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Quesito

Caro Padre Angelo,
i diversi gradi di beatitudine descritti nel Paradiso da Dante hanno un qualche fondamento scritturistico e/o teologico oppure sono solo il frutto dell’immaginazione del Sommo Poeta?
Un cordiale saluto.
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
I diversi gradi di beatitudine hanno fondamento scritturistico e teologico, sebbene in Dante siano espressi in maniera fantasiosa.
Del resto che vi siano diversi gradi di beatitudine lo lascia capire Nostro Signore quando dice che a chi trafficò i cinque talenti gliene furono dati altri cinque, e cha chi ne trafficò due ne furono dati altri due.
Inoltre anche la Chiesa, nella sua Liturgia, presenta un certo ordine tra i santi: prima vengono gli apostoli, poi i martiri, poi i pastori e dottori, poi le vergini consacrate a Dio, poi i santi e le sante.

In particolare, a Dante va riconosciuta la sua profonda conoscenza teologica.
Scrive il p. Raimondo Spiazzi, o.p.: “I suoi continui riferimenti al dogma sono di teologica esattezza e certe espressioni addirittura riecheggiano gli insegnamenti di san Tommaso d’Aquino. Anzi non soltanto nei concetti teologici, nella aderenza piena ai dogmi, l’Alighieri è fedele interprete della dottrina cristiana in chiave tomistica, ma anche in questioni accessorie e in interpretazioni del tutto personali il suo frasario e la descrizione dei fatti e dei luoghi corrispondono in pieno a molti testi di san Tommaso” (Cfr. La chiesa nella storia, p.112).

Lo storico Daniel Rops afferma: “Per raggiungere Beatrice, nell’empireo dove la sua giovinezza eterna si confondeva con la conoscenza ineffabile, Dante si diede interamente allo studio di tutto ciò che l’intelligenza poteva allora possedere. Arte e scienza, filosofia e teologia, nulla sfuggì al suo felice appetito. Alcuni amici di valore lo guidarono in questa instancabile ricerca: il soave e melanconico poeta Guido Cavalcanti, il musicista Casella, e Giotto, l’unico genio del colore e della forma, il teologo fra’ Remigio Girolami, discepolo di s. Tommaso, e soprattutto il buon vecchio maestro Brunetto Latini che nel canto XV dell’Inferno egli ringrazierà con parole commosse di avergli insegnato come l’uom s’eterna” (cfr. La Chiesa delle cattedrali e delle crociate, p.700).

Ti riporto anche quanto ha scritto Benedetto XV nel sesto centenario della morte di Dante nell’enciclica “In praeclara” (30.4.1921):
“Nato in un’epoca in cui fiorivano gli studi filosofici e teologici, per merito dei dottori scolastici, i quali raccoglievano le più belle opere del passato per trasmetterle ai posteri dopo averle improntate del loro genio sottile, Dante, in mezzo alla grande varietà di opinioni, prese a somma guida Tommaso d’Aquino, principe della Scolastica.
È a questo maestro, il cui genio intellettuale fu caratterizzato dal titolo di «Angelico», che egli deve tutto ciò che gli rivelarono la filosofia e la speculazione teologica, senza che d’altronde egli trascurasse alcun ramo di conoscenza o di scienza, né abbreviasse le lunghe ore consacrate alla meditazione delle sacre Scritture e degli scritti dei Padri.
Munito d’una cultura universale, e soprattutto versato nella scienza sacra, egli trovò, quando ebbe presa la risoluzione di scrivere, nello stesso ambito della religione un campo quasi infinito aperto al suo talento di poeta, e argomenti della più sublime portata. Senza dubbio, conviene ammirare l’incredibile vastità e la possanza del suo genio: ma bisogna ricordarsi ugualmente, che grande parte della sua forza gli fu ispirata dal soffio della fede divina: e ciò spiega come l’opera di Dante debba la sua bellezza tanto ai molteplici splendori della verità divina rivelata quanto a tutte le risorse dell’arte. Infatti tutta la sua Commedia che meritatamente fu chiamata «divina» – non ha infine altro scopo, anche negli elementi di finzione e d’immaginazione e nelle reminiscenze profane che racchiude in parecchi punti, se non quello di esaltare la giustizia e la Provvidenza di Dio, il quale regge il mondo nel tempo e nell’eternità e assegna agli individui e alle comunità le ricompense o castighi, secondo i loro meriti. Quindi in questo poema sono magnificamente esaltate, e in perfetta conformità con la fede cattolica, l’augusta Trinità di Dio uno, la redenzione del genere umano compiuta dal Verbo di Dio incarnato, l’immensa bontà e a generosità della vergine Maria, Madre di Dio, e la beatitu¬dine celeste degli eletti, angeli e uomini; infine, tra il paradiso e l’inferno, la dimora delle anime, che una volta consumato il periodo dell’espiazione, vedono schiudersi il cielo davanti a loro. E, attraverso tutto il poema, si constata come una sapientissima mente presieda all’esposizione di questi e di altri dogmi Cattolici”.

Nella speranza di averti contentato, ti saluto, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo