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Quesito

Caro Padre Angelo, lodato sia Gesù Cristo. 
Innanzi tutto la ringrazio per la sua disponibilità e le chiedo di non pubblicare il mio nome.
Sono sposato e ho due figli; mia moglie, pur considerandosi Cattolica, non accetta ciò che la Chiesa insegna in materia di castità matrimoniale, osservanza deI periodo fertili della donna ecc ecc. Entrambi i due riteniamo che non sia responsabile concepire più figli. Per tale motivo, mi trovo di  fronte ad una scelta difficile per un uomo: o mi rifiuto ad avere rapporti con mia moglie, o accetto avere rapporti valendomi di metodi non permessi dalla Chiesa.
Finora ho sempre pregato il Signore che mi aiuti a non allontanarmi dalla retta via  dell’Ortodossia ma nonostante la preghiera  le cadute sono continue. 
Le domande che faccio a lei sono le seguenti:
1) se mia moglie mi costringe a praticare il coito interrotto altrimenti non è disponibile ad avere rapporti con me, io pecco mortalmente  se ho rapporti con lei? Non si potrebbe applicare il principio morale che dice che la collaborazione materiale non è un peccato?
2) se lei mi conferma che unendomi a mia moglie a in queste circostanze io pecco, se andando a Messa la domenica non ho avuto la possibilità di confessarmi, posso prendere la Comunione e confessarsi dopo? Nel caso non ci sia il confessore durante la Santa Messa.
La ringrazio per dedicarmi del tempo e le chiedo di ricordare mia moglie e me durante la Santa Messa.
Cordiali saluti


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. ricordo innanzitutto quanto insegna in Concilio Vaticano II su questo punto: “I coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa, docili al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla luce del vangelo” (Gaudium et spes, 50).
E “quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana, e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale.
I figli della Chiesa, fondati su questi principi, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina” (GS 51).
Non si tratta semplicemente di legge della Chiesa, ma di legge divina, che la Chiesa “interpreta in modo autentico alla luce del vangelo” (GS 50).
Inoltre per i coniugi cristiani non si tratta semplicemente di far sesso, come oggi si usa dire in maniera alquanto brutale e degradante.
Si tratta invece di atti attraverso i quali si attinge la santificazione, la comunione con Dio.
Se si perde di vista quest’orientamento di fondo, si rischia di fare solo un moralismo sterile e incomprensibile.

2. Anche nell’intimità coniugale gli sposi cristiani camminano col Signore.
Vogliono che anche quell’atto, voluto dal Signore, parli di Lui, porti a Lui e unisca ancora di più a Lui.
C’è il rischio da parte di non pochi cristiani di pensare alla vita sessuale come una vita che non c’entra con Dio, come una sfera del tutto privata dove ognuno si comporta a proprio talento.

3. Se si tiene d’occhio l’obiettivo ultimo che si vuole raggiungere anche attraverso l’intimità sessuale non si fatica a comprendere come mai la contraccezione sia un atto in cui si rimuove Dio come principio e fine della propria vita.
Ci si sostituisce a Lui nel decretare quale sia l’intimo significato dell’atto coniugale e il suo obiettivo ultimo.
Senza pensarci, nella contraccezione di fatto si voltano le spalle al Signore e Dio diventa periferico.
Solo conservando a quell’atto il suo pieno significato di amore totale senza riserva alcuna si cammina nella verità e nella luce, tenendo la propria mano nella mano di Dio.

4. Poste queste premesse che certamente condividi, ecco la soluzione ai tuoi due quesiti.
Se tua moglie ti costringe a praticare il coito interrotto pena non avere rapporti intimi, tu devi essere disposto a rinunciare al quel tipo di rapporto.
Inoltre c’è da domandarsi: perché le condizioni deve metterle lei?
Non potresti porle tu?
Ma a parte questo, vanno invece accettate con cuore pieno d’amore le condizioni che vi ha messo Dio.
Sono condizioni che poste perché quell’atto sia un vero atto di intera donazione di se stessi.

5. Mi chiedi se unendoti a tua moglie con il coito interrotto pecchi gravemente.
La risposta del magistero della Chiesa è sì.
Così si è espresso Pio XI nella Casti Connubii: “Essendovi però dei tali che, abbandonando manifestamente la cristiana dottrina, insegnata fin dalle origini, né mai modificata, hanno ai nostri giorni, in questa materia, preteso pubblicamente di insegnarne un’altra, la Chiesa cattolica, cui lo stesso Dio affidò il mandato di insegnare e di difendere la purità e onestà dei costumi, proclama altamente per mezzo della nostra parola, in segno di sua divina missione, e nuovamente sentenzia: che qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per l’umana malizia l’atto sia destituito dalla sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura e coloro che osino commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave” (CC 21).
Così ha ribadito la dichiarazione Persona humana della Congregazione per la dottrina della fede a proposito dei peccati di ordine sessuale: “L’uomo pecca mortalmente non soltanto quando il suo atto procede dal disprezzo diretto di Dio e del prossimo, ma anche quando coscientemente e liberamente, per qualsiasi motivo, egli compie una scelta il cui oggetto è gravemente disordinato, in questa scelta, infatti, è già incluso il disprezzo del comandamento divino: l’uomo si allontana da Dio e perde la carità” (PH 10).

6. Mi chiedi se la tua possa essere considerata una cooperazione materiale.
Si può parlare di cooperazione materiale quando l’azione di per sé non è cattiva. Ad esempio è cooperazione materiale portare il cibo anche alle donne che si trovano all’ospedale in attesa di aborto.
Il cibo glielo si porterebbe comunque e non si nega a nessuno.
L’interruzione dell’atto coniugale invece, sebbene comandata dalla moglie, è da te accettata a malincuore ed è eseguita.
Ed è per la tua azione che quel rapporto diventa interrotto.
Si tratta dunque di una cooperazione che in gergo teologico viene detta “formale” e cioè vera e propria.

7. In queste condizioni andando a Messa la domenica, se non hai avuto l’opportunità di confessarti, non puoi fare la Santa Comunione.
“Dio non entra in un’anima inquinata dal peccato” (Sap 1,4)
Giovanni Paolo II nele’enciclica Ecclesia de Eucharistia dice: “In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione» (n. 1385). Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale» (Discorso ai membri della Sacra Penitenzieria Apostolica e ai Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali di Roma (30 gennaio 1981)” (Ecclesia de Eucharistia 36).

8. Per poter premettere solo l’atto di contrizione perfetta e confessarsi dopo aver fatto la Santa Comunione è necessario non solo che manchi l’opportunità di confessarsi, ma anche che vi sia grave necessità di fare la Comunione.
Ora l’opportunità di confessarsi con tutti i preti che vi sono in Italia non c’è. Si prende la macchina per fare tante commissioni, anche solo per andare a comperare il pane. Si può prenderla anche al solo scopo di andarsi a confessare dove si sa di trovare un sacerdote a disposizione.
Inoltre vi deve essere una grave ragione.
Così il Codice di diritto canonico: “Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al corpo e al sangue del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima” (can. 916).
Ora non vi è una ragione grave per fare la Santa Comunione quando si va a Messa la domenica. Molti la omettono perché non sono digiuni da un’ora.
A motivo maggiore se uno ha trasgredito in maniera grave la legge di Dio.
Senza dire che di fatto poi molti continuerebbero a fare la Comunione rimandando in continuazione la confessione.

9. Pertanto, se il peccato è ripetuto, vanno messe in pratica le indicazioni del beato Paolo VI: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro (i coniugi), non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (HV 25).
Sì, l’umile perseveranza nell’accostarsi alla Confessione è in assoluto la cosa più bella e più gradita al Signore e nello stesso è anche quella che lascia profonda pace.

Molto volentieri mi ricorderò di te e di tua moglie nella celebrazione della Santa Messa e nelle mie preghiere.
Vi auguro ogni bene e vi benedico.
Padre Angelo