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Quesito
Caro Padre Angelo,
vorrei porle una domanda che mi attanaglia da tempo.
Riguarda la doppia natura di Gesù.
Per quanto ne so io: Gesù è completamente Dio e completamente Uomo, è la Seconda persona della Trinità, ed è quindi non la stessa persona del Padre e dello Spirito Santo ma un’altra persona divina, con la loro stessa natura (che consiste nell’essere onnipresenti, onniscienti e onnipresenti)
Ma ci sono dei quesiti riguardo a questa frase a cui ancora non trovo una risposta chiara:
Gesù è UNA persona e che ha DUE nature, umana e divina. Quella DIVINA è eterna, onnipotente, onnipresente e onnisciente, quanto il Padre e lo Spirito santo, quella UMANA invece, la sua anima, stata creata ex nihilo 2000 anni fa. Di creato nella figura di Gesù di Nazareth ci sono quindi la sua anima e il suo corpo.
Ma in questa definizione c’è qualcosa che non mi torna.
Quando Gesù è morto sulla croce è morta naturalmente la sua natura umana. Il suo corpo era stato ferito mortalmente in quanto mortale e la sua anima si stava dirigendo nello Sheol, in un generico Regno dei morti (né paradiso, né inferno).
Ma se è morta la sua natura umana allora in che modo si può dire che “sia morto Dio”? In un primo momento ho pensato “Dio di per sé non è morto veramente, ma essendo la natura divina collegata a quella umana in una sola persona, allora con lo svanire della natura umana (andata nello Sheol), che è una delle due colonne portanti dell’Incarnazione, allora svanisce anche la natura divina (che torna nel Paradiso insieme al Padre e allo Spirito) e quindi in questo senso, e solo in questo senso, si può dire che Dio sia morto per noi.
Però poi sorge un’altra domanda: quando disse che Gesù aveva due volontà che cosa intendeva? Perché naturalmente se Gesù ha pensieri normali da uomo (come il riflettere su un argomento, il domandarsi cosa mangiare, un senso dell’umorismo, gusti estetici) come può avere anche pensieri divini (il conoscere tutto, il conoscere perfettamente la sua grandezza, i pensieri delle persone, avere la misericordia e la giustizia che solo Dio può avere)? Cioè, dire che Gesù ha due nature mi sembra un po’ come dire che un cerchio può essere quadrato e un quadrato può essere un cerchio. Essere uomo ed essere Dio non significa entrare in un paradosso dato che sono cose i cui limiti e le proprie capacità sono completamente diverse? Per esempio, Gesù nella Scrittura prega, mostra incertezza a volte; quindi, non ha l’onniscienza e l’onnipotenza di Dio dalla sua, che però farebbero parte della sua natura. Per come la vedo, l’unico modo di risolverla quindi è dire che Gesù ha due nature e due volontà, e che quindi Cristo sia praticamente un uomo con due personalità diverse all’interno?
Alla morte che fine ha fatto Gesù? La prima lettera di Pietro e la tradizione dicono che è andato dagli spiriti in prigione, negli Inferi, lo Sheol, e suppongo quindi che ad esserci andati siano stati la natura e l’anima umana di Cristo e NON la natura divina, che tornava al suo posto in attesa della resurrezione.
Infine, nella natura divina… che differenza c’è davvero tra il Padre, il Figlio e lo Spirito santo? Tutti hanno le medesime caratteristiche, sono uguali in tutto e per tutto, se non nella loro relazione sotto “un archetipo” mi verrebbe da dire. La persona divina del Padre, da cui si originano eternamente il Figlio e lo Spirito, si comporta da Padre nei confronti della sola persona divina del Figlio, mentre lo Spirito è una persona divina anche lui (non una mera “forza” senza personalità come dicono i Testimoni di Geova) anche se nella pratica si comporta come tale. La domanda qua diventa: in che modo alla fine della fiera non è un modalismo come la trimurti hindù?
La ringrazio
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. procediamo con l’ordine nelle tue affermazioni.
Innanzitutto dici giustamente che in Gesù c’è una sola persona e due nature: divina e umana.
Giustamente riconosce che la persona di Gesù non è una persona umana ma una persona divina. Gesù è Dio che ha assunto una natura umana, fatta di anima immortale e di corpo. “Il Verbo si fece carne” (Gv 1,14).
L’Io di Gesù è un Io divino, perfettamente congiunto e inseparabile dalla sua natura divina. Liberamente ha voluto congiungersi con la natura umana per rendersi visibile e compiere la redenzione.
2. In Cristo le due nature, divina e umana, sono supportate da un unico io: dal suo io divino.
Tutte le azioni compiute da Gesù sono azioni compiute da Dio attraverso la natura umana assunta.
Per questo tutte le sue azioni hanno un valore teandrico, infinito e universale, perché compiute da Dio mediante la natura umana.
Proprio per questo motivo puoi dire che Dio si è incarnato per te, che è nato per te, che ha predicato per te, che ha pregato per te, che vissuto per te, che è morto in sacrificio di espiazione per te, che è risorto dai morti e sta alla destra del Padre per te.
Il soggetto di tutte le sue azioni è un soggetto divino perché ogni azione viene sempre attribuita ad un soggetto (actiones sunt suppositorum; il suppositum è il soggetto, la persona).
3. Allo stesso modo ogni azione subìta da Gesù è stata fatta a Dio nel medesimo modo in cui se uno ti dà uno schiaffo non può dire: ho picchiato la tua guancia. Tu gli replicherai: hai picchiato me, perché io sono nel mio corpo.
Proprio a motivo della divinità della sua persona il sacrificio di Gesù è un sacrificio divino, è un’azione compiuta da Dio.
L’ha compiuta per tutti e per ciascuno, perché tutti sono stati da lui personalmente conosciuti e amati.
4. L’anima e il corpo di Gesù erano sostenuti dalla Persona divina del Verbo.
Al momento della morte di Gesù, la sua anima e il suo corpo vennero separati l’uno dall’altro, ma non sono stati separati dal soggetto che li sosteneva: la sua persona divina.
Gesù Cristo è risorto dai morti per la potenza divina che sosteneva il suo corpo, secondo le parole che egli stesso aveva detto: “Io ho il potere di dare la vita e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,18).
5. Dici che Gesù con la sua anima è andato nello Sheol, generico regno dei morti.
Se per gli ebrei al tempo di Davide (secolo 10º avanti Cristo) lo Sheol era il generico regno dei morti, in cui sopravviveva soltanto l’ombra dei viventi (in questo senso si legge nel salmo 87,11 “possono le ombre darti lode?”), ai tempi di Gesù invece non era più semplicemente un generico regno dei morti.
Nella letteratura sapienziale, che è di qualche secolo antecedente a Nostro Signore, emerge il convincimento che “le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità.
In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto” (Sap 3,1-6)
Per questo comune convincimento Gesù in croce dice al buon ladrone: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43).
Il Paradiso a quei tempi era inteso come il seno di Abramo, come emerge anche dalla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.
Questo seno di Abramo i teologi l’hanno chiamato limbo.
Per cui Gesù al momento della sua morte è andato a visitare i giusti dell’Antico Testamento che attendevano la liberazione. Queste sono le anime prigioniere di cui parla San Pietro.
6. Dici poi che con la morte di Gesù è svanita la sua natura umana, mentre la sua natura divina è tornata in paradiso.
Se va bene la prima parte perché Gesù è morto nella sua natura umana, tuttavia anima e corpo, perché sebbene separati, sono rimasti uniti alla persona divina del Verbo.
Con la persona divina del Verbo è presente anche la natura divina.
C’è indubbiamente qualcosa di infinitamente diverso tra il cadavere di Gesù e il cadavere di qualsiasi essere umano.
Dove c’è un cadavere umano non c’è più la sua persona.
Mentre nel cadavere di Gesù è presente la sua persona divina.
Se nei sepolcri umani sono presenti solo dei cadaveri, ma non ci sono le persone, nel sepolcro di Gesù è entrato invece proprio lui, personalmente.
La sua presenza personale legata al cadavere è importante perché con la sua risurrezione doveva sconfiggere la morte.
7. Vero uomo, perché è dotato di natura umana perfetta, Gesù Cristo ha agito secondo le esigenze della natura umana: si è nutrito, ha dormito, ha camminato, ha parlato. In particolare: ha pregato.
Ha pregato in forza della natura umana perché la preghiera è l’atteggiamento dell’inferiore nei confronti del superiore.
Ha pregato per ciascuno di noi secondo tutte le nostre personali esigenze, perché tutte distintamente erano presenti nella sua perfettissima conoscenza.
8. Poiché la sua natura umana era unita alla persona divina del Verbo con la sua intelligenza umana vedeva nella sua profondità divina.
Per questo ebbe fin dal primo istante della sua esistenza la visione beatifica in forza della quale non soltanto vedeva la divina essenza ma teneva costantemente presenti anche ciascuno di noi perché personalmente conosciuto e amato.
9. Per il fatto che Gesù, in quanto Dio, è Creatore e Signore di tutte le cose non ha avuto alcuna insicurezza, ma ha manifestato piena sovranità sulla materia (moltiplica pani e pesci), sulla natura (fa tacere i mari e i venti al punto che tutti esclamano: ma chi è costui perfino al quale perfino il mare e il vento obbediscono?).
Manifesta piena sovranità sulle malattie che all’istante scompaiono, sui demoni che se ne devono andare senza opporre alcuna resistenza, sulla morte.
Nessuna insicurezza dunque in Gesù.
Al momento dell’arresto nell’orto degli olivi tutti stramazzano a terra al sentire la sua parola: “Sono io” (Gv 18,6).
In Isaia 53,7 nella versione della Volgata si legge: “Oblatus est quia ipse voluit, et non aperuit os suum”. In Italiano “fu sacrificato perché lo volle, e non aprì la sua bocca”.
La traduzione della CEI, fatta dall’ebraico, si distacca in parte da questa versione e scrive: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca”.
Tuttavia, nel si lasciò umiliare, viene riconosciuta la libertà del Messia il quale avrebbe potuto opporsi, ma non volle perché era venuto proprio per l’espiazione, per la redenzione.
L’arresto di Gesù, la sua passione e la sua morte non furono un incidente di percorso.
Tutto avvenne perché Egli l’ha voluto.
Giustamente la liturgia della Chiesa nella preghiera eucaristica dice: “offrendosi volontariamente alla sua passione”.
10. Non solo, ma poiché leggeva nei segreti dei cuori non c’era bisogno che alcuno lo interrogasse.
Va ricordato che nella mente umana di Cristo fu una triplice conoscenza: quella della visione beatifica, quella proveniente dalla scienza infusa e quella acquisita.
Circa la visione beatifica San Tommaso scrive: “La scienza dei beati consiste nella visione o cognizione di Dio.
Ma Cristo anche come uomo conosceva Dio pienamente, stando a quanto egli afferma nel Vangelo: “Io lo conosco e osservo la sua parola” (Gv 8,55). Quindi in Cristo c’era la scienza dei beati” (Somma teologica, III, 9,2, sed contra)
“Perciò l’anima di Cristo, che è parte della natura umana, per mezzo di una luce comunicatale dalla natura divina, è stata elevata alla scienza beata, con la quale si vede Dio per essenza” (Ib., ad 1).
C’era anche la scienza infusa poiché sta scritto che “in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza della scienza” (Col 2,3). “Così oltre la scienza divina increata, c’è nell’anima di Cristo la scienza beata, con la quale conosce il Verbo e le cose nel Verbo, e la scienza infusa con la quale conosce le cose nella loro natura per mezzo di specie intelligibili proporzionate alla mente umana” (Somma teologica, III, 9, 3).
Per mezzo di questa scienza “Cristo conobbe tutte le cose che la rivelazione divina ha manifestato agli uomini, mediante il dono e della sapienza e della profezia, o di qualunque altro dono dello Spirito Santo.
Tutte queste cose l’anima di Cristo le conosceva più e meglio di tutti gli altri.
L’essenza di Dio invece non la conosceva con la scienza infusa, bensì con la scienza beata, di cui si è parlato prima” (Ib., III, 11, 1).
Fine in Cristo c’era anche la conoscenza acquisita o sperimentale.
Scrive San Tommaso: “Nell’anima di Cristo va posta la scienza acquisita per l’esigenza dell’intelletto agente, il quale non può rimanere ozioso, avendo il compito di rendere intelligibili in atto gli oggetti, allo stesso modo che in essa si pone la scienza infusa per la perfezione del suo intelletto possibile. (…).
“Così con la scienza acquisita conosceva tutte quelle cose che è possibile conoscere mediante l’operazione dell’intelletto agente” (Ib., 12, 1).
Chiedendosi poi se la conoscenza acquisita o sperimentale di Cristo sia cresciuta, San Tommaso afferma di sì perché la Sacra Scrittura dice che Gesù cresceva in sapienza età e grazia davanti a Dio e agli uomini e Sant’Ambrogio spiega che cresceva secondo la sapienza umana, ma la sapienza umana è quella che si acquista alla maniera dell’uomo con il lume dell’intelletto agente.
E “tanto la scienza infusa dell’anima di Cristo quanto la sua scienza beata erano effetto di un agente di potenza infinita che può ottenere tutto in una volta: perciò Cristo non progredì in nessuna delle due scienze, ma le ebbe perfette fin da principio.
Invece la scienza acquisita nasce solo dall’intelletto agente, che non svolge la sua operazione tutta insieme, ma per fasi successive. Ecco perché con questa scienza Cristo non conobbe tutto fin da principio, ma un poco alla volta e dopo un certo tempo, cioè nell’età perfetta. Ciò risulta dal fatto che l’Evangelista unisce i due progressi “della scienza e dell’età” (Ib., ad 1).
11. All’obiezione secondo cui l’evangelista dice che lo trovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori mentre li ascoltava e li interrogava San Tommaso risponde: “Origene spiega così quel testo evangelico: “Il Signore non interrogava per apprendere, ma per istruire suscitando interrogazioni. Perché da una medesima fonte di dottrina sgorga la sapienza d’interrogare e quella di rispondere”.
Per cui nel medesimo passo evangelico seguono le parole: “Tutti quelli che l’udivano, stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte”” (Ib., 3, ad 1).
12. Non ha avuto bisogno di riflettere come noi. Quando viene interrogato se si debba pagare il tributo a Cesare dice a Pietro di andare in riva al mare e di aprire la bocca al primo pesce che gli sarebbe capitato e avrebbe trovato la moneta del tributo.
Per questo quando pone delle domande come quella in cui chiede che cosa la gente pensi di lui, non ha bisogno di ricevere informazioni, ma vuol far risaltare e confermare la fede di Pietro che lo riconosce come il Cristo, cioè il Messia, e come il Figlio del Dio vivente, e cioè della medesima natura divina. In altre parole, riconosce il Messia e Dio.
Ugualmente quando pone domande ai demoni e chiede il loro nome, non lo fa per imparare ma perché tutti dalla bocca stessa del demonio sapessero che in quel tale c’era una legione di demoni.
Non c’è bisogno di ricorrere ad uno sdoppiamento di personalità, perché la sua intelligenza e la sua volontà umana erano perfettamente concordate con l’intelletto e con la volontà di Dio.
Per ora mi fermo qui. Ce n’è abbastanza per i nostri visitatori e forse anche per te.
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo