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Quesito
Caro padre Angelo,
c’è un’ ulteriore domanda che mi preme farle: qual è la differenza tra la morale coniugale di una coppia cattolica laica (che voglia vivere in Grazia di Dio, mettendo Lui al centro della propria vita) e quella tra un diacono cattolico sposato e sua moglie? O ancora, tra una coppia cattolica laica, che voglia essere autenticamente fedele al Vangelo, e quella tra un prete cattolico sposato di rito orientale e sua moglie (oppure, tra un pastore anglicano sposato e sua moglie, dato che in questi ultimi tempi, per decreto del Papa, un pastore anglicano sposato che intende essere in comunione con la Chiesa di Roma, può diventare un prete cattolico a tutti gli effetti?).
Ciò che intendo chiedere è questo: se, cioè, colui che fa parte del clero cattolico ed è sposato, è tenuto ad osservare una morale (sessuale) più alta nell’ambito della vita coniugale rispetto a chi, da laico, pone in essere un matrimonio cristiano…e se sì, quali sono le differenze!!
GRAZIE DI CUORE padre Angelo, preghi per me e la mia fidanzata e che DIO LA BENEDICA!
RAF.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Di per sé non dovrebbe esserci differenza.
Ma credo che il ministro ordinato (diacono sposato e tanto più il sacerdote sposato) debbano sentire l’esigenza di una certa continenza prima di accostarsi all’altare.
È vero che nell’intimità coniugale si comportano secondo la legge di Dio.
Ma non possiamo dimenticare che dopo il peccato originale il corpo e la mente risentono del piacere venereo.
Per questo nell’antico Testamento nella settimana in cui ai sacerdoti toccava prestare servizio nel santuario (Lv 8,33-35; 22,3) veniva chiesta purità sessuale.
2. È vero che si trattava anzitutto di una purità rituale.
L’atto sessuale, infatti, era considerato causa d’impurità (Lv 15,18) a motivo delle secrezioni che avvengono nel corpo dell’uomo e della donna. Queste secrezioni, come del resto anche le perdite di sangue, rendevano una persona contaminata.
3. Ma accanto a questa purità, vi era inoltre la persuasione comune che l’entrare in comunione più prossima con Dio, che è il tre volte Santo, richiedeva una certa indivisione dell’animo.
Per questo al popolo, nei tre giorni precedenti l’apparizione di Jahvé sul monte Sinai (Es 19,14-15), fu chiesta la continenza.
Secondo una credenza assai diffusa nei circoli del giudaismo, almeno del I-II sec. d.C., Mosé, dopo che il Signore gli era apparso sul monte Sinai, cessò per sempre di avere rapporti sessuali con la moglie Sefora.
Quando ebbe termine la rivelazione del Sinai, Dio permise agli ebrei di ritornare alle loro tende (Dt 5,30) e di riprendere a unirsi con le loro spose.
Ma per Mosè le cose andarono diversamente. Infatti proprio in quel frangente Mosé domandò: “Questo comando vale forse anche per me?”.
E Dio rispose: “No, tu resta qui con me” (Dt 5,30). Come dire: continua a rimanere separato dalla moglie.
La ragione addotta dai rabbini era questa: perché Dio parlava con lui “bocca a bocca” (Nm 12,8), sempre, e non solo a tempo limitato.
4. Quello che si dice di Mosè, un commento anonimo lo estende a tutto Israele per il mondo futuro: “Se al monte Sinai, ove Dio si rivelò per un solo giorno, fu proibito il commercio coniugale per tre giornate, nel tempo che ha da venire non saranno forse interdette del tutto le relazioni sessuali, dal momento che la presenza di Dio dimorerà continuamente in Israele?” (Midrash al salmo 146).
Rab († 247 c.), uno dei saggi d’Israele, usava dire: “Non come questo mondo è il mondo avvenire; nel mondo avvenire non si mangia né si beve, non c’è riproduzione della specie, non ci sono scambi (di prodotti) né gelosia né odio né liti, ma i giusti sono seduti e le loro corone sono sulle loro teste e godono dello splendore della maestà divina, secondo quanto è detto (Es 24,11): ‘‘Contemplarono Iddio, mangiarono e bevvero’“ (Talmud babilonese, Berakot 17a; cfr. 1 Cor 7,29-31).
5. In conclusione: per i ministri ordinati sposati non vi è alcuna norma se non quella generale che vale per tutti i battezzati.
Ma non si può dimenticare che sono chiamati ad un servizio più stretto.
Quello che ho scritto è pertanto ad melius esse (per attendere al meglio!).
Ti rinnovo i miei auguri di un Natale santo e sereno.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo