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Quesito

Caro Padre Angelo,
ho conosciuto recentemente il Vostro sito e l’ho molto apprezzato. Sono quindi sicuro che potrà aiutarmi nel risolvere una difficoltà di ordine dottrinale molto particolare, che non sono riuscito ancora a chiarirmi.
La espongo brevemente. Si dice tradizionalmente che l’integrità della Fede è necessaria per la salvezza, nel senso che deve essere completa e comprendere tutte le verità rivelate e proposte dalla Chiesa. Si aggiunge – così una volta mi fu spiegato, credo appoggiandosi a Sant’Agostino o San Tommaso – che l’abbandonare o il negare anche una sola delle verità di fede (per esempio i Sacramenti, il primato del Papa ecc.) equivale a perderla del tutto, in quanto questa virtù teologale non può veramente sussistere se non integra, come tutte le virtù.
Ora invece, specialmente nell’ottica dell’ecumenismo iniziato col Concilio, si afferma continuamente un principio che sembra opposto, cioè che i nostri fratelli separati, che pure si sono privati di elementi essenziali della Fede, tuttavia la posseggono e si trovano in una comunione reale, anche se parziale, eppure efficace, con la Chiesa Cattolica.
Sono compatibili le due affermazioni? Si tratta di un cambio di prospettiva o c’é dell’altro?
In che senso a volte si afferma che "è più importante quel che ci unisce di quel che ci divide"; questo vuol dire che non è più necessaria l’integrità della fede per salvarsi?
Forse vale in questi casi il principio per il quale la fede della Chiesa "supplisce" ai difetti della fede personale di ognuno. Ma come può supplire a beneficio di chi, pur conoscendo la Chiesa e le esigenze esatte della vera fede non vi aderisce o se ne allontana volontariamente? Non c’é il rischio di un indebolimento della fede di tutti?
La ringrazio anticipatamente della risposta, che attendo nel sito, e mi raccomando alle Sue preghiere.
Giuseppe


Risposta del sacerdote

Caro Giuseppe.
1. quanto dici dell’integrità della fede è esatto: o la si accoglie tutta oppure, negandone un articolo, la si perde tutta.
L’affermazione è di San Tommaso d’Aquino ed è facilmente comprensibile.

2. Infatti non si aderisce alla fede per l’intrinseca evidenza dei contenuti. Che se fosse così, non si avrebbe la fede, ma l’evidenza.
C’è fede invece quando si aderisce ad una verità per la fiducia che si ripone in colui che la rivela.

3. Ebbene, se di quanto Dio ci rivela noi non accogliessimo anche una sola delle verità proposte, il motivo dell’adesione non sarebbe più la fiducia in colui che rivela, ma quanto suggerisce la nostra ragione che giudica opportuno aderire ad alcune verità e non ad altre.
Ecco il pensiero di San Tommaso: “Quando si aderisce alle parole di qualcuno, la cosa principale, e quasi finale, in ogni atto di fede è proprio colui alla cui parola si crede: sono invece secondarie le cose di cui si occupa in codesta adesione.
Perciò chi ha in pieno la fede cristiana aderisce a Cristo con la propria volontà nelle cose che riguardano la sua dottrina.
E quindi uno può deviare dalla fede cristiana in due maniere. Primo, rifiutandosi di aderire a Cristo: e costui in qualche modo è mal disposto verso il fine medesimo. E si ha così quella specie di incredulità che è propria dei pagani e degli Ebrei.
Secondo, perché, pur volendo aderire a Cristo, uno sbaglia nella elezione dei mezzi: poiché non sceglie le verità che sono state realmente insegnate da Cristo, ma cose a lui suggerite dalla propria intelligenza” (Somma teologica, II-II, 11,1).

4. Tuttavia è necessario ricordare che vi è una duplice integrità della fede: un’integrità oggettiva e un’integrità soggettiva.
C’è integrità oggettiva quando si aderisce a tutte le verità rivelate.
C’è integrità soggettiva quando nella disposizione dell’animo s’intende aderire a tutte le verità rivelate. Ma di fatto per insufficiente formazione o per qualche altro motivo di fatto non c’è adesione totale.

5. Ne segue che coloro che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, come i protestanti, hanno un’integrità soggettiva, ma non oggettiva.
La stessa cosa va detta per gli ortodossi che negano il primato del Papa perché il Romano Pontefice risiederebbe non più nella vecchia Roma, ma nella nuova Roma e cioè a Costantinopoli.

6. In altri termini si parla anche di eresia formale e di eresia materiale.
C’è eresia formale quando uno rifiuta in maniera consapevole e pertinace di aderire ad un articolo di fede, pur sapendo che questo viene proposto dall’Autorità della Chiesa.
C’è eresia materiale quando in buona fede si reputa vero quanto è sbagliato.
Ebbene: l’eresia formale fa perdere la fede, non così l’eresia materiale.
Allora quanti in buona fede non aderiscono al Pontefice Romano sono eretici materiali, ma non formali, pertanto conservano la fede, sebbene imperfetta.

7. La divisione tra i cristiani è motivo per cui alcuni non aderiscono a Cristo.
È sempre necessario por mano ad un’azione di ecumenismo per portare all’unità della fede.
Ora sebbene tra noi e i fratelli separati da Roma ci siano molte cose che ci dividono, tuttavia ve ne sono altre e ancor più importanti che uniscono: come la fede nella Divina Rivelazione, nell’unità e trinità di Dio, nella divinità di Gesù Cristo, nella sua incarnazione passione, morte redentrice, nella sua risurrezione e ascensione al Cielo…

8. Siccome poi vi sono alcune chiese che reputano le altre come anticristi o figlie di prostituzione e non vogliono avere nessun contatto o dialogo, e in primis con la Chiesa cattolica, si vede bene che il processo di unità dei cristiani diventa impossibile.
Per lo meno si deve riconoscere la buona fede degli altri.
Di qui la necessità del rispetto vicendevole e del dialogo.

9. L’ecumenismo è consapevole delle differenze nella fede.
Ma più che premere sulle differenze cerca di coinvolgere in ciò che unisce.
Si pensi ad esempio tra le altre cose alla potenza che potrebbero avere le varie Chiese se in temi di etica fossero concordi.

Ti assicuro volentieri la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo