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Quesito
Caro Padre,
questa Pasqua, se dovessi definirla in qualche modo, la chiamerei la “Pasqua della gratitudine”.
In questi giorni sono stato (e sono ancora) soprattutto grato a Dio per il percorso che mi ha fatto fare in questi primi anni di conversione.
In realtà, durante il mio cammino fino ad adesso, guardandomi giorno per giorno e giudicandomi in rapporto con quello che chiede Dio, ho constatato continuamente la mia miseria e la mia incapacità. Ma ora, osservando la mia storia globalmente, mi accorgo che nonostante tutto, come le ho anche già scritto, è stata un’avventura meravigliosa. Dio ha vegliato finora sui miei passi, ha permesso quello che serviva per il mio bene, ha sempre creduto in me nonostante i miei tradimenti e la mia cocciutaggine.
Ci sono stati tanti momenti in cui mi sono lamentato con Dio. Ma adesso posso dire che dal momento della mia personale resurrezione (conversione) ho vissuto dei giorni che davvero valeva la pena di esser vissuti, anche se per tante cose insignificanti e mediocri. E’ questa la vera potenza della Resurrezione di Cristo: dare significato a cose che, per loro stesse, avrebbero un infimo valore, come la mia vita e le mie azioni.
E soprattutto, come la sofferenza. Ho capito particolarmente in queste festività come non ci sia Passione (intesa nel senso di Dio) senza Gloria; senza la Resurrezione dice l’apostolo “vana sarebbe stata la nostra fede”.
Queste ultime parole le confesso che sono sempre state un po’ oscure per me, ma durante la Pasqua penso di averle capite abbastanza bene: l’uomo è fatto per la pace. E tutta, tutta la sofferenza è in vista della rinascita e della gloria. Tutti i nostri sacrifici, tutte le nostre offerte, le nostre azioni di fedeltà che appaiono come follia al mondo (e alla parte mondana di noi stessi) non sono altro che accumulare della Gloria. Mi perdoni la definizione un po’ azzardata e forzata, ma si tratta di un “egoismo spirituale” (perché il resto si dimostra come “falso altruismo”, in fin dei conti), che consiste di non essere mai sazi dell’amore di Dio per noi stessi e per gli altri, e mettere questo davanti a tutto.
E poi, proprio il gesto della Resurrezione in sé manifesta la Sapienza di Dio nel mostrarci che Lui solo ci dona quello che cerchiamo. Il Signore certo poteva scegliere altri modi per vincere satana e portare a termine la sua missione. Ma quale è la più intima paura, la più grande sconfitta che ogni uomo sente e prima o poi sperimenta? Il decesso, la fine della vita terrena.
Gesù, dopo aver mostrato vittoria sulle infermità del corpo grazie ai miracoli operati durante la sua vita pubblica, adesso libera definitivamente l’uomo dal nemico numero uno. Ci fa vedere che questa nostra grande e terrificante paura, la nostra incognita più angosciante, viene vinta dalla fede, da qualcosa che va al di là di essa. Con la resurrezione Cristo ci mostra una salvezza che tocca il nucleo più intimo della nostra fragilità, e lo rende suo. Senza questa speranza nella vittoria completa, totale, su tutto quello che c’è di male e di imperfetto, davvero vana sarebbe la nostra fede. Ma adesso possiamo predicare che Cristo è veramente il Signore.
Se Cristo non fosse risorto, potremmo sempre propagandare e seguire il Suo insegnamento, e certo diventeremmo delle ottime persone. Ma diremmo sempre “in realtà il nostro maestro, che diceva di essere Dio, non ci ha liberato dalla morte, da questo angosciante mistero che prima o poi ci raggiunge e della quale siamo come schiavi”. Invece, con la Resurrezione abbiamo le fondamenta per poter dire di essere stati salvati in tutta la nostra persona.
So che queste sono cose banali per un cristiano, e figuriamoci per lei: ma un conto è capirle a parole, un conto è arrivare (o tornare) a realizzarle e ad approfondirle interiormente… e tale consapevolezza è difficile da scrivere.
Un altra grazia che ho ricevuto in questi giorni, per mezzo della bella omelia pasquale, è stata una particolare illuminazione sul significato stesso di fede. Confesso che ho sempre teso a equivocare un po’ il giusto concetto di questa virtù teologale: l’ho sempre vista come un “fidarsi ciecamente” di Dio, senza chiedergli prove. Certo, questa visione non è proprio sbagliata: se si ama una persona è ovvio che si confida in lui…
Ma la Fede ha una definizione più ampia. Pensiamo alla cosiddetta “fede calcistica” di un tifoso: egli crede in qualcosa, in delle vittorie che lo portano a realizzarsi e a vivere qualcosa di bello, un qualcosa più grande di lui. Ma nessun tifoso saprebbe dire esaustivamente cosa è quella sensazione che lo lega a un di più, che lo spinge a crederci.
Così per qualunque “fede” di ogni tipo, giusta e sbagliata che sia. E la Fede cristiana, a maggior ragione, sarà qualcosa che non significa solamente “fiducia”, ma un trasporto totale nel credere in certi valori, in una Persona che si è manifestata nella tua vita lasciando qualcosa che nessun altro è stato capace di lasciare, esattamente come agli apostoli 2000 anni fa. Ed è quindi ben razionale e logico aderire a questa Verità che hai scoperto come la cosa più essenziale, così come è logico per una persona qualsiasi affidarsi, per esempio, alla “fede” in un giusto (o che si illuda esser tale) ideale politico.
La fede c’è in ogni uomo in verità, o in una cosa o nell’altra, e trascende sempre il puro mondo fisico per scaturire nell’ideale. Basta trovare quella giusta per non essere mai più delusi, ovvero l’ideale che mantiene le sue promesse, che è quindi anche reale seppur trascendendo la realtà di tutti i giorni.
E quindi, se questo è il credere, nessun “razionalista” può tacciarci di irrazionalità: anche lui fa la stessa cosa, ma con un altro riferimento.
Questa Pasqua ha anche coinciso con la scoperta di una nuova preghiera quotidiana (che in realtà già conoscevo, ma non praticavo tutti i giorni). Durante la via crucis del Venerdì Santo, sono state due le riflessioni che più mi sono rimaste impresse. La prima, mia personale, è quanto io ancora sia “indietro” nell’accettare la sofferenza, nell’immedesimarmi nei patimenti di Cristo per la salvezza del mondo. L’altra è consistita nel rendermi conto di quanto questo estremo sacrificio continui ad essere inutile per molti.
In particolare, quest’ultimo pensiero si è affacciato quando si è parlato delle cadute del Signore. Il sacerdote ne ha data un’interpretazione per me totalmente originale: come vendette sataniche, vere e proprie spinte inferte dal demonio come rivincita sul Salvatore per tre particolari eventi (la caduta dal Cielo, le tentazioni nel deserto, la condanna alla fine dei tempi). Si è parlato di satana come un essere “spinto dalla pura disperazione, che sapeva di avere solo per questa occasione in mano sua il Redentore”. Questo passo mi ha fatto molto riflettere allo stato in cui si trovano i dannati. Sono rimasto (e rimango ancora adesso) molto turbato a pensare allo stato di eterna disperazione. Umanamente, dal mio punto di vista, sono tentato di pensare che sia ingiusto, che sia troppo persino per i peggiori malvagi della storia. Ma mi devo per forza arrendere di fronte al Mistero e alla mia incapacità di capire appieno le realtà ultime della nostra esistenza, perché sarebbe da stolti fare come Giobbe e accusare Dio di qualche mancanza…
Come risposta a questo turbamento c’è stata la coroncina alla divina Misericordia, che ho iniziato a recitare proprio Venerdì scorso in concomitanza con la novena. Questa coroncina mi è sembrata una risposta eloquente alle mie perplessità: imploro la Misericordia sia per me, che sono così incapace di imitare Gesù nella mia vita, che per il mondo intero, per tutti quelli in particolare che sono a rischio di dannazione. Così facendo, sento di dare almeno un piccolissimo contributo alla salvezza dei miei fratelli, soprattutto dei miei cari (“abbi misericordia di noi e del mondo intero…”), che non praticano se non formalmente, e che tuttavia immaginare all’inferno mi rende inquieto come potrà capire…
Cercherò quindi di aggiungere alle preghiere quotidiane questa bella coroncina d’ora in poi, possibilmente alle 15, l’ora della morte del Signore. Se anche lei nella santa Messa oltre che il mio potesse aggiungere il ricordo dei miei, gliene sarei infinitamente grato.
Infine, ma non certo con minore importanza, vengono le sue indicazioni per il periodo quaresimale. Mi sono sforzato di applicarle alla lettera, ottenendo dei risultati buoni: adesso sono più disposto ad aiutare in casa, anche quando ciò mi costa fatica. Inoltre, ho fatto una bellissima avventura leggendo il libro dell’Esodo, scoprendo particolari sconosciuti, riflettendo e sentendo nascere interiormente delle domande man mano che proseguivo, le quali eventualmente le porrò in futuro.
Mi era venuta anche l’idea di scrivere delle riflessioni su questo libro biblico, applicabili ai giorni nostri. Ma sinceramente, dato che non ho idea di diffonderle, che mi sembrano molto banali e che me le ricordo anche senza segnarmele, non so se ci dedicherò del tempo.
Comunque la devo ringraziare per l’ennesima volta: ha saputo darmi una bella guida nel cammino verso la Pasqua. Spero di poter fare qualcosa di analogo il prossimo Avvento…
Adesso la saluto. Mi auguro che anche lei abbia vissuto una Pasqua intensa: più vado avanti, più mi rendo conto che questi periodi forti non sono solo utili, ma essenziali per ritornare in noi stessi e per fare passi avanti nella nostra Fede. Proprio perché siamo deboli e ci facciamo trascinare via dalla vita quotidiana, il buon Dio ci mette queste oasi nel cammino (oltre all’oasi della Domenica stessa), che ci ritemprano, ci fortificano e ci forniscono scorte a sufficienza per camminare ancora più spediti.
Io dal mio canto ho sempre timore di non riuscire a vivere bene questi momenti. Ma Dio come vede fa agire il suo Spirito, e mi sorprende…
Che il Signore risorto la benedica e la protegga sempre
Lorenzo
Risposta del sacerdote
Caro Lorenzo,
volentieri metto a profitto di tutti i nostri visitatori la tua esperienza di Pasqua.
Come al solito mi permetto di evidenziare alcune espressioni, che mi hanno particolarmente colpito.
1. Parli della tua conversione come di una personale resurrezione. È veramente così. In quel momento sei rinato, sei risorto. E hai avuta netta la sensazione che prima, mentre credevi di essere vivo, in realtà eri morto.
Nella conversione il Signore ti ha dato “collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista” (Ap 3,18).
2. Hai capito che “la potenza della Resurrezione di Cristo” si esprime anche nel “dare significato a cose che, per loro stesse, avrebbero un infimo valore, come la mia vita e le mie azioni”.
Sì, tutte le tue azioni, animate dalla grazia santificante, diventano fruttuose per te e per il mondo intero. E questo per tutta l’eternità.
Dio vuole che ciò che noi compiamo nel tempo, duri per l’eternità. Dice l’Apocalisse: “Poi udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono»” (Ap 14,13).
3. “Tutta la sofferenza è in vista della rinascita e della gloria”. Bisognerebbe ricordarlo sempre. Questo è il piano salvifico di Dio: “Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2 Cor 4,17).
4. “Proprio il gesto della Resurrezione in sé manifesta la Sapienza di Dio nel mostrarci che Lui solo ci dona quello che cerchiamo” e cioè la vittoria su ciò proviamo “la più intima paura”, su ciò che potrebbe costituire “la più grande sconfitta di ogni uomo”, “il decesso, la fine della vita terrena”.
5. Cristo è risorto per renderci partecipi della sua risurrezione.
Per questo non è soltanto il nostro Maestro (la verità), ma è anche il nostro condottiero (la Via), è Colui che ci traghetta da questo mondo al Padre.
Se non fosse risorto e se non fosse il nostro traghettatore, sarebbe uno dei tanti maestri o pedagoghi umani.
Ma poiché è risorto ed è nostro traghettatore, è il nostro Condottiero, il nostro Capo, la nostra Via.
6. Fai poi una riflessione interessante sulla fede, che non è semplicemente un aderire, un abbandonarsi, ma è essenzialmente un’esperienza gioiosa, un trasporto.
Per far comprenderne il concetto, stabilisci un’analogia con la “fede calcistica”.
Tuttavia mentre la fede calcistica o anche la fede in qualsiasi altra religione è qualcosa che parte essenzialmente dall’uomo e introduce a tante (speriamo: belle) emozioni, la fede cristiana non parte da noi, ma presuppone un’illuminazione, un’azione, un intervento di Dio dentro di noi, dentro il nostro intelletto e dentro il nostro cuore. In altri termini è un dono soprannaturale.
Questa consapevolezza rende ancora più bella e potrei dire più commovente la nostra esperienza, perché è del tutto gratuita ed è un segno tangibile dell’amore di Dio per noi.
7. Sono contento che tu supplichi quotidianamente la Divina Misericordia per te, per il mondo intero, per tutti quelli in particolare che sono a rischio di dannazione.
Sì, così facendo, dai anche con la preghiera e la dedizione del tuo tempo un contributo prezioso alla salvezza dei tuoi fratelli. Si legge nella Mystici Corporis: “Mistero certamente tremendo né mai sufficientemente meditato, come cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo” (MC 42).
Ti ringrazio, caro Lorenzo, per la generosità per cui ci rendi partecipi della tua esperienza di vita in Cristo.
Comunicando agli altri, non perdi niente, ma moltiplichi quanto Cristo ti ha dato.
Ti ricordo sempre nelle mie preghiere e ti benedico.
Padre Angelo