorgente inesauribile d’acqua per dissetarci, ma se non  ci accostiamo alla sorgente possiamo morire di sete anche avendo l’acqua a portata di mano.
Ora noi prendiamo parte alla passione di Cristo con qualche atto o sacrificio personale.
E lo possiamo fare tanto per noi stessi quanto per gli altri con i quali in Cristo formiamo un solo corpo.
Per questo San Paolo scrive: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

5. Il senso di questa partecipazione lo ricorda Giovanni Paolo II in Reconciliatio et paenitentia quando parla della penitenza che il sacerdote dà al penitente.
Di che essa “non è certo il prezzo che si paga per il peccato assolto e per il perdono acquistato; nessun prezzo umano può equivalere a ciò che si è ottenuto, frutto del preziosissimo sangue di Cristo. Le opere della soddisfazione – che, pur conservando un carattere di semplicità e umiltà, dovrebbero essere rese più espressive di tutto ciò che significano – vogliono dire alcune cose preziose:
1- esse sono il segno dell’impegno personale che il cristiano ha assunto con Dio, nel sacramento, di cominciare un’esistenza nuova (e perciò non dovrebbero ridursi soltanto ad alcune formule da recitare, ma consistere in opere di culto, di carità, di misericordia, di riparazione);
2- includono l’idea che il peccatore perdonato è capace di unire la sua propria mortificazione fisica e spirituale, ricercata o almeno accettata, alla passione di Gesù che gli ha ottenuto il perdono;
3- ricordano anche che dopo l’assoluzione rimane nel cristiano una zona d’ombra, dovuta alle ferite del peccato, all’imperfezione dell’amore nel pentimento, all’indebolimento delle facoltà spirituali, in cui opera ancora un focolaio infettivo di peccato, che bisogna sempre combattere con la mortificazione e la penitenza. Tale è il significato dell’umile, ma sincera soddisfazione” (RP 31,III).

Ti ringrazio vivamente per le ultime parole che hai scritto. Certamente hai già pregato per me in particolare e anch’io lo voglio fare subito.
Ma ti ricorderò ancora nella preghiera e intanto ti benedico.
Padre Angelo