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Quesito
Caro Padre Angelo,
vorrei farLe una domanda su una questione forse un po’ desueta ai giorni nostri, ovvero quella del diritto divino dei Sovrani.
So che, secondo le parole del Signore, l’autorità politica in genere riceve la sua potestà da Dio.
Tuttavia so anche che per molti secoli si è ritenuto, e se non sbaglio anche dalla Chiesa stessa, che i Sovrani degli Stati monarchici europei, appartenenti evidentemente a dinastie molto antiche, in virtù di questa appartenenza possedessero un diritto di regnare proveniente da Dio, che in qualche modo mi pare fosse più speciale della generica provenienza divina dell’autorità civile. Era forse ciò determinato in qualche modo dall’esplicita legittimazione papale di tali regnanti?
Le chiedo pertanto in che modo debba giudicarsi correttamente il valore della legittima autorità monarchica, e se nella sua stessa legittimazione essa sia in qualche modo differente dall’autorità di uno Stato repubblicano. Se così non fosse, tuttavia, Le chiedo allora la ragione per cui per così tanto tempo si è creduto il contrario (pur certamente non scadendo nella pagana divinizzazione del Sovrano).
La ringrazio e Le auguro un buon inizio di settimana.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. va ricordato anzitutto che è necessario che vi sia un’autorità all’interno della società per promuovere in maniera coordinata il bene comune e per garantire l’ordine e la pace.
È vero che la Sacra Scrittura dice che “ogni autorità viene da Dio” (Rm 13,1).
Gesù stesso ha detto di obbedire all’autorità: “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio” (Mt 22,29).
Ciò significa che l’autorità trae origine da un ordinamento divino. Obbedendo a Cesare, si obbedisce a Dio che costituisce l’autorità civile con potere autonomo nell’ordine temporale.
2. In che senso viene da Dio? Non certamente nel significato che Dio voglia che quella determinata persona governi la comunità.
Quando la Chiesa incoronava un re e quando in determinati proclami si dichiarava che una determinata persona era re per volontà di Dio si intendeva riconoscere che quella autorità era legittima e che i cittadini erano tenuti ad obbedire e anche a pagare i tributi.
3. Tutto questo è spiegato bene nella grande enciclica Pacem in terris (Pit) di Giovanni XXIII.
In essa si legge: “La convivenza tra gli esseri non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune in grado sufficiente.
Tale autorità, come insegna san Paolo, deriva da Dio: Non vi infatti autorità se non da Dio (Rm 13,1-6). Il quale testo dell’Apostolo viene commentato nei seguenti termini da san Giovanni Crisostomo: “Che dici? Forse ogni singolo governante è costituito da Dio? No, non dico questo: qui non si tratta infatti dei singoli governanti, ma del governare in se stesso.
Ora il fatto che esista l’autorità e che vi sia chi comanda e chi obbedisce, non proviene dal caso, ma da una disposizione della Provvidenza divina” (In epist. ad Rom., c. 13).
Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani sociali per natura; e poiché non vi può essere società che si sostenga se non c’è chi sovrasti gli altri, muovendo ognuno con efficacia ed unità di mezzi verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile è indispensabile l’autorità che regga; la quale, non altrimenti che la società, è da natura, e perciò stesso viene da Dio” (Pit 19).
4. L’autorità poi non può comandare in maniera arbitraria. Dice ancora Giovanni XXIII: “L’autorità non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo ragione. Trae quindi la virtù di obbligare dall’ordine morale: il quale si fonda in Dio che ne è il primo principio e l’ultimo fine” (Pit 20).
E: “L’autorità umana può obbligare moralmente solo se è in rapporto intrinseco con l’autorità di Dio, ed è una partecipazione di essa.
In tal modo è pure salvaguardata la dignità personale dei cittadini, giacché la loro obbedienza ai Poteri pubblici non è sudditanza di uomo a uomo, ma nel suo vero significato è un atto di omaggio a Dio creatore e provvido, il quale ha disposto che i rapporti della convivenza siano regolati secondo un ordine da Lui stesso stabilito; e rendendo omaggio a Dio, non ci si umilia, ma ci si eleva e ci si nobilita, giacché servire Deo regnare est” (Pit 22).
5. “Qualora pertanto le sue leggi o autorizzazioni siano in contrasto con quell’ordine, e quindi in contrasto con la volontà di Dio, esse non hanno forza di obbligare in coscienza, poiché ‘bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini’ (At 5,29);in tal caso, anzi, l’autorità cessa di essere tale e degenera in sopruso” (Pit 21).
A questo proposito Giovanni XXIII cita San Tommaso il quale afferma: “La legge umana in tanto è tale in quanto è conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna. Quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal caso però cessa di essere legge e diviene piuttosto un atto di violenza” (Somma Teologica, I-II, 93, 3, ad 2).
Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo