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Quesito

Caro Padre Angelo,
la masturbazione mi impedisce di essere ‘‘in grazia di Dio’?
Cioè, se capita di cadere in questo peccato, è inutile pregare/chiedere al Signore delle grazie per me o per i miei cari?


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. la masturbazione è un peccato grave e impedisce di essere in grazia di Dio.
Il Magistero della Chiesa nella Dichiarazione “Persona humana” (29.XII.1975) ha ribadito il costante pensiero della Chiesa in proposito: “sia il Magistero della Chiesa – nella linea di una tradizione costante – sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato. La ragione principale è che, qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice essenzialmente la sua finalità. A tale uso manca infatti la relazione sessuale richiesta dall’ordine morale, quella che realizza in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana (GS 51). Soltanto a questa relazione regolare dev’essere riservato ogni esercizio deliberato della sessualità” (PH 9).

2. Come vedi, questa dichiarazione si appella a due fonti per la formulazione del giudizio morale: il Magistero della Chiesa. E afferma che si tratta di un magistero che è “nella linea di una costante tradizione”. Vale a dire: la Chiesa ha sempre pensato così.
Ora sotto il profilo teologico il fatto che “si sia sempre pensato così” è di grande importanza.
Vi si ritrova quella nota (“quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est”: ciò che dovunque, sempre e da tutti è stato creduto) che i Padri della Chiesa mettevano in risalto per dire che non vi può essere errore.
In questo consenso generale e da sempre si esprime il senso della fede (sensus fidei) del popolo cristiano, che gode di una particolare assistenza dello Spirito Santo, come ricorda Il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium n. 12.

3. Mi potresti obiettare: ma il magistero della Chiesa non si evolve?
Sì, si evolve, ma in maniera omogenea, e cioè come approfondimento del medesimo sentire, non come rovesciamento di quanto precedentemente creduto.
In questo senso ha parlato Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor: “Lo sviluppo della dottrina morale della Chiesa è simile a quello della dottrina della fede. Anche alla dottrina morale si applicano le parole pronunciate da Giovanni XXIII in occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962): “Occorre che questa dottrina (= la dottrina cristiana nella sua integralità) certa e immutabile, che dev’essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa infatti è il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra venerabile dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata” (VS, nota 100).

4. La seconda fonte cui il Magistero attinge per dichiarare che la masturbazione è un peccato grave è il senso morale dei fedeli.
Il Magistero dice che tutti senza esitazione percepiscono che si tratta di un atto intrinsecamente e gravemente disordinato.
È interessante quel senza esitazione. Verrebbe da dire che si tratta di una intuizione morale immediata e nota a tutti.

5. A questo punto sorge l’altra domanda: se capita di cadere in questo peccato è inutile chiedere grazie per sé o per altri?
Qui necessario distinguere.
Certo quanto non viene compiuto in grazia di Dio non è soprannaturalmente meritorio in ordine alla vita eterna.
Ma l’azione, e nel nostro caso si tratta della preghiera fatta in stato di peccato, è sempre un’azione buona.
Perché Dio la ascolti non è necessario che chi la compie sia in stato di grazia. Questo infatti è richiesto per il merito in ordine alla vita eterna.
Ma l’impetrazione o domanda è un’altra cosa, e il peccatore può essere esaudito confidando nella liberalità e nella misericordia del Signore, come avvenne per il pubblicano, che tornò a casa sua giustificato.
Questo è il limpido insegnamento di san Tommaso d’Aquino.

5. Certo è meglio che uno preghi in stato di grazia, perché questo è maggiormente gradito al Signore.
E se uno non può immediatamente ricuperare la grazia con la confessione sacramentale, la può ricuperare con un atto di dolore perfetto, che include il proposito della confessione.

6. Sicché non è mai sbagliato pregare, così come non è mai tempo perso. Anche se ci trova privi della grazia di Dio.
In quel momento uno supplica Dio dal profondo (“de profundis”) della propria miseria.
Certo in quel momento non si sente di dire: Signore io ti amo.
Ma certamente si trova a suo agio nel dire: Signore, abbi pietà di me perché sono un povero peccatore.

Ti auguro un sereno e Santo Natale.
Ti assicuro un ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo