Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo,
sono un giovane poco più che ventenne. Desidero anzitutto rivolgerle il mio ringraziamento per l’impegno che traspare in ogni sua risposta su questo sito, non soltanto nella precisione con la quale fornisce citazioni e argomenta, ma soprattutto per la passione verso il Signore, Maria Santissima, la Chiesa tutta e il Suo Magistero. Oserei dire che tale devozione e amore profondo mi colpisce prima ancora delle parole, mi trasmette l’energia di una fede viva e solida.
Detto questo desidero sottoporle due mie riflessioni.
1. Nel meditare la venuta di Cristo per salvare gli uomini, avverto che la Croce ci conduce come sul bordo di un precipizio: siamo davanti ad una scelta che mette in gioco tutto il nostro io, una scommessa decisiva e sconvolgente. Questo fascino, secondo me, è provato anche da molti che non riescono a credere; è il fascino della follia della Croce: noi cristiani siamo dei folli, questa forse è la definizione per coloro che, nella propria debolezza e spesso indegnità, seguono l’esempio di Chi, unico, sa davvero render e ragione di ciò che siamo, di un’avventura altrimenti nauseante nel suo vuoto o indicibilmente straziante nel suo dolore. Mi colpisce molto la vicenda della Beata Chiara Badano, alle cui preghiere presso il Padre sono solito affidare le sofferenze, piccole e grandi, di tutti i giovani e anche le mie. Chiara Luce era folle proprio nel modo in cui intendo io: quale ragazza, anzi quale persona (magari pure adulta) accetterebbe di soffrire la devastazione del corpo, il tormento di una malattia che sai già si concluderà con la morte? E farlo sorridendo, consolando chi viene a consolare te, rifiutando di lenire il dolore per rimanere lucida e vegliare  quando persino i Discepoli si addormentarono nell’ora decisiva! Ebbene, o Chiara era pazza, oppure, come io avverto con forza granitica, ella agiva sotto la guida amorevole dello Spirito, resa testimone della Sua potenza. Nessun essere umano può avere il coraggio di agire così, nessun pensiero d’uomo vince la sofferenza che divora.
2. Io cerco di guardare ai nostri fratelli di altre confessioni, gli evangelici in particolare, con l’affetto verso chi è a noi legato, per quanto separato nel percorso di fede. Negli ultimi anni, però, ho avuto l’impressione che si siano acuite ulteriormente le distanze, soprattutto con alcune prese di posizione, da parte di una confessione presente nel Nord-Ovest, del tutto in linea con la mentalità laicista e radicale che si registra (sì all’aborto, benedizione di coppie atipiche, sostegno a chi voleva eliminare per obbligo i segni religiosi da tutte le aule scolastiche e di  conseguenza sostegno indiretto ad un gruppo che, come probabilmente le sarà noto, odia qualsiasi religione e denigra i credenti). Insomma, oserei supporre, se non temessi di alzare troppo i toni, che si dimentichino i propri valori per fare dispetto a chi invece li ha cari, anzi sacri. Lei ha la medesima impressione?
Entriamo questa Domenica nella seconda settimana dell’Avvento e sentiamo Giovanni il Battista ripetere la sua esortazione a preparare la via del Signore. Certo della benevola attenzione che il Santo Domenico rivolge a tutti voi suoi figli, le auguro di poter vedere la sua missione resa ancora più efficace per molti.
La ricordo con affetto nella preghiera.
Alberto


Risposta del sacerdote

Caro Alberto,
ti ringrazio per quello che hai scritto sul mio impegno.
Il motivo per cui dedico tempo anche a questa attività è solo ed esclusivamente quello di aiutare gli uomini a trovare Cristo e a radicarsi in Lui. Diversamente non lo farei.
La legge morale che presento non è fine a se stessa, ma è la strada insegnataci da Dio stesso per poterlo trovare, conoscere, amare e possedere.
Ma vengo alle tue riflessioni.

1. Il tema della sofferenza è incomprensibile per chi non ha fede.
San Paolo parlando “della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria” (1 Cor 2,7), dice che “l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2,14).

2. Certo, la sofferenza in quanto tale è un male, è indice della privazione di un bene.
Ma può essere trasformata in qualcosa di utile.
L’affermazione non è scandalosa perché gli uomini stessi, anche quelli che non credono, ritengono giusto punire i trasgressori della legge.
Far pagare una multa è un male per chi la riceve, è una punizione.
Ma per chi la dà è un bene perché è come un medicinale che serve ad eliminare il male (finalità espiatoria) e a guarire (finalità preventiva).

3. Si può replicare: la punizione o la sofferenza è legittima quando si colpisce uno che ha trasgredito la legge. Ma nell’innocente non sembra un’ingiustizia?
Per trovare la risposta dobbiamo andare a Cristo, il quale accettando la croce ha voluto compiere ogni giustizia, come egli stesso ha annunciato nel momento del Battesimo: “Gesù rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (Mt 3,15).
La giustizia che è venuto a compiere riguarda i debiti dell’umanità dinanzi a Dio: espiare i peccati del mondo, poter riconciliare a Dio, permettere agli uomini di entrare in Dio e dare agli uomini la forza di prevenire i peccati attraverso l’amore che egli avrebbe infuso nel loro cuore.
I cristiani, nell’accettazione delle sofferenze, si comportano come Cristo e “completano nella propria carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
Hanno  imparato dal loro maestro a compiere un’altra giustizia, e cioè a esprimere il massimo di amore per il prossimo in riferimento a Dio.

4. La testimonianza della beata Chiara Badano è in questa linea. Non ha accettato la sofferenza in quanto tale.
Ha sentito invece che Cristo la chiamava a seguirlo nella strada dell’amore, anzi nella strada dell’immolazione fino alla fine per il bene dei suoi fratelli.
Era questa la Luce che la sosteneva e che irradiava accanto a sé, tanto che molti che andavano trovarla se ne tornavano a casa illuminati e interiormente bonificati.

5. Circa le dichiarazioni di alcune confessioni cristiane (che peraltro non  sono state condivise da tutti e che hanno aperto un certo dissenso interno) c’è solo da ringraziare Dio di fare parte della Chiesa cattolica, che ha a capo Pietro, al quale Cristo ha garantito il carisma dell’infallibilità nel suo magistero in materia di fede e di morale.

6. Concludi dicendoti certo della benevolenza di san Domenico verso i suoi figli.
Sì, è una benevolenza molto grande perché l’Ordine di san Domenico ha ricevuto da Dio un singolare beneficio.
Ce lo rivela Santa Caterina da Siena.
L’Eterno Padre, parlando con lei, le ha detto: “per un mio dono straordinario è stato dato a lui (San Domenico) e ai suoi frati di comprendere la Verità delle mie parole e di non allontanarsi mai dalla Verità” (B. Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, n. 205).
Penso che sia una grazia molto grande. Non è il carisma dell’infallibilità promesso a Pietro e al Collegio apostolico, ma è un’assicurazione che almeno nel suo insieme raggiunge tutti i frati dell’Ordine.
È una grazia molto grande e penso che sia proprio per questo che Dio ha detto a Santa Teresa d’Avila, carmelitana, che l’Ordine di San Domenico sarebbe rimasto fino alla fine del mondo e all’approssimarsi degli ultimi tempi avrebbe reso grandi servizi alla Chiesa.

Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di mettere a beneficio dei nostri visitatori anche queste rivelazioni (private) sui domenicani.
Ti ringrazio anche della preghiera che mi assicuro.
La ricambio volentieri, così come altrettanto volentieri ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo