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(memoria)

Giacinto Ansalone, nato il 1° novembre 1598, a S. Stefano Quisquina (AG), all’età di 17 anni, affascinato dall’ideale missionario entrò nell’Ordine dei Domenicani nel convento di Agrigento e prese il nome di Giordano. Iniziati gli studi nel convento di Palermo, si trasferì nel 1618 a Salamanca per completarli e acquistare un’adeguata preparazione al suo desiderio di recarsi missionario in Oriente; poi passò a Trujillo dove fu ordinato sacerdote.

Nel 1625, raggiunta a piedi Siviglia, partì per le missioni. Dopo una sosta di circa un anno in Messico, attraverso il Pacifico raggiunse le Isole Filippine nell’estate del 1626. Spese dapprima due anni tra i Filippini a Cagayan, nel nord dell’isola di Luzón; poi visse per quattro anni tra i Cinesi d’una colonia del sobborgo di Binondo a Manila, nella Parrocchia e all’Ospedale S. Gabriele, costruito per loro. Studiò a fondo la lingua, la mentalità e i costumi dei Cinesi dimostrandosi vero antesignano d’inculturazione e precorritore di dialogo con i non credenti. A tale scopo scrisse anche un’opera (da considerarsi, forse, irrimediabilmente perduta) in cui raccoglieva le principali credenze religiose e idee filosofiche dei cinesi, discutendole con i dati della fede e della dottrina cattolica, per un confronto chiarificatore.

Nel 1632, mentre infuriava la persecuzione, si recò in Giappone, travestito da mercante, per recare aiuto e conforto: per un anno fu Vicario Provinciale di questa missione. Gravemente ammalato nell’isola di Kyushu, «impetrò dalla Vergine Maria di essere guarito fino a quando non lo avessero ucciso per Cristo». Incarcerato il 4 agosto 1634. venne sottoposto a inaudite torture. Fu infine sospeso a una forca col capo all’ingiù e seminterrato in una fossa. Agonizzò per sette giorni e morì a 36 anni il 17 novembre 1634 sulla collina di Nishizaka a Nagasaki. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 18 ottobre: 1987 con altri 15 Compagni martiri di varie nazionalità (1 Filippino, 9 Giapponesi. 4 Spagnoli, 1 Francese), tutti collegati a diverso titolo con la Famiglia Domenicana. Questa schiera di 16 Martiri (1633‑1637): è un gruppo misto formato di uomini e donne, di religiosi e secolari, di sacerdoti e di laici (9 sacerdoti, 2 Fratelli Cooperatori, 2 Terziarie e 3 Laici, di cui uno padre di famiglia): splendido esempio di unità composita della comunità cristiana e della Famiglia Domenicana all’interno di essa e al suo servizio.

Potremmo dire che l’intensità della sua passione fu così tanta, che commosse un pittore protestante, certo Andrè Ribes, spingendolo a fare una rappresentazione della passione del santo che avrebbe così aiutato il popolo di Santo Stefano Quisquina a pregare con più intensità per la beatificazione del martire.